Guerra in Ucraina. Le diplomazie internazionali si muovono. Johnson "Piano globale per disinnescare Putin". Israele si propone come mediatore. Il premier Bennett a Mosca

di redazione 06/03/2022 ESTERI
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Boris Johnson ha un piano per fermare Putin, in sei punti,.

E' lo stesso primo ministro britannico a descriverne i dettagli in un intervento sul New York Times.

Ed è una chiamata all'azione per la comunità internazionale, esortatata a reagire alla "barbara e orribile" aggressione di Putin in Ucraina, perchè "non saranno gli storici ma il popolo ucraino a giudicarci".
Per mantenere quindi la pressone su Mosca, Johnson sostiene che i leader mondiali debbano mobilitare "una coalizione umanitaria internazionale" per l'Ucraina. Debbano sostenere Kiev "nei suoi sforzi di difesa". Bisogna inoltre, secondo Johnson, intensificare la pressione economica sulla Russia. Quindi la comunità internazionale deve resistere la "strisciante normalizzazione" delle sue azioni in Ucraina. Altro punto è la soluzione diplomatica alla guerra che, sostiene il premier britannico, va perseguita ma soltanto con la piena partecipazione del legittimo governo ucraino. Infine l'inquilino di Downing Street sostiene che debba essere avviata rapidamente una "campagna per rafforzare la sicurezza e la resilienza" tra i Paesi Nato.

Intanto sabato 5 marzo è avvenuto l’incontro a Mosca tra il primo ministro israeliano Naftali Bennett e Vladimir Putin. La visita si è svolta durante lo shabbat, il sabato ebraico in cui sarebbe vietato lavorare ma la religione lo consente in caso ciò serva a salvare vite umane.

La visita di Bennett a Mosca è stata coordinata in anticipo con gli Usa, la Francia e la Germania, tutti impegnati nei colloqui di Vienna sul nucleare. Anche la Turchia è stata aggiornata, in quanto il volo del premier ha attraversato il suo spazio aereo.

Bennett, dopo aver incontrato Putin, ha telefonato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky per aggiornarlo.

Durante il colloquio al Cremlino, il premier Bennet e il presidente Putin hanno discusso non solo di Ucraina, ma anche dello stato dei negoziati di Vienna per il ripristino dell'Accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa). Tema da sempre molto a cuore al governo israeliano. Bennett ha ribadito la sua ferma opposizione al ritorno all'accordo del 2015, che è al centro dei lunghi negoziati nella capitale austriaca e che sembrerebbero entrati nella fase finale.

Pochissime le comunicazioni da parte russa: “Stanno discutendo la situazione sull'Ucraina" si è limitato a dire il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

I media israeliani informano che Bennett ha anche telefonato anche al presidente francese Emmanuel Macron per aggiornarlo del contenuto dei suoi colloqui col presidente Vladimir Putin.

Bennett è successivamente volato a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il ruolo nella mediazione

La mossa del premier israeliano arriva in un momento in cui la diplomazia americana ed europea sembra incapace di trovare una exit strategy dopo che tutti i Paesi occidentali, anche se con intensità distinte, si sono schierati compatti a sostegno di Kiev, fornendo assistenza economica, militare e imponendo sanzioni economiche contro la Russia. Pur non appartenendo né alla Ue né alla Nato, anche Israele è a tutti gli effetti considerata una nazione dello schieramento occidentale, soprattutto come alleato di punta degli Usa.

Per questo finora il suo approccio di cauta condanna verso la Russia, glissando sulle sanzioni a Mosca e negando il trasferimento di armi a Kiev, ha suscitato malumori e perplessità sulle due sponde dell'Atlantico e in Ucraina. Ma Israele è anche l'unico Paese occidentale che può vantare relazioni privilegiate sia con la Russia (per ragioni storiche, di immigrazione e del ruolo di Mosca come power broker in Medio Oriente) che con l'Ucraina (dove vive una comunità di circa 50.000 ebrei, tra cui lo stesso presidente Volodymyr Zelensky). Per questo ha cercato di mantenere un canale aperto con entrambe le parti. Secondo la ricostruzione del giornalista Barak Ravid, Bennett avrebbe già proposto il suo ruolo di mediatore a Putin nel loro primo incontro a Sochi lo scorso ottobre ma lo 'zar' avrebbe rifiutato. Ora però il quadro è cambiato e nessun Paese sembra più equidistante di Israele. Secondo alcuni media, sarebbe stata Kiev a chiedere un maggiore ruolo israeliano come intermediario.

