Addio Ozzy, il padre dell'heavy metal. A 76 anni muore un artista totale, rocker fino alla fine. Tenebre, rabbia, paranoie e ironie per superare il male del mondo

di redazione 23/07/2025 ARTE E SPETTACOLO
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Difficile pensare che artisti come Ozzy Osbourne, così come è stato per John Lennon, David Bowie possano avere degli eredi. Certo la la loro influenza artistica è stata filtrata e recepita da migliaia di musicisti in tutto il mondo, ma la loro specificità, la loro orginalità non potrà mai esere sostituita, replicata, neppure dall'Intelligenza artificiale più complessa e performativa. 

Ozzy è stato unico. Un adolescente o poco più che ha trovato la sua strada da giovanissimo, nei quartieri periferici di una città inglese industriale, Birmingham che tra gli anni sessanta e i primi settanta stava diventando ancora più grigia e inquinata. Il rocknroll è stato il suo modo di esprimersi, di vivere, di guardare al mondo. A quel mondo che gli si parava dinanzi senza un'apparente alternativa. Un mondo che per Ozzy era brutto, pieno di male e di ingiustizie, eppure meraviglioso allo stesso tempo, capace di gioia e forse di amore. Come le sue canzoni. Prima con i Black Sabbath, una band irripetibile, di musicisti straordinari, poi nella carriera solista costellata da album capolavori, ma anche di cadute esistenziali, dall'alcol, da perdite di amici, prima fra tutte la morte dell'amato e geniale chitarrista Randy Rhoads.

Unico, irripetibile, straordinario Ozzy.

 

L’artista si è spento nella sua casa in Inghilterra, circondato dalla sua famiglia. La notizia è stata confermata da un portavoce ufficiale della famiglia Osbourne, che ha parlato di un “addio avvenuto in pace, dopo anni di battaglie fisiche e spirituali”.

Da tempo Ozzy lottava contro una grave forma di morbo di Parkinson, malattia che aveva annunciato pubblicamente nel 2020 e che negli anni si era aggravata progressivamente. A questa si erano aggiunte pesanti complicazioni alla colonna vertebrale, conseguenza di un grave incidente con un quad nel 2003 e di una caduta domestica nel 2019, che gli avevano causato lesioni irreversibili. Negli ultimi anni aveva affrontato numerosi interventi chirurgici con un conseguente e progressivo deterioramento fisico che lo aveva costretto su una sedia a rotelle, anche durante le sue ultime apparizioni pubbliche.

Ozzy Osbourne era malato da tempo. Nel 2020 aveva rivelato al mondo intero di essere affetto dal morbo di Parkinson, malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce principalmente il sistema nervoso e i movimenti. Ozzy aveva ricevuto una prima diagnosi nel 2003 dopo un incidente in quad che aveva rivelato problemi neurologici latenti, ma la conferma di una forma avanzata di Parkinson di tipo 2 era arrivata solo nel 2019. Oltre a fare i conti con il morbo di Parkinson Ozzy da anni lottava anche con un tumore a una vertebra, scoperto durante un intervento chirurgico alla colonna vertebrale sempre nel 2019. I problemi di salute lo avevano costretto negli ultimi anni ad annullare diversi show. 

Nonostante i dolori e il disagio della malattia, Ozzy Osbourne aveva deciso di dare il massimo per farsi trovare pronto all'appuntamento del 5 luglio, annunciato dalla moglie Sharon lo scorso 5 febbraio. L'entourage del rocker aveva messo su per l'occasione una vera e propria equipe medica alla quale aveva affidato il compito di monitorare ogni giorno, tutto il giorno, le condizioni di salute del frontman dei Black Sabbath: «Ho questo trainer che aiuta le persone a tornare alla normalità. È dura, ma è convinto di potercela fare per me. Sto dando tutto quello che ho. Ho la testa impazzita. Sarei morto prima di iniziare gli esercizi, quindi cerco di mettere questo aspetto in secondo piano», aveva detto Ozzy lo scorso giugno, un mese prima dello show.

 

Nel 2023 in un'intervista concessa all'edizione britannica di Rolling Stone il Principe delle Tenebre, logorato dalla malattia, aveva detto di non temere la morte. Non solo, aveva anche rivelato di considerare il suicidio assistito: «Non ho paura di morire, ma non voglio avere un’esistenza lunga, dolorosa e miserabile. Mi piace l’idea che se si ha una malattia terminale, si può andare in un posto in Svizzera e fare le cose in fretta. Ho visto mio padre morire di cancro». Già nel 2007 nel suo libro "Survivor: My story - The next chapter" Sharon Osbourne aveva raccontato che lei e suo marito avevano concordato di chiedere assistenza a un'organizzazione svizzera che supporta il suicidio assistito se uno dei due avesse sviluppato problemi cognitivi: «Crediamo al 100% nell'eutanasia, quindi abbiamo predisposto un piano per andare in un centro di suicidio assistito in Svizzera se mai dovessimo avere una malattia che colpisce il cervello».

