Brasile. I giudici non concedono la libertà all'ex presidente Lula. "Deve andare in prigione"

di redazione 05/04/2018 ESTERI
img

Luiz Inácio Lula da Silva finirà in carcere. Il Tribunale Supremo Federale ha deciso a maggioranza di respingere la richiesta di habeas corpus, una richiesta preventiva di libertà provvisoria presentata dal suo collegio difensivo. E’ stato un verdetto sofferto, discusso, affrontato per oltre dieci ore dagli undici consiglieri che compongono il massimo organo giuridico del Brasile. Sei voti si sono espressi contro la domanda; cinque a favore.

Ma il parere decisivo, quello che ha fatto pendere l’equilibrio del TSF verso l’ennesima pesantissima sconfitta di Lula, è arrivato dalla consigliera Rosa Weber, lo stesso alto magistrato che si era sempre espressa, fino a stamani, contro la tesi di far scontare la condanna in carcere dopo il verdetto di secondo grado. Nell’aula del Supremo si sono alternati pareri contrastanti, spesso sostenuti con motivazioni convincenti e momenti di grande tensione. In ballo non c’era solo il destino umano e politico di un leader politico come Lula, una figura storica e apprezzata a livello internazionale ma crollata davanti a un doppio verdetto che lo ha riconosciuto colpevole di corruzione passiva e riciclaggio di denaro.

Il voto di parità, cinque contro cinque, è stato alla fine superato dal parere della presidente del Tribunale Superiore Carmen Lucia, da sempre favorevole all’esecuzione della pena dopo il giudizio di appello. Si sono invocati principi fondamentali del Diritto non solo brasiliano ma di ogni moderna democrazia: dalla presunzione di innocenza al diritto costituzionale di garantire la libertà fino all’ultima istanza di giudizio. Lula non andrà subito in carcere. Potrebbe accadere entro il 10 aprile.

Il leader del Pt ha ancora un’ultima carta da giocare: un ricorso al Tribunale federale della IV regione, lo stesso che lo ha condannato a 12 anni e 1 mese, su alcuni aspetti giuridici legati alla motivazione della sentenza. Non cambiano la sostanza e l’ammontare della pena. Si allungano solo i tempi di una detenzione che ha scosso la base e i militanti della sinistra brasiliana convinti fino all’ultimo di poter vincere questa battaglia decisiva.

La partita non è ancora completamente chiusa. Il Tfr-4 dovrà esprimere il suo parere giuridico e poi ordinare al giudice Sergio Moro l’emissione di un ordine di cattura che porterà dietro le sbarre l’uomo che ha rivoluzionato il Brasile. Una fine amara, ingloriosa che renderà felici molti detrattori ma che rappresenta una sconfitta per tutti. Cade un mito, tramonta un grande sogno di speranza per milioni di poveri e diseredati.

L’uomo più amato e odiato del gigante sudamericano è stato sconfitto per un solo voto. Ma la maggioranza (sei contro cinque) degli undici componenti il Tribunale Superiore Federale hanno alla fine deciso che anche un leader politico come Lula, un grande combattente, l’uomo venuto dal nulla, il piccolo e poverissimo venditore di arance e lustrascarpe a tempo perso, diventato presidente della più grande democrazia dell’America Latina, non avrebbe avuto sconti e privilegi. Che non avrebbe goduto di quell’impunità spesso contestata ai potenti di turno. Trionfa la legge. Il Brasile fa valere lo Stato di Diritto. E sebbene la Costituzione del paese tuteli fino all’ultimo grado di giudizio la libertà personale, la parola definitiva spetta all’organo supremo di giustizia. Vale la sua interpretazione che in questo caso, come accade ormai da tempo, ritiene che ogni imputato condannato in secondo grado debba scontare il carcere la pena inflitta.
 
Le accuse. Lula è stato rinviato a giudizio in sei procedimenti. Il primo, quello esaminato oggi solo sul piano formale, per una richiesta di libertà preventiva, riguardava la compravendita di un attico di 240 metri quadrati a Guarujá, sul litorale di san Paolo, con relativi lavori di restauro, per un valore di 2,4 milioni di reais (circa 800 mila euro). L’appartamento, secondo i giudici di Lava Jato, era la tangente offerta a Lula dalla società di costruzioni OAS per l’assegnazione di una serie di appalti da parte della Petrobras, l’azienda petrolifera statale brasiliana. In primo grado il fondatore del Pt era stato condannato a 9 anni e sei mesi; in appello la pena era stata aumentata a 12 anni e 1 mese. Lula ha fatto ricorso in altri due Tribunali ma solo per motivi di forma. La sostanza il verdetto non è cambiato. Li ha persi entrambi. Come ha perso un successivo ricorso per l’habeas corpus.
 Il collegio di avvocati ritiene che il giudizio d’appello sia stata viziato da problemi di forma. Ha determinato, senza la richiesta del pm, la sentenza. Si è appellato e chiede che non sconti la pena in carcere prima che siano esauriti tutti gli altri possibili appelli ai Tribunali superiori. Si è rivolto al TSF proprio per garantirgli una libertà preventiva in attesa che si consumino gli altri pronunciamenti. Libertà che adesso è stata respinta per inammissibilità.
 


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali