Retribuzioni. In Italia i salari più bassi dell'Eurozona. 14 milioni di lavoratori pubblici e privati lavorano con contratti da rinnovare

di redazione 05/11/2020 ECONOMIA E WELFARE
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In Italia si lavora di più - a causa della scarsa capacità tecnologica e dei bassi investimenti in innovazione del nostro sistema economico - ma si viene retribuiti molto meno".

E' la Fondazione Di Vittorio, vale a dire l'istituto di ricerca della Cgil che lo certifica in una sua ricerca. Di fatto, parzialmente oscurata dall'emergenza Covid (o, da una certa angolatura, illuminata ancora di più), la questione salariale è tornata al centro della società italiana. Evocando un "autunno caldo" di vecchia memoria, con quasi 14 milioni di lavoratori, tra pubblico e privato, in attesa di un nuovo contratto.

Giovedì 5 novembre i lavoratori metalmeccanici  di tutto il Paese hanno scioperato e Fiom, Fim e Uilm hanno organizzato presidi videocollegati in dieci piazze italiane. La vertenza con Federmeccanica sul rinnovo del contratto (i sindacati chiedono aumenti salariali dell'8% sui minimi, pari  in media a 145 euro al mese) è interrotta, anche se il fronte imprenditoriale non mostra una compattezza granitica, tanto che la linea dell'intransigenza del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi ("impensabili gli aumenti di salario in questa fase"), ha generato spaccature in alcuni settori e molte aziende stanno preferendo di scongiurare tensioni sociali in un momento difficilissimo per l'economia nazionale. Nel legno, ad esempio, il contratto è stato rinnovato con aumenti di stipendio, stessa cosa in buona parte del comparto degli alimentari, con le associazioni che non avevano ancora firmato a luglio tornate proprio in questi giorni al tavolo con i sindacati.

 

"In un momento così delicato per il nostro Paese - ha detto la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, riferendosi alla vertenza metalmeccanica - cercherò di agevolare in qualsiasi modo il dialogo tra le rappresentanze dei lavoratori e delle aziende. Tra i progetti da inserire nel Recovery Plan c'è anche la detassazione degli aumenti salariali contrattuali". Misura da tempo richiesta proprio da Cgil, Cisl e Uil. I metalmeccanici - dice il segretario generale Fim Roberto Benaglia - ha mostrato ancora una volta unità e generosità". "Il nostro contratto - ha aggiunto il leader Uilm, Rocco Palombella - è punto di riferimento per tutte le categorie". Secondo la segretaria generale Fiom, Francesca Re David, "è surreale che Federmeccanica porti a scioperare per il salario lavoratori considerati essenziali per il Paese".

Dicevamo dello studio della Fondazione Di Vittorio sui salari. L'antefatto metodologico è che tra il salario guadagnato e quello che si spende intervengono la tassazione e/o i trasferimenti che lo modificano da salario lordo a netto; l'inflazione che lo trasforma da salario nominale a reale; e infine l'effetto familiare che può determinare l'aggregazione di diversi salari. Ebbene, per l'Italia "emerge una stagnazione salariale di lungo periodo, con le oscillazioni più contenute e che vede il salario lordo medio a livelli ben inferiori rispetto alla media degli altri Paesi e di poco superiore solo a quello spagnolo". Emblematico il confronto con la Germania, visto che, dopo un decennio di stagnazione nei due Paesi, a partire dal 2010 il salario lordo medio tedesco "cresce notevolmente mentre quello italiano continua a stagnare. A questo si aggiunge il fatto che l'Italia è l'unico tra i sei Paesi dell'Eurozona che non ha ancora recuperato il livello salariale precedente alla Grande Recessione del 2008". I salari medi italiani sono pari a circa 30mila euro lordi annui, contro i 42.421 dei tedeschi e i 39.099 dei francesi.

 

Nel passaggio dal salario individuale lordo a quello familiare netto, la nostra situazione, spiega la Fondazione Di Vittorio, è ancora più allarmante, con "una differenza di migliaia di euro tra il salario familiare netto italiano e quello delle maggiori economie dell'Eurozona": in particolare, il nostro vale tra il 60 e il 70% di quello tedesco. "I cambiamenti intervenuti nella struttura della forza lavoro occupata che, rispetto all'Eurozona, vede oggi una maggiore presenza delle professioni meno qualificate e, quindi, meno retribuite - sottolinea la ricerca -  contribuiscono ad alimentare questa dinamica salariale. Inoltre, l'Italia ha un alto numero medio di ore lavorate all'anno per dipendente e allo stesso tempo la minor quota salari in percentuale del Pil".


E ancora, emerge una disparità salariale di quasi 30 mila euro tra il rapporto di lavoro non-standard (tempo determinato, part-time e discontinuo) e quello standard (tempo indeterminato, full-time e senza discontinuità), considerando, peraltro, che "rispetto al 2017 è aumentata ancora l'incidenza sull'occupazione della componente non-standard e di tutto il tempo determinato". Il 78,7% dei lavoratori dipendenti privati, inoltre, percepisce un salario al di sotto di quello medio italiano.  
I dati della ricerca arrivano al 2019, ma la Fondazione si spinge più in là sottolineando come i numeri parziali del 2020 , l'anno della pandemia, indichino "un ulteriore aggravamento della situazione salariale e occupazionale", contenuto in parte dall'ampio utilizzo degli ammortizzatori sociali e dal blocco dei licenziamenti. "Sulla situazione salariale del 2020 - conclude lo studio -  grava anche il ritardo nel rinnovo dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro  che interessano una platea di lavoratori dipendenti sempre più estesa".



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