Ambasciata Usa a Gerusalemme. La scelta di Trump mette d'accordo mezzo mondo. Iran, Turchia, Europa e santa sede la condannano. Papa Francesco "Lasciare le cose come stanno"

di redazione 06/12/2017 ESTERI
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Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani ed ha una vocazione speciale alla pace. Rispettate lo status quo". È l'accorata esortazione di Papa Francesco all'indomani dell'annuncio con cui Donald Trump ha gettato nel caos il mondo: la volontà di spostare l'ambasciata Usa a Gerusalemme e di riconoscere la città come capitale d'Israele.

Una decisione che, al solo pensiero, sta preoccupando i capi di Stato dalla Cina a Londra. Per tutti il timore è che il già precario equilibrio in Medio Oriente possa incrinarsi definitivamente, perché non si può entrare così, a gamba tesa, in una delle questioni più complicate della geopolitica: quella israelo-palestinese.

Da ieri Iran e Turchia lanciano messaggi preoccupati. "Segno di incompetenza e fallimento. La Palestina sarà libera e i palestinesi vinceranno", ha detto il leader supremo dell'Iran Ali Khamenei. E il tono del presidente Rohani non è dei più cordiali: "Non tollereremo una violazione dei luoghi santi musulmani". Mentre su Twitter il vicepremier turco Bekir Bozdag scrive: "Questa scelta potrebbe far precipare la regione in uno scontro senza fine". Commento in linea con quanto sostenuto dal capo della diplomazia turca, Mevlut Cavusoglu, che già ieri aveva messo in guardia dal "caos" che si potrebbe scatenare nella regione.

L'unico a non esprimersi, almeno in modo diretto, è il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Durante una conferenza diplomatica a Gerusalemme, organizzata dal quotidiano Jerusalem Post, l'unico commento di Netanyahu è stato: "L'identità storica e nazionale di Israele sta ricevendo riconoscimento, soprattutto oggi". E chiede ai suoi ministri di non commentare la scelta del tycoon.

Oggi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ieri aveva definito Gerusalemme come una "linea rossa" e aveva ipotizzato la possibile rottura dei rapporti con Israele, vedrà re Abdullah II di Giordania in Turchia, in occasione del 70° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Ankara e Amman. In agenda c'è ovviamente anche il nodo di Gerusalemme.

In attesa del vertice, re Abdullah ha parlato telefonicamente con il presidente francese Emmanul Macron. Durante il colloquio, il re, dopo aver ricordato che la situazione potrebbe provocare ripercussioni gravi sulla sicurezza e minare gli sforzi per riprendere il processo di pace, ha concordato con Macron una riunione per coordinarsi sulla questione.

L'inviato speciale dell'Onu per il Medio Oriente, Nickolay Mlandenov, ha ribadito che lo status futuro di Gerusalemme deve essere oggetto di negoziati. Ad esporsi è stata anche la Cina "preoccupata" per il possibile peggioramento "di una situazione già complicata e delicata".

A Londra il governo si dice "preoccupato". E la premier Tory Theresa May propone Gerusalemme "capitale condivisa dello Stato di Israele e di Palestina".

Francia e Germania temono anche che nella regione mediorientale possano scoppiare violenti scontri. "Dal 6 dicembre potrebbero esserci manifestazioni a Gerusalemme, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Non si possono escludere scontri anche violenti", si legge nell'avviso di viaggio diramato dal ministero degli Esteri tedesco a chi decide di viaggiare in Israele.


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