25 Novembre. Giornata internazionale contro le violenze alle donne. In Italia si fa poco per la prevenzione.
Sono 99 quelle uccise solo in Italia tra il 1 gennaio e il 18 novembre di quest'anno.
I femminicidi sono avvenuti soprattutto nelle regioni del centro, mentre diminuiscono al nord e soprattutto al sud.
carpette rosse, panchine rosse, fiocchi rossi: il colore rosso del sangue delle donne uccise è una costante nei simboli usati per sensibilizzare su femminicidi e violenze, non solo nella Giornata internazionale di eliminazione della violenza di genere del 25 novembre.
Le scarpe rosse sono il simbolo principale del contrasto alla violenza contro le donne, dai maltrattamenti ai femminicidi. La storia delle scarpette nasce in Messico, a Ciudad Juarez, cittadina nota per detenere il triste primato del più alto numero di femminicidi al mondo: negli ultimi trent'anni solo a Juarez sono state assassinate oltre 2300 donne. Qui l'artista messicana Elina Chauvet, per ricordare le donne vittime di violenza, compresa la sorella assassinata dal marito a soli venti anni, nel 2009 collocò in una piazza 33 paia di scarpe da donna, tutte rosse. Oggi sono l'immagine più usata nelle campagne di sensibilizzazione, sulla stampa, nelle installazioni.
La panchina rossa, sempre più diffusa e presente nelle città e anche nei paesi, è un altro simbolo della lotta alla violenza di genere: un luogo dove fermarsi, anche seduti, a riflettere.
Ultimamente si è diffusa anche l'abitudine di usare un nastro o fiocco rosso appuntato al bavero di una giacca o come logo nelle campagne di comunicazioni contro la violenza. Anche se il nastro rosso nasce nel 1991 come simbolo internazionale della lotta all'Aids. Declinati in vari colori, vengono chiamati "nastri della consapevolezza" per porre l'attenzione su una causa da combattere.
Il rosso è stato poi protagonista di molte campagne social contro la violenza di genere. Nel 2018 l'allora vicepresidente della Camera Mara Carfagna lanciò la campagna Non è normale che sia normale, dove la stessa ex ministra delle Pari Opportunità si faceva il segno con il rossetto rosso sul volto. Sui social, sul web, sui giornali e in televisione venne trasmesso un video in cui personaggi noti si facevano un segno rosso contro la violenza sotto l'occhio.
Ancora oggi di rosso vengono illuminati i monumenti di molte città nella Giornata internazionale di eliminazione della violenza di genere del 25 novembre.
Cresce il fenomeno nei piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti e crescono i delitti di donne che hanno più di 65 anni: sono state 37 nei primi 11 mesi del 2024, pari al 37,4% delle vittime femminili totali, uccise nella maggior parte dei casi dal coniuge o dai figli.
I dati sono quelli dell'XI Rapporto Eures che registra una forte crescita delle figlie uccise, passate da 5 a 9, generalmente all'interno di "stragi familiari" o in quanto vittime collaterali di una violenza orientata a colpire la coniuge o la ex partner.
Sale inoltre il numero di autori under 25 (da 4 a 12), anche se, coerentemente alla dinamica rilevata per le vittime, sono gli autori di oltre 64 anni a registrare l'incidenza più elevata (27 autori, pari al 27,8%).
Significativo il dato relativo alle vittime straniere che, in controtendenza rispetto a quelle italiane, risulta in forte crescita, passando da 17 a 24, arrivando a rappresentare un quarto delle vittime totali (24,2%), con un incremento del 41,2% tra il 2023 e i primi 11 mesi del 2024. Diminuisce invece del 21,1% il numero delle vittime italiane, passate da 95 a 75.
L'aumento delle vittime straniere si accompagna ad una forte diminuzione degli autori di femminicidio di nazionalità non italiana, passati da 23 a 16, con un decremento del 30,4%, mentre rimane stabile il numero degli autori italiani (83 nei primi 11 mesi del 2023 e del 2024). Ciò significa - spiegano i ricercatori - che, mentre il 45,8% dei femminicidi con vittime straniere sono commessi da autori italiani, 'soltanto' nel 4% dei casi (3 vittime in valori assoluti) le vittime di femminicidio italiane sono state accise da un autore straniero (una percentuale, questa, in forte calo rispetto al 13,5% censito nel 2023).
igliora la percezione di sicurezza in Italia, tuttavia le donne si sentono più a rischio degli uomini.
In particolare, quasi quattro su dieci temono di subire una violenza sessuale.
E' la fotografia scattata dall'ultimo report dell'Istat pubblicato oggi che raffronta i dati sulla percezione della sicure dal 2015-2016 al biennio 2022-2023.
Dallo studio emerge un aumento della quota di cittadini molto o abbastanza sicuri quando escono a piedi nella propria zona ed è buio. In sette anni la percentuale è salita di 16 punti, passando dal 60,6% del 2015-2016 al 76% . A sentirsi più insicuri sono donne, anziani e abitanti delle aree metropolitane.
In particolare, si sottolinea, il senso di insicurezza è significativamente più forte tra le donne rispetto agli uomini: sono il doppio più propense a sentirsi insicure quando escono da sole di sera (il 16,4% contro il 7,4%) e sono circa quattro volte più numerose nel dichiarare di non uscire di sera per paura (il 19,5% contro il 5,3%). Sono anche più condizionate dalla paura della criminalità (28,8% rispetto al 19% degli uomini). Le più giovani hanno più paura: le ragazze tra i 14 e i 24 anni mostrano un picco di insicurezza che diminuisce nelle fasce di età successive, ovvero tra i 25 e i 34 anni e tra i 35 e i 44 anni, per poi aumentare leggermente e stabilizzarsi. Al contrario, per gli uomini l'insicurezza cresce progressivamente con l'età e raggiunge il suo picco intorno ai 75 anni.
Nello studio si osserva inoltre che le persone con un livello di istruzione più elevato si sentono più sicure (il 28,7% dei laureati si dichiara molto sicuro rispetto all'11% di chi ha un titolo di studio elementare o non lo ha affatto) e si considerano meno influenzate dalla criminalità (il 19,6% dei laureati ritiene che la criminalità non modifichi le proprie abitudini, contro il 23,7% di chi ha un titolo di studio basso).
Nonostante il sentimento di insicurezza sia in diminuzione, secondo il rapporto Istat cresce la preoccupazione di subire una violenza sessuale. Il 35,8% teme, per sé o per i propri familiari, di essere vittima di qualche forma di abuso sessuale, una percentuale che rispetto al 2015-2016 è aumentata di 7,1 punti.
Le donne sono più preoccupate degli uomini delle violenze sessuali: il 38,9% contro il 32,3%. Ma temono maggiormente anche furti e borseggi. Complessivamente gli abitanti del Sud e delle Isole sono meno preoccupati di subire reati, mentre tra le regioni la percezione di insicurezza è più elevata in Campania, in Puglia e in Lombardia. Quasi otto cittadini su dieci considerano le forze dell'ordine efficaci nel controllo della criminalità nella loro zona.