Teatro. Masaniello, il rimpiangere dell'urlo che riecheggia nei padri e nei figli

di Anita Laudando. Fonte Cinquewnews 12/06/2025 ARTE E SPETTACOLO
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NAPOLI - È stata una festa di piazza molto attesa, quella del ritorno di “Masaniello”, avvenuto dal 22 maggio all'1 giugno 2025, presso il “Cortile d’Onore” del Palazzo Reale di Napoli. È la vicenda della storica rivolta del 1647, che la squadra Porta & Pugliese rese leggenda teatrale. Date da ricordare: 1974, 1997 e 2025, in cui la grammatica di riferimento è nell’apertura totale dello spazio scenico, così come veniva concepito negli anni ’70: attivante della “creatività emotiva” del popolo. Un gesto politico da saldare a quello estetico, attraverso la contestazione dello spazio frontale “all’italiana” per meglio affermare il messaggio sociale da infrangere o da comunicare. Adesso, che siamo abituati agli spettacoli itineranti, diamo per scontate cose che non lo erano nel periodo storico in cui nacque questo capolavoro. L’impatto in città, la sua attesa, è stata motivo per celebrare il cinquantesimo anniversario di un evento che in molti hanno vissuto.

 

Scelte letterarie e registiche di Armando Pugliese ed Elvio Porta

Questo riallestimento è stato infatti preceduto da una serie di conferenze che hanno preparato il pubblico a un fatto scenico che va ben oltre la semplice rievocazione della celebre sommossa contro le gabelle. Un Comitato Scientifico, composto di Antonia Lezza, Renato Lori, Aurelio Musi, Nino Daniele e Renata De Lorenzo, ha riflettuto, con incontri pubblici, sull’identità partenopea e sullo spessore artistico-filosofico di una storia che è ancora così viva come quella di “Masaniello – un sogno di libertà”. Il materiale formale, le scelte letterarie e registiche di Armando Pugliese ed Elvio Porta è dunque giunto alla sua terza edizione, grazie alla produzione di Rosario Imparato. L’anima politica del gesto teatrale attuale non è certo quella che caratterizzò lo spaccato di memoria collettiva del 9 agosto 1974. Era il giorno dei funerali delle 12 vittime della strage terroristica del treno Italicus, ed Elvio Porta con Armando Pugliese, nello spazio monumentale della Certosa di San Martino, solennemente, portarono in scena la loro denuncia, servendosi di artisti del calibro di Mariano Rigillo, Angela Pagano, Marisa Laurito, Lina Sastri, Lucio Allocca, Tommaso Bianco, tanto per citare qualche interprete.

Ruben Rigillo e Silvia Siravo, due attori realmente figli d'arte

La responsabilità artistica, dall’ideazione alla realizzazione, ha mirato a mantenere la massima aderenza allo spettacolo originale, pur con un nuovo cast, chiamato a confrontarsi con l’eredità di grandi interpreti che hanno segnato la storia del teatro italiano ed europeo. Il personaggio di Masaniello e della Viceregina, che furono di Mariano Rigillo e Cicci Rossini, sono stati interpretati da Ruben Rigillo e Silvia Siravo. I due attori, realmente figli d'arte, bastano da soli, per intensità, forza scenica, resistenza, verità e valgono tutta la fatica della rappresentazione. La fatica di seguire in piedi un colossal di due ore e mezza con un audio affidato a tratti alla forza del vento. L’antropologia dello spettatore attuale non è quella del contestatore, eppure il cittadino napoletano resta ancora in autentica relazione con la storia di Tommaso Aniello, pescivendolo che divenne “Capitano del Popolo” insorgendo contro la pressione fiscale del governo spagnolo. “Masanie’ che si’ campato a ffa’…?” dall’inizio corale al monologo finale, rimbombano desideri e utopie tra le impalcature in legno grezzo delle macchine teatrali di Bruno Garofalo, che, realizzate da Clelio Alfinito, sono state illuminate dalle luci di Francesco Adinolfi.

