Moonfall
Torna il cinema di Roland Emmerich, a suo modo una garanzia.

Roland Emmerich ancora oggi a suo modo è una garanzia, vai a vedere un suo film e sai già cosa aspettarti.
Anche in quest’ultimo Moonfall si ritrovano tutte le costanti del suo cinema.
Certo dall’epoca dei grandi successi come Stargate o Indipendence day sono passati quasi trent’anni, il budget a disposizione non è certo quello di quegli anni ed oggi Emmerich appare quasi defilato rispetto a nomi più quotati ed è un regista che se non fa più incassi stellari ma che rappresenta comunque per le case di produzione un investimento tutto sommato sicuro.
La sua visione rispetto agli anni ’90 non è cambiata per nulla, Emmerich è rimasto saldamente ancorato a quella sua idea di cinema che oggi, probabilmente, al pubblico più giovane appare come anacronistica.
Nessuno fa più i kolossal ed i blockbuster così.
Stavolta il punto di partenza della vicenda è uno scostamento della luna dalla propria orbita con il risultato che il satellite comincia ad avvicinarsi pericolosamente alla Terra.
Ancora una volta abbiamo dunque a che fare con la fantascienza, terreno propizio per il nostro, con annessa la catastrofe condita con quel contorno ecologico già visto in The day after Tomorrow o 2012.
Non manca nulla al quadro nemmeno gli alieni; impossibile però dire di più di una trama che parte in un modo e poi improvvisamente prende vie insospettabili.
In questo quadro generale Emmerich mette gli elementi che gli sono cari.
Accanto alla vicenda principale ne costruisce un’altra secondaria che vede al centro, come sempre, un nucleo familiare (sebbene sui generis) con gli immancabili atti di eroismo da parte di comprimari che avranno così modo di riscattarsi.
Anche il terzetto degli eroi è quanto di più classico ci si possa aspettare.
Abbiamo l’astronauta Jocinda Fowler (Halle Berry), madre divorziata che dinnanzi alla catastrofe è costretta a chiedere aiuto all’ex collega Brian Harper (Patrick Wilson), anch’esso padre divorziato caduto in disgrazia ed ora dedito all’alcool.
Cliché si dirà, certo ma la cosa bella è che è una vita che Emmerich costruisce i suoi film attorno a questi cliché, a questo tipo di personaggi e ad una struttura classica della storia che vede, come già detto, la trama principale affiancata da una secondaria cosicché la grande tragedia, l’imminente catastrofe che sta per colpirci tutti abbia un suo corrispettivo in una vicenda più piccola che vede sempre coinvolti un gruppo eterogeneo di persone costrette ad affrontare il pericolo.
Non manca nemmeno il comprimario C. K. Houseman (John Bradley), un complottista che sembra anch’esso essere uscito direttamente dagli anni ’80.
Poi certo non tutto funziona come dovrebbe, la sceneggiatura alle volte è un po’ tirata via, si perde per strada alcuni personaggi, il doppio binario narrativo non sempre procede di pari passo.
Ma francamente a chi interessa quando sullo schermo hai una luna gigantesca che solleva mareggiate enormi, provoca piogge di meteoriti, altera la gravità portando distruzione ovunque ed addirittura sottrae tutto l’ossigeno all’atmosfera terreste?
Come detto all’inizio Emmerich è ancora oggi una garanzia, non riserva sorprese ma neanche delusioni ed ha una sua precisa visione che forse, nel frattempo, è stata superata.
Eppure, nel suo rimanere fedele a sé stesso noi abbiamo l’impressione che sia meglio di tanti altri nomi più osannati.
EMILIANO BAGLIO
