Processo Cucci. Il Pm "Opera scientifica di depistaggio sulla morte di Stefano"
Nell'aula bunker di Rebibbia la requisitoria del pm Giovanni Musarò al processo sulla morte del giovane romano Stefano Cucchi che vede imputati tre carabinieri per omicidio preterintenzionale.
In aula c'è anche il procuratore di Roma facente funzioni, Michele Prestipino.
"È già stato celebrato un processo nell'ambito del quale sono state pronunciate sentenze definitive che hanno poi visto imputati diversi, come gli agenti della polizia penitenziaria, poi i medici e i paramedici. È stato un processo kafkiano per l'individuazione dei responsabili del pestaggio: non è nella fisiologia di un processo che gli imputati siedano sul banco dei testimoni ed i testimoni al posto degli imputati".
Lo ha detto nella sua requisitoria il pm Giovanni Musarò, al processo sulla morte di Stefano Cucchi, che vede imputati tre carabinieri per omicidio preterintenzionale. "Non possiamo fare finta che non sia successo niente, di non sapere e di non capire che quel processo kafkiano è stato frutto di un depistaggio", ha aggiunto.
Sono cinque i militari alla sbarra nel procedimento bis: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco, che nel corso del procedimento ha accusato i due colleghi del pestaggio ai danni del geometra romano, risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto e calunnia insieme al maresciallo Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso.
"Non possiamo fare finta che quella notte non sia successo niente e non capire che si stava giocando una partita truccata all'insaputa di tutti, ha aggiunto il magistrato. In aula anche il procuratore vicario di Roma, Michele Prestipino, oltre a Musarò, pm titolare del procedimento, a rappresentare l'ufficio della pubblica accusa. "Stefano Cucchi non è caduto accidentalmente, è stato pestato", ha detto Musarò. "Non è semplice sintetizzare due anni di un processo così complicato, dopo la morte di Stefano Cucchi è iniziata una seconda storia, nel frattempo ci sono stati altri processi con imputati diversi, per il pestaggio furono accusati prima tre agenti della penitenziaria e poi i medici dell'ospedale Pertini".
Quando venne arrestato, Stefano Cucchi pesava 43 kg. Ne pesava 37 quando morì. "Questo notevole calo ponderale - ha spiegato il pm Giovanni Musarò - è riconducibile al trauma dovuto al violento pestaggio, non certo a una caduta come si disse all'epoca. Lui perse 6 kg in 6 giorni. Non mangiava perchè aveva dolore, stava male. E per il dolore non riusciva neppure a parlare bene". Il pm indica tra i testimoni Luigi Lainà, un detenuto alle prese con varie varie patologie, che la sera del 16 ottobre 2009, incrociò Cucchi al centro clinico del carcere di Regina Coeli: "Stava proprio acciaccato de brutto - disse Lainà al pm cinque anni dopo con la riapertura dell'inchiesta -, era gonfio come una zampogna sulla parte destra del volto. Anche io sono stato massacrato, ma massacrato a quel livello come Cucchi no. A ridurlo così dovrebbe essere stato un folle o più folli senza scrupoli". Dichiarazioni poi ribadite da Lainà nel marzo del 2018 nel processo bis in corte d'assise.
"Gli ho chiesto di alzarmi la maglietta. E lui mi ha mostrato la schiena: era uno scheletro, sembrava un cane bastonato, roba che neanche ad Auschwitz", continua Musarò citando Lainà. "Aveva il costato di colore verdognolo-giallo, come quello di una melanzana - era stato il ricordo di Lainà -. Gli ho chiesto se a ridurlo così fosse stato qualcuno della penitenziaria... ero pronto a fare un casino... e invece lui rispose che erano stati i carabinieri che lo avevano arrestato... 'Si sono divertiti', mi aggiunse".