Cinema d'estate. Codice criminale e Le Ardenne. Due storie, diverse, per raccontare l'impossibilità di sfuggire al proprio destino e al peso dei legami familiari.

di Emiliano Baglio 08/07/2017 ARTE E SPETTACOLO
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Una volta l’estate era il periodo in cui nei cinema al massimo venivano distribuiti fondi di magazzino o horror di quarta categoria. Quest’anno invece le sale italiane finalmente offrono allo spettatore titoli interessanti. Forse per caso o forse perché ancora le strategie distributive devono essere ulteriormente affinate fatto sta che praticamente in contemporanea sono usciti due titoli, diversissimi tra loro ma accomunati dal tema di fondo.

Codice criminale e Le Ardenne sono infatti entrambe pellicole (ed opere prime) che trattano di criminali, del loro desiderio di riscattarsi e cambiare vita e dell’impossibilità di sfuggire ad un destino già scritto soprattutto a causa dei vincoli di parentela.

In Codice criminale di Adam Smith al centro della vicenda c’è Chad (Michael Fassbender), un piccolo criminale che vive sperduto nelle campagne inglesi in una sorta di comune fatta di camper scassati dominata dall’imponente figura di suo padre Colby (interpretato da un gigantesco Brendan Gleeson).

Da tutta la vita Chad subisce le decisioni del padre che lo ha cresciuto secondo le sue convinzioni (la terra è piatta e non possiamo discendere dai pesci) e nell’ignoranza tanto che Chad è completamente analfabeta.

Ora però Chad ha una moglie, Kelly (Lyndsey Marshal) e soprattutto due figli per i quali sogna un futuro lontano dal crimine, da quel padre ingombrante che esercita un fascino pericoloso anche sul nipote e dai pazzi squilibrati che vivono in questa sorta di corte dei miracoli.

Proprio il rapporto con il padre è l’ostacolo maggiore ai suoi sogni. Chad è completamente succube di lui e forse anche troppo abituato ai furti spericolati e alle fughe in auto per riuscire a spezzare un legame che sembra destinato a ripetersi con le stesse dinamiche anche con i suoi figli.

Adam Smith mette in scena questo conflitto pescando a piene mani dal cinema inglese di Ken Loach e del primo Stephen Frears, ed è bravissimo nel raccontare con realismo e crudezza le vite sbandate di personaggi che vivono di espedienti ai margini della civiltà in ambienti degradati e putridi, sostituendo le periferie urbane con i paesaggi rurali. Storditi dalla musica elettronica dei Chemical Brothers che accompagnano egregiamente le immagini i personaggi di Smith appaiono totalmente incapaci di comunicare tra di loro, chiusi in un vicolo cieco che ha come unica via di uscita la criminalità e la violenza. Oltre alla capacità di tratteggiare egregiamente i suoi protagonisti, aiutato da due attori perfetti ciò che però contraddistingue Codice criminale è la bravura di Smith nelle sequenze d’azione. Il suo film ci regala alcune delle corse in macchina più belle degli ultimi anni, dalla sequenza d’apertura con i nostri eroi che inseguono una lepre sino agli inseