Fare il giornalista diventa sempre più rischioso. Più 18% i giornalisti uccisi, metà in paesi democratici e senza conflitti

di redazione 03/11/2019 CULTURA E SOCIETÀ
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Sono aumentati del 18 per cento i giornalisti uccisi nel mondo nel quinquennio 2014-2018 rispetto ai cinque anni precedenti, e il 55% degli omicidi ha avuto luogo in Paesi in pace.

Quasi il 90% dei responsabili delle uccisioni dei 1.109 giornalisti assassinati nel mondo tra il 2006 e il 2018 non è stato punito. E' quanto rileva un rapporto dell'Unesco pubblicato in occasione della quinta edizione della Giornata internazionale per porre fine all'impunità per i crimini contro i giornalisti, che si celebra il 2 novembre.

Nel 2018, 94 giornalisti e personale dei media sono stati uccisi in incidenti sul lavoro, centinaia sono stati sottoposti ad arresto o detenzione arbitrari senza essere mai stati processati in tribunale, scrive Mogherini in una dichiarazione ripresa dal Sir, puntando il dito sui governi che “non riescono a proteggere i giornalisti, esitano a perseguire i perpetratori o sono addirittura essi stessi i perpetratori”. L’impunità “moltiplica il loro impatto ed erode le società democratiche alimentando la paura, la sfiducia e l’ansia”, sottolinea l’Alto rappresentante. Il ricordo va al saudita Jamal Khashoggi - per il cui omicidio sono state chieste 5 condanne a morte - e alla maltese Daphne Caruana Galizia - giornalista e blogger maltese impegnata in numerose inchieste e attiva contro la corruzione, assassinata in un attentato dinamitardo a Malta - con una osservazione: “nessuna regione del mondo è immune da tali crimini”. Mogherini ricorda anche l’impegno dell’Ue in questa battaglia, tra cui il supporto e l’assistenza legale attraverso il meccanismo dei difensori dei diritti umani, compresi i giornalisti; il Centro europeo per la libertà di stampa e dei media (Ecpmf) e il suo monitoraggio del pluralismo dei media e le sue minacce. L'ultima vittima solo pochi giorni fa. Lo scorso 13 ottobre, in un raid dell'aviazione turca in Siria sarebbe stato colpito il giornalista curdo Saad Al-Ahmad. A darne notizia, l'emittente Hawar News, che ha fornito i dettagli dell'incidente: il reporter si trovava su un convoglio non troppo distante dal fronte dell'offensiva turca. Anche altri corrispondenti sarebbero stati colpiti, stando a quanto riferito in un tweet dalla giornalista di France Télévision, Stephanie Perez, ma i loro nomi non sono stati diffusi.

Stando ai dati Unesco negli ultimi 12 anni, quindi dal 2006 al 2018, sono 1.109 i reporter uccisi per aver denunciato e raccontato storie di corruzione, crimine e politica. Il 90 per cento dei casi resta impunito. La pubblicazione rileva anche un aumento del 18% delle uccisioni di giornalisti negli ultimi cinque anni (2014-2018) rispetto al quinquennio precedente. I Paesi arabi costituiscono la parte più letale del mondo per i giornalisti con il 30% delle uccisioni globali, seguiti dall'America Latina e dalla regione dei Caraibi (26%), poi dagli Stati dell'Asia e del Pacifico (24%). Il rapporto inoltre mostra che negli ultimi due anni il 55% delle uccisioni di giornalisti è avvenuto in zone non conflittuali: i giornalisti cioè non hanno perso la vita sotto le bombe o raggiunti da armi da fuoco mentre svolgevano il loro servizio come inviati, ma mentre erano impegnati nel loro Paese a rivelare scandali, verità nascoste, notizie sgradite ai potenti, ai criminali, ai corrotti e a quanti fanno affari con l’illegalità.  L’Unesco ha finora registrato nel 2019 una diminuzione delle uccisioni, 43 rispetto ai 90 uccisi al 30 ottobre 2018, e un lieve aumento del numero di casi risolti ma nulla di significativo. ''Quando i giornalisti sono presi di mira, la società nel suo complesso paga il prezzo'' ha dichiarato il Segretario Generale dell'Onu, Antonio Guterres. "Se non riusciamo a proteggerli - ha aggiunto - sarà estremamente difficile per noi rimanere informati e contribuire al processo decisionale. Se i giornalisti non riescono a fare il loro lavoro in sicurezza, il mondo di domani sarà segnato da confusione e disinformazione".

Queste stime non includono i ben più numerosi giornalisti che ogni giorno subiscono attacchi non mortali come torture, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, intimidazioni e molestie, sia nelle situazioni di conflitto che in quelle di pace.  Esistono, inoltre, rischi specifici per le giornaliste donne, tra cui le aggressioni sessuali. Senza parlare delle nuove minacce legate alle trasformazioni tecnologiche che costringono i reporter a vivere nella paura. Riccardo Noury, portavoce di Amensty International Italia, insiste sulla necessità di indagare, coinvolgendo i vari organismi degli stati nella tutela e nella difesa di chi ha il coraggio di parlare al posto nostro.

Il dato significativo, emerso dal Rapporto Unesco, è che molti, la maggior parte – quindi il 70% dei giornalisti uccisi – non muore sotto le bombe delle guerre, in contesti come la Siria, per esempio, ma muore per inchieste, per denuncia di verità scomode. 

L'indagine segnala che i Paesi con il più alto tasso di vittime tra i giornalisti sono gli Stati Arabi, seguiti da America Latina, Caraibi e Asia, e che a essere presi di mira sono sempre più spesso i giornalisti che si occupano di fatti politici, criminalità e corruzione. ''Quando i giornalisti sono presi di mira, la società nel suo complesso paga il prezzo'' ha dichiarato il Segretario Generale dell'Onu, Antonio Guterres.


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