Il Ponte Morandi era a rischio crollo già da mesi

di redazione 25/09/2018 AMBIENTE
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Il rischio di crollo del ponte Morandi a Genova era evidente già negli anni scorsi, e ancor più lo era nel progetto di retrofitting di autostrade del 2017. Eppure il concessionario ha sottovalutato l"inequivocabile segnale di allarme", ha "minimizzato o celato" la gravità della situazione al ministero delle infrastrutture (Mit), e "non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza". È quanto si legge nelle durissime conclusioni della relazione della commissione ispettiva del Mit, presieduta dall'ingegner Alfredo Principio Mortellaro, nominata dal ministro Danilo Toninelli subito dopo il crollo del 14 agosto.

In base ai rilievi condotti dalla commissione le cause del crollo andrebbero individuate nella rottura di elementi strutturali, piuttosto che in quella degli stralli. "Si ritiene più verosimile che la causa prima" del crollo del ponte Morandi "non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli, quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali (travi di bordo degli impalcati tampone o impalcati a cassone) la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione presente negli elementi strutturali".

Nel progetto esecutivo di Autostrade per la manutenzione del ponte, si legge nella relazione, sono contenuti "valori del tutto inaccettabili, cui doveva seguire, ai sensi delle norme tecniche vigenti, un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile". Dalle informazioni a disposizione della commissione non risulta invece alcun provvedimento di questo tipo. Anzi, aggiunge la commissione, "di tale informazione di evidente enorme importanza non era a conoscenza" il personale dirigenziale di Autostrade.

La valutazione di sicurezza del viadotto Polcevera richiesta ad Autostrade per l'Italia "non esiste, non essendo stata eseguita la valutazione di sicurezza del viadotto Polcevera". La commissione "ha ribadito la propria richiesta" il 31 agosto e "ha appreso che, contrariamente a quanto affermato nella comunicazione del 23 giugno 2017 della Società alla struttura di vigilanza, tale documento non esiste".

Secondo quanto scrive la commissione, il crollo del ponte Morandi dimostra che il sistema di gestione dell'infrastruttura pubblica "sul piano economico e gestionale non ha funzionato" e in particolare "non ha garantiro la sicurezza degli utenti". Le misure adottate da Aspi in termini di prevenzione sul viadotto si sono dimostrate "inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema". Autostrade per l'Italia "era in grado di cogliere qualitativamente l'evoluzione temporale dei problemi di ammaloramento, ma con enormi incertezze. Tale evoluzione, ormai già da anni, restituiva un quadro preoccupante, e incognito quantitativamente, per quanto concerne la sicurezza strutturale rispetto al crollo".

La relazione della commissione nominata dal ministero chiama in causa anche il principio di leale collaborazione sotteso al rapporto di concessione. Principio in base al quale il concessionario non deve "minimizzare o celare, come avvenuto nel caso in ispecie, gli elementi conoscitivi indispensabili" che permettono al concedente di esercitare i suoi compiti di vigilanza.

Autostrade, a dire della commissione ispettiva, era a conoscenza dello stato di degrado accentuato del ponte "e in particolare delle parti orizzontali di esso che appalesavano deficit strutturali". Nonostante ciò, "non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza". La commissione sottolinea che è rimasto "in sostanza" inattuato "il principio di coerenza nella messa in sicurezza di tratti omogenei di opere d'arta", come invece auspicava il Consiglio superiore già con il voto relativo alla messa in sicurezza di viadotti autostradali.

La "mancanza di cura" durante la posa in opera degli elementi di sostegno dei carroponti potrebbe aver contribuito al crollo. "Non è documentata alcuna cura per evitare che, durante la posa in opera, non vengano tranciate, in toto o in parte, le armature lente e precompresse degli elementi strutturali originali", scrive la commissione. Precisa poi che "tale mancanza di cura" si rileva sia dai documenti di progetto sia dalle audizioni del personale. "Tali lavorazioni, ripetute nel tempo - conclude - potrebbero aver diminuito la sezione resistente dell'armatura delle travi di bordo in maniera sostanziale e aver contribuito al crollo".

"La procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere d'arte documentata da Autostrade per l'Italia, basata sulle ispezioni, è stata in passato, ed è tuttora inadatta al fine di prevenire i crolli e del tutto insufficiente per la stima di sicurezza nei confronti del collasso", prosegue la relazione. "Tale procedura era applicata al viadotto Polcevera ed è ancora applicata all'intera rete di opere d'arte di Aspi", precisa.

La commissione ritiene infine che il Comitato tecnico del provveditorato  non abbia potuto svolgere in modo compiuto la sua funzione consultiva "a causa della omissione della segnalazione delle criticità non riportate con la dovuta evidenza negli elaborati progettuali presentati da Aspi".


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