Partito Democratico. Il tentativo velleitario e inconcludente della sinistra interna di superare la crisi .

Ci sono voluti gli interventi di due autorevoli novantenni, Eugenio Scalfari, nel suo domenicale e Alfredo Reichlin, in occasione di un’assemblea a Roma convocata dall’ex capogruppo di Montecitorio Roberto Speranza, per spiegarci ancora una volta che la posizione della sinistra prima con il Pci, poi con il Pds e i Ds e ora con il Pd per i modi e i mezzi che utilizza e gli obiettivi che si propone di conseguire è stata e sarà sempre destinata a fallire, arrecando danni nello schieramento del centro sinistra e facilitando la rimonta del centro destra.
Basta ricordare per tutti Fausto Bertinotti che con Rifondazione è riuscito ad affondare per due volte il governo presieduto da Romano Prodi, l’unico che nel ventennio ha saputo battere Silvio Berlusconi. A Scalfari e Reichlin tutto si può dire tranne di essere renziani. Del premier e del segretario del Pd Reichlin arriva a dargli dell’ignorante che “non può asfaltare i valori del centro sinistra e se lo fa è uno stupido.
Al tempo stesso però ammonisce Speranza e Cuperlo di stare attenti a non diventare una setta come le altre. “Il problema non è Renzi ma il pensiero politico che non c’è. Ovvero “cosa c’è dietro di lui. Per tentare di capirlo consiglia le minoranze di parlare meno di Civati e di Fassina - che hanno abbandonato il Pd - e di soffermarsi di più a discutere delle forze produttive del paese”. Da parte sua Scalfari si limita a dire che “una destra decente non c’è e che la sinistra non c’è più. Ci sono gruppuscoli animati da buone intenzioni ma velleitari”. Se il “ Dubbio di Amleto”, che è il titolo del suo articolo, si riduce a questo, non si capisce come potrà la minoranza, quella che si richiama alla sinistra, a pretendere di introdurre elementi di sinistra nelle riforme che Renzi sostiene - quelle sì - di essere di sinistra in quanto compatibili con il vero cambiamento. E che altri governi precedenti al suo non ne hanno fatto nessuna degna di questo nome: la legge elettorale, la riforma del Senato, il Jobs Act, la riforma della scuola. La vera sinistra, o se volete la sinistra moderna, prosegue il fondatore di Repubblica, è liberal-democratica, vuole maggiore benessere per tutti ma eguaglianza nelle posizioni di partenza, come tante volte sostenne ai suoi tempi Luigi Einaudi.
Se il cambiamento non è questo, la sinistra continuerà a non esserci e noi resteremo l’unico Paese governato dal centro. Una considerazione giusta che fotografa bene l’attuale arcipelago della sinistra tutta tesa a ostacolare le riforme di Renzi, che si è ridotta a fare il verso a “Siryza” in Grecia e “Podemos” in Spagna. Ci sono altri esempi che potrebbero evidenziare più plasticamente lo stato di frammentazione in cui versa la sinistra a vocazione “antagonista”. Sergio Cofferati che se ne va dal Pd dopo aver perso le primarie in Liguria contribuendo a far vincere il centro destra dopo vent’anni.
Landini, il segretario della Fiom che vuole fare politica e creare un movimento che non vuole che si chiami partito, cui guarda con simpatia Stefano Rodotà, l’uomo di sinistra, a suo tempo appoggiato da 5Stelle, come possibile Presidente della Repubblica. Tutto questo in nome di una sinistra che non c’è o se c’è si unisce al coro di coloro che “si nutrono sempre più di scoramenti e di raccontare poco l’Italia che ce la sta facendo, un governo che sta attuando le riforme attese da decenni”. Questo passo è tratto da l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, che dopo un anno di silenzio, è tornata in edicola il 30 giugno scorso.
