"Difendiamo la Famiglia!". Per la nostra politica solo slogan da campagna elettorale

di Massimo Lorito 05/02/2016 POLITICA
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Che strano paese il nostro, sempre più contraddittorio e per certi versi sfuggente ad ogni analisi sociopolitica razionale e compiuta. Una settimana fa al Circo Massimo a Roma migliaia di persone, non due milioni, neppure uno e neppure mezzo, ma comunque molte, si sono raccolte sotto lo scudo dello slogan "difendiamo la famiglia"! Quale? Quella che secondo loro e secondo i politici, molti nel Parlamento che la pensano così, è la sola possibile. Padre, madre, figli.

Ora, non è obiettivo di questo articolo chiarire quale sia la “vera famiglia”, fermo restando che, come per molte altre realtà sociali, non esiste un unico e incontrovertibile modello o paradigma, semmai capire quanto si fa concretamente per sostenere le famiglie in Italia.

Risposta facile facile. Poco, pochissimo.

La politica e i governi che si susseguono hanno fatto veramente poco a supporto delle mamme dei papà e dei figli. Alla famiglia va l’1 o al massimo l’1,5%  del Pil del paese, un’inezia, grosso modo un po’ di più di quanto si destina alla ricerca scientifica, i risultati in entrambi gli ambiti non possono che essere deludenti. Meno di quanto è destinato alle spese militari, da rilevare che da anni è stata abolita la leva obbligatoria, quindi le spese sono molto diminuite in questo settore.

Secondo i dati Ocse 2014 per la spesa sociale, l’Italia ha speso il 28,4% del Pil, la Francia il 33% ad esempio, ma di questa quota alla famiglia è andato l’1,5%. 24 miliardi di euro, spicciolo più spicciolo meno. Di questi lo 0,2% è destinato alla maternità e ai congedi parentali su una media Ocse dello 0,4%. Lo 0,4% agli assegni familiari, su una media Ocse dello 0,8%. Lo 0,6 va all’educazione e alla cura della prima infanzia,e così via.

Secondo altre stime, (Confartigianato, sindacati, ecc) alla famiglia non andrebbero in realtà più di 16 miliardi annui, la grande quota di spese sociali sono destinati agli over 65, un dato che conferma come il nostro non sia un paese per giovani, quindi anche per i figli delle famiglie per cui si scende in piazza.

Quando si parla di fondi per la famiglia non bisogna dimenticare quelli destinati all’educazione, all’istruzione, ossia la base della crescita e dello sviluppo dei figli. E anche qui, come noto, l’Italia fa molto poco. Solo l’8,2% della spesa nazionale è infatti destinato al settore, meno di un terzo di quel che viene speso per le pensioni d’anzianità. Siamo gli ultimi nell’Unione.

Una decina anni fa Berlusconi si inventò il bonus bebè, non prolungato da Prodi nel 2006, un’idea che Renzi ha voluto rinnovare un anno fa con gli 80 euro al mese per i neo genitori, 960 all’anno per i nuclei familiari con redditi fino a 25mila euro, e 1960 per quelli che non superano i 7mila. Berlusconi ratificò nel 2009 anche una sorta di fondo prestiti alle famiglie con scarsi risultati, i medesimi che ottenne il provvedimento del Governo Monti con i 300 euro di bonus per gli asili. Il Governo Letta non ebbe il tempo di realizzare.

Una serie di esempi che certificano il fallimento negli ultimi anni delle già esigue iniziative di politiche a sostegno delle famiglie nel nostro paese, al di là degli slogan e delle campagne elettorali. Una contraddizione che emergerebbe dai tagli apportati dalla Regione Lombardia, quella governata dal leghista Maroni che ha fatto illuminare la sede del Pirellone con la scritta Family Day, ai fondi per le famiglie. La denuncia viene dal consigliere regionale del PD Gian Antonio Girelli, firmatario di una mozione che il Gruppo democratico ha presentato in Consiglio regionale, secondo cui il Fondo regionale a favore della famiglia e dei suoi componenti fragili, istituito con nel 2013, è passato da 330 milioni di euro a  50 milioni per il 2016. E ancora i fondi a sostegno della maternità sono passati dai 9 milioni del 2012 a 860mila euro del 2016; azzerato addirittura quello per il sostegno alle famiglie che assumono una badante.

Numeri che impressionano, che ci dicono come destra, sinistra, centro siano disattenti dinanzi alle grandi questioni connesse alla famiglia. Una distrazione che ci pone ancora una volta lontano dagli standard europei. E' tempo di far calare definitivamente il sipario sugli slogan e le manifestazioni di piazza, per lasciare finalmente spazio alle iniziative concrete a favore delle famiglie italiane, qualunque esse siano e da chiunque esse siano composte.


 


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