DIPLOMAZIA USA

 

Nei giorni scorsi il vice segretario di Stato americano Wendy Sherman è impegnata in una serie di visite ufficiali che la porteranno in Turchia, Spagna, Marocco, Algeria ed Egitto. Un viaggio di una settimana, reso urgente e necessario dagli sviluppi della situazione in Ucraina, che costituisce il principale tema in agenda soprattutto degli incontri previsti ad Ankara e Madrid.

A renderlo noto lo stesso Dipartimento di Stato, che annunciando l'incontro di Sherman con il collega turco Sedat Onal, fa sapere che sul tavolo ci saranno la "premeditata, ingiustificata, immotivata, invasione dell'Ucraina" e gli "interessi comuni di Turchia e Stati Uniti nel sostenere l'Ucraina".

Un incontro che arriva a poche ore da una telefonata del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu con il collega americano Anthony Blinken. La Turchia è stato forse il Paese più attivo nella ricerca di una mediazione che evitasse l'attacco russo. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha visitato il collega ucraino Volodimir Zelensky lo scorso 3 febbraio e ribadito piu' volte il sostegno della Turchia all'integrità territoriale e alla sovranità dell'Ucraina. 

Erdogan ha ripetutamente invitato il presidente russo Vladimir Putin a Istanbul per un faccia a faccia con Zelensky. Idea naufragata a causa del diniego di Mosca. A conflitto iniziato l'Ucraina ha chiesto alla Turchia di chiudere il passaggio degli stretti del Bosforo e Dardanelli al passaggio di navi da guerra russe, in base a quanto stabilito dal trattato di Montreux del 1936, che riconosce ad Ankara questa facoltà.

Facoltà di cui Ankara si è avvalsa, permettendo solo il passaggio di navi militari registrate presso i porti del Mar Nero (come stabilito dal trattato), solo una da quando è iniziato il conflitto e negando il nulla osta a 3 navi dirette verso le basi navali russe.

Una decisione sicuramente dura dal punto di vista politico e non militare, considerando che navi e sottomarini russi erano passati nelle settimane precedenti il conflitto. Nelle stesse ore la Turchia si è astenuta dalle sanzioni decise dal Consiglio d'Europa nei confronti di Mosca e non ha chiuso lo spazio aereo alla Russia, due decisioni su cui pesa anche l'importanza del turismo russo per l'economia turca (5-6 milioni di russi visitano la Turchia ogni anno).

Sul no alle sanzioni è intervenuto Cavusoglu, che le ha definite 'inutili e controproducenti ai fini del dialogo'. Proprio il dialogo è la strada su cui Erdogan continua a insistere, il presidente turco e' da giorni impegnato in una fitta serie di scambi diplomatici e insiste per parlare e possibilmente vedere Putin.

Sempre in questi giorni il presidente turco non ha perso occasione per una sferzata all'Ue, che ha aperto all'integrazione dell'Ucraina dopo il discorso di Zelensky al Parlamento Europeo. "Li hanno tenuti in attesa per anni e ora si ricordano dell'Ucraina, forse aspettano che qualcuno invada la Turchia per farci entrare in Europa", ha dichiarato Erdogan.

In questo clima di equilibrismo politico tra Nato e Russia, Zelensky e Putin, giunge la visita di Sherman in Turchia. Dopo l'annuncio dell'intesa su corridoi umanitari e i rinnovati appelli allo stop all'invasione nuovi spiragli potrebbero aprirsi per dei negoziati in cui Ankara è decisa a fare la propria parte, alla luce del fatto che la crisi economica in corso nel Paese non potrà non aggravarsi con il passare dei giorni di una guerra che vede coinvolti due tra i più importanti partner commerciali della Turchia.


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