La sua ultima esibizione è avvenuta appena poche settimane fa, il 5 luglio 2025, durante lo storico concerto “Back to the Beginning” tenutosi a Villa Park, nella sua amata Birmingham. Per l’occasione, Osbourne si era presentato sul palco seduto su un trono, con la voce indebolita ma con l’anima rock più accesa che mai. Quell'evento ha rappresentato un saluto simbolico e potente alla musica e al pubblico che lo aveva amato per oltre cinquant’anni. È stato il suo ultimo atto d’amore verso la scena musicale che aveva contribuito a rivoluzionare.

La famiglia, in una dichiarazione ufficiale delle scorse ore ha chiesto rispetto per la propria privacy e ha ringraziato i fan di tutto il mondo per “l’amore e il sostegno che hanno sempre accompagnato Ozzy, fino all’ultimo respiro”.

Ozzy Osbourne lascia un’eredità monumentale con: oltre 100 milioni di dischi venduti, una doppia introduzione nella Rock and Roll Hall of Fame (sia con i Black Sabbath sia da solista), l'influenza su generazioni intere di artisti nel nome del rock. 

Il mondo oggi perde un’icona, un sopravvissuto, una voce che ha urlato per decenninel nome del rock. Ma la leggenda di Ozzy Osbourne, come tutte le vere leggende, non morirà mai.

 

Fino all’ultimo non ha voluto rinunciare ai suoi fan. Nella sua ultima apparizione dal vivo Ozzy Osbourne – morto ieri a 76 anni per le complicazioni del Parkinson e di altre patologie – a Birmingham il 5 luglio scorso ha celebrato in maniera del tutto cosciente, le sue esequie anticipate in un concerto in cui il principe delle tenebre e i Black Sabbath hanno salutato il pubblico «là dove tutto è iniziato» ossia nello splendido Villa Park, casa dell’Aston Villa, oggi luogo consacrato alla musica. Ozzy sul palco si era fatto portare assiso su un trono, in total black e in stato di sofferenza evidente. Ma fino all’ultimo ha voluto esserci, salendo fino alle ultime note del suo repertorio.

SE NE È ANDATO il padrino del metal che per oltre cinquant’anni insieme ai Black Sabbath e poi con una lunga sequenza di album solisti – non sempre riusciti – ha sedotto milioni di fan tra follia e talento, eccessi e dirompente vitalità. Al secolo John Michael Osbourne, nato il 3 dicembre del 1948 in un sobborgo operaio dell’Inghilterra postbellica, Ozzy conosce la povertà e ha problemi di linguaggio – è dislessico e balbuziente. Ma è proprio nel disagio che cresce la sua voglia di rivalsa. Abbandona appena quindicenne la scuola e si barcamena tra mille mestieri: operaio edile di cantiere, idraulico, attrezzista, operaio in una fabbrica di auto e macellaio. Ma l’attitudine è la musica, così insieme a Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward fonda i Polka Tulk Blues Band che dopo alcuni cambi di nome (e componenti) diventeranno una delle band più celebri del mondo sotto il nome di Black Sabbath – ispirato da un classico film di Mario Bava del 1963, I tre volti della paura.

LA MISCELA si rivela subito esplosiva, nati con il blues mescolano generi, suoni e nei testi esplorano gli incubi più reconditi dell’animo umano, esoterismo, magia nera. Una sorta di horror show che si concentra in particolare nei primi due album (entrambi pubblicati nel 1970), incensati dalla critica e venduti in milioni di esemplari: l’eponimo d’esordio e Paranoid, che prendeva il nome da una novella di Dennis Wheatley, scrittore britannico dell’occulto.

LA VOCE di Ozzy  così, scomposta, lancinante a tratti inquietante e volutamente sopra le righe – lo rende iconico. Un personaggio trasgressivo che porta i suoi demoni anche fuori dal palco in un (poco) privato fatto di alcol, lsd, cocaina. Si rincorrono aneddoti – tra realtà e fantasia, come quella celebre del pipistrello preso a morsi sul palco. Abbandonata la band – o per meglio dire cacciato nel 1979 dagli altri membri non più in grado di gestirlo– si rinchiude in una camera d’albergo tra droghe e alcol. Riemerge da questo stato depressivo dopo più di un anno grazie a Sharon Arden, figlia di Don, manager dei Black Sabbath, che diventerà sua moglie. Si rimette in pista con un progetto solista – al suo fianco un giovane talentuoso chitarrista, Randy Rhoads, e con Blizzard of Ozz (1980) e Diary of a Madman (1981) rilancia una carriera che si era fatta claudicante. Prosegue in versione solista anche dopo la tragica scomparsa di Rohads, morto in un incidente e nel 2011 arriva anche l’annuncio della reunion con gli antichi sodali Black Sabbath. Ozzy porta a trasformazione la sua immagine grazie al piccolo schermo in una sit com The Osbournes in onda per quattro stagioni su Mtv dal 2002, dove insieme alla moglie e ai tre figli, dà vita a una sorta di reality con siparietti comici. Una famiglia disfunzionale a misura di piccolo schermo.

Poi arrivano le ricadute, la scoperta del Parkinson, la pandemia e infine quel ritorno – il 5 luglio 2025 – che suonava consapevolmente come una cerimonia funebre alla presenza di 42 mila fan.



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