Tótem - Il mio sole

Ritratto di una famiglia, riunita per un compleanno che sa di addio, vista attraverso gli occhi della piccola Sol.

di 14/03/2024 ARTE E SPETTACOLO
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La piccola Sol (Naíma Sentíes) e sua madre Lucia (Iazua Larios) mentre scherzano nel bagno. Poco dopo le due si mettono in auto, quando passano sotto un ponte giocano a trattenere il fiato per poi esprimere entrambe un desiderio.

La gioia si spegne ed il pensiero di Sol va subito a suo padre Tonatiuth (Mateo Garcia).

Sin dal suo incipit, Tótem, secondo lungometraggio di Lila Avilés, mostra le due emozioni entro le quali oscillerà; la gioia mescolata al dolore in un mix agrodolce in cui a predominare sarà comunque l’amore; sempre e nonostante tutto.

La regista messicana sceglie un’unità di luogo; la casa di famiglia dei protagonisti, e di tempo; il compleanno di Tonatiuth; per poi dipanare il suo racconto in mille rivoli diversi.

Al centro rimarrà sempre lo sguardo di Sol senza però che il personaggio predomini sugli altri in quello che è soprattutto un racconto corale.

Quello che si va a celebrare è palesemente un addio, lo sanno tutti i personaggi del film, ma la tristezza è sempre mitigata da piccoli momenti di gioia e dal calore che esprimono l’uno con gli altri tanto i parenti di Tonatiuth quanto i suoi amici.

Armata di telecamera a mano, di una fotografia che predilige i colori caldi e di una sceneggiatura di ferro Lila Avilés riesce incredibilmente a dare pari dignità a tutti i suoi personaggi e ne tratteggia egregiamente la psicologia con pochissimi tratti.

Alle volte bastano gli sguardi, come nel caso del padre di Tonatiuth che si aggira per la casa in preda allo smarrimento, all’impotenza e forse alla rabbia.

Il tutto è filtrato dallo sguardo tanto di Sol quanto della sua cuginetta.

Piccoli e grandi accadimenti si succedono; lo zio di Sol porta in dono alla nipote un pesce rosso mentre le due bambine giocano e bisticciano.

Una delle due sorelle; Nuria, procede ad un rituale di esorcismo mentre l’altra sorella, Alejandra, annega i dispiaceri nell’alcool e trova conforto e sostegno, in un rapporto meraviglioso e commovente, dalla figlia.

I momenti di noia seguono a quelli di preoccupazione per i soldi, le sorelle ed il fratello discutono ad un tavolo delle opzioni che rimangono per curare Tonatiuth mentre quest’ultimo è chiuso nelle sue stanza aiutato da Cruz.

Il Messico si affaccia alla porta sotto forma dei rituali di esorcismo e dei racconti antropologici degli amici di Tonatiuth e ne viene fuori un ritratto composito che mescola sentimenti diversi, passando dalla noia alla gioia, dalle preoccupazioni ai momenti di festa, dalle piccole incombenze quotidiane ai preparativi per la festa.

A sostenere la pellicola, oltre alle capacità narrative della regista, sono soprattutto i suoi interpreti capaci di dare profondità e spessore ai propri ruoli.

Su tutto predomina la piccola Naíma Sentíes, interprete di una performance straordinaria che nel finale ci regala due momenti indimenticabili.

Il primo è la sua divertentissima esibizione canora che porta alle lacrime Tonatiuth e la seconda è l’intensissimo primo piano che chiude la vicenda e che iresce a racchiudere, in pochi secondi, un intero mondo di emozioni che penetrano a fondo nello spettatore.

EMILIANO BAGLIO


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