KOSOVO. Serbi in rivolta, diplomazia al lavoro. Qualcuno soffia sul fuoco dei nazionalismi

di redazione 03/06/2023 ESTERI
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Situazione ancora difficile in Kosovo dove a nord del Paese anche oggi è alta la tensione interetnica: i serbi locali si sono radunati davanti ai municipi di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok per protestare contro l'elezione di nuovi sindaci di etnia albanese e per chiedere il ritiro dal nord delle unità di polizia kosovara.

Tuttavia la notte è trascorsa tranquilla con la polizia schierata all'interno degli edifici comunali, mentre all'esterno resta massiccio il presidio da parte delle truppe di Kfor, la missione nato in Kosovo. 

Dopo i violenti scontri del 29 maggio a Zvecan, le sedi municipali sono state isolate da barriere metalliche e recinzioni di filo spinato, sulle quali i serbi hanno posto numerose bandiere serbe. A Leposavic il nuovo sindaco Ljuljzim Hetemi, di etnia albanese, è da giorni all'interno del municipio dal quale non esce per motivi di sicurezza, e per evitare possibili nuove violenze da parte dei dimostranti serbi.

 

In tutto il nord a maggioranza serba le scuole restano chiuse, mentre per via delle proteste popolari sono inaccessibili i servizi comunali, con conseguenze che si fanno sempre più evidenti sul normale ritmo della vita pubblica e sociale. 

I militari Nato presidiano anche altre zone sensibili, comprese diverse strade di accesso ai comuni teatro delle manifestazioni, nelle quali si chiede anche il rilascio dei due serbi che restano in carcere dopo gli arresti seguiti ai disordini di Zvecan, il cui bilancio è stato di una trentina di soldati kfor feriti (11 italiani e 19 ungheresi) e una cinquantina di manifestanti. 

"La situazione è pericolosa. Le cose da fare sono due: i serbi tornino nelle istituzioni, il Kosovo proclami subito nuove elezioni", ha detto in un'intervista televisiva il premier albanese Edi Rama condividendo la posizione di tutti i leader dell'Ue e degli Stati Uniti a favore di nuove elezioni che possano calmare gli animi.

E' attesa lunedì la visita nella regione degli inviati speciali Ue e Usa Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar che si recheranno sia a Belgrado che a Pristina.

La diplomazia vuole disinnescare quello che si teme possa diventare un nuovo pericoloso conflitto nei Balcani dalle conseguenze imprevedibili. 



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