Riforma della scuola. Assunzioni senza posto di lavoro e supplenti senza stipendio. Questa la Buona Scuola?

di Matteo Lombardi 16/12/2015 POLITICA
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Anche se l’impatto mediatico voluto dal Governo Renzi è stato notevole per veicolare l’immagine di una riforma della scuola finalmente in linea con le urgenze e le necessità del comparto scuola di un paese moderno, la suddetta riforma, definita Buona Scuola, nella sue varie fasi di attuazione sta registrando notevoli difficoltà e incongruenze.

Prima di tutto gli assunti della fase B e della fase C non sono considerabili come assunti a pieno regime. Per il semplice motivo che allo stato attuale dell’organico, le loro assunzioni in base ai rispettivi indirizzi territoriali non sono compatibili con le esigenze già in atto da settembre. Così, soprattutto per quelli assunti tra novembre e dicembre, - fase c - i presidi si stanno chiedendo cosa fare con decine di docenti arrivati nelle scuole e già diventati “inutilizzabili”. Il cosiddetto organico di potenziamento che ciascun dirigente avrebbe dovuto gestire al meglio per migliorare appunto l’offerta scolastica del proprio istituto, si sta rivelando una brutta gatta da pelare. Come impegnare questi nuovi assunti, cosa fargli fare, come? Da rilevare che lo stesso Ministero dell’istruzione non ha per nulla tenuto in conto le indicazioni giunte dai vari istituti e provveditorati in merito all’utilizzo dell’organico di potenziamento. Ad esempio in molti istituti professionali sono arrivati docenti di materie non di indirizzo per quelle scuole, quindi del tutto inutilizzabili per eventuali supplenze o “affiancamenti” didattici.  Ecco che il cortocircuito è scoppiato in tempi rapidissimi. Così non è difficile, se ci trovassimo dentro ad uno qualsiasi dei 500 mila istituti scolastici, osservare frotte di insegnanti che non hanno letteralmente come trascorrere la loro giornata lavorativa.  

Proprio l’assegnazione delle supplenze è un altro punto controverso della riforma. La maggioranza dei docenti da poco assunti, sia nella fase B che nella C, ha potuto differire la presa di servizio al prossimo anno scolastico, conservando la supplenza annuale con la quale ha già iniziato il corrente anno oppure mantenendo, addirittura, un altro lavoro al di fuori dell’area scolastica.

 Ma la stessa legge 107 del 2015 dispone che il sostituto debba essere della stessa classe di concorso del professore assente. Dunque, se in una classe manca il professore di italiano o di matematica e ne arriva uno di diritto, è necessario che si rimuova l’errore.

Incongruenze che stanno mettendo a dura prova le capacità amministrative dei dirigenti e il già scarso livello di autostima di molti insegnanti ex precari sulla carta ma di fatto ancora tali.

Ma non si finisce qui, perché ci sono altri due nodi che stanno ingarbugliano lo svolgimento di questo anno scolastico. Il primo riguarda il sostegno. Se manca il titolare, la legge dice che il sostituto debba essere necessariamente specializzato, ossia in possesso di abilitazione specifica per l’insegnamento di sostegno, ma oramai quelli in possesso di tale titolo, che in grande prevalenza facevano parte della cosiddetta prima fascia, ossia delle graduatorie ad esaurimento, sono praticamente già tutti assunti. Quindi in molti casi soprattutto al nord le scuole stanno chimando docenti sul sostegno che non hanno la specifica abilitazione.

E, infine, la questione degli stipendi ai supplenti. Nonostante i proclami di Renzi e della Giannini, anche quest’anno scolastico è potuto partire grazie alla presenza di una "marea" di supplenti, senza abilitazione e appartenenti alla cosiddetta Terza Fascia, che come ogni anno accettano periodi di insegnamento più o meno lunghi ma necessari al regolare svolgimento delle lezioni. Da notare che quest’ultimi, se la Buona scuola farà il suo corso, saranno destinati letteralmente a sparire, in quanto impossibilitati al momento anche a partecipare ai concorsi previsti.

La più recente stima della Flc Cgil parla di 30 mila contratti di supplenza già avviati da settembre e di varia durata che al momento o non hanno ricevuto un centesimo dei loro stipendi o solo pochi spiccioli. Anche qui il caos è generato dal fatto che non possono essere gli organici di potenziamento a ripianare l’assenza dei titolari di cattedra. Se bisogna sostituire un professore di italiano per una settimana, non si può chiedere di farlo ad un insegnante di educazione fisica o a docenti di altre discipline pur presenti nell’organico a disposizione del dirigente. Ci vuole il supplente di italiano e si attinge perciò dalle liste e dalle graduatorie che l’istituto ha a disposizione, ossia si ricorre alla Terza fascia.

Dal Ministero rassicurano che entro dicembre la maggior parte delle buste paga dei supplenti verranno pagate, ma si intuisce che un insegnante che da settembre ha cominciato a lavorare senza ricevere una busta paga non può farlo di certo con animo sereno.

Anche qui, alcuni studi hanno calcolato in quasi 1 miliardo di euro la spesa annuale necessaria per coprire tutti i buchi d’organico che ogni anno si presentano nelle scuole di ogni ordine e grado della penisola. Una cifra che stride con gli annunci di qualche settimana fa del Governo a proposito della “futura e auspicabile fine della supplentite”. 


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