Collegamento visivo e simbolico tra la torre del popolo e quella della nobiltà

La scenografia è concepita come un dispositivo dinamico, si plasma via via sull’andamento della vicenda, snodandosi in pedane mobili movimentate dagli stessi attori tra gli spettatori, e funge da collegamento visivo e simbolico tra la torre del popolo e quella della nobiltà. Si è cercato di restituire un evento passato, quell’atmosfera, quell’ atteggiamento che Eugenio Barba definisce “Terzo Teatro”. Un modo di stare nel mondo attraverso quel teatro che è una via alternativa a quello accademico, borghese, elitario: un teatro di comunità, di necessità, di ritualità. Ma il pubblico presente oggi, è un uomo post- pandemico: nostalgico, curioso e competente ma anche attento alla folla. Consapevole delle dinamiche collettive ha riempito sera dopo sera, il piperno del cortile reale, ma non sono mancati momenti di disorientamento: c’è stato chi si è seduto a ridosso dei muri, chi ha indossato la mascherina, chi ha cercato di schivare la prossimità fisica degli attori nei cambi di scena.

La lotta tra oppressi e oppressori era attualizzata mandando “a morte” i politici dell’epoca

Nonostante nel 1973 ci fosse stata un’ondata di colera, il tipo di performance, pensata come un unico corpo sbriciolato nel mucchio, si prestava alle tensostrutture circensi, in pochi anni fece più di 300 repliche in Italia e all’estero, fu rappresentato nei grandi spazi dell’EUR e di Piazza Mancini a Roma, nel Fabbricone di Prato, al porto di Genova, a Quarto Oggiaro a Milano, e soprattutto, nel ‘76 a Piazza Mercato, proprio dove accaddero gli eventi narrati. Pare proprio che la maggioranza degli spettatori presenti nell’attuale edizione, commemorasse l’affluenza di questa replica in cui la vicinanza emotiva, i tratti catartici del testo, i ricordi di attori e spettatori, l’avvicinavano alle reazioni tipiche della sceneggiata. Rigillo dichiara che pubblico-popolo, insultava i nemici e difendeva il suo Masaniello, che la lotta tra oppressi e oppressori era attualizzata attivamente mandando “a morte” i politici dell’epoca.

Ricucitura di suoni dispersi di una temporalità anacronistica

La sera in cui eravamo presenti, abbiamo visto il Sindaco di Napoli, lo stesso Rigillo, attori, musicisti e numerose personalità quasi rimpiangere quell’urlo collettivo che ancora riecheggia nei padri e nei figli. Un grido che non è solo memoria, ma appartenenza, eco viva di una comunità che resiste nel tempo. Nell’attuale versione non ci sono le composizioni musicali di Roberto De Simone, ma la drammaturgia sonora è stata affidata ad Antonio Sinagra, eseguita dal vivo dalla sua orchestra. Le scene cantante e musicate sono risultate particolarmente coinvolgenti e con microfoni funzionanti. Abbiamo goduto della voce potente di Lello Giulivo nei panni di Carrese e della sensibilità interpretativa di Massimo Masiello nel ruolo di Vitale. Serena Pisa, nei panni di Bernardina, è stata titanica; Luca Saccoia, nel ruolo del Viceré, ha saputo connettersi al pubblico con carisma e misura. Lello Serao ha restituito un Genoino credibile e incisivo; Danilo Rovani ha affrontato con versatilità i ruoli di Miroballo, il Capitano e Perrone. Peppe Mastrocinque ha dato corpo a un cardinale Filomarino austero e rigoroso; Luigi Credendino ha sostenuto con efficacia il doppio ruolo di Stenteniello e Sauli; Ciro Scherma ha abitato con forza scenica i personaggi dello Scartellato e di Bisigano. Il cast di 30 attori avvolti dai costumi di Silvia Polidori, merita interamente una scintilla indelebile nella storia del teatro contemporaneo, ma è la polarità magnetica della coppia Ruben Rigillo e Silvia Siravo a ricucire i suoni dispersi di una temporalità anacronistica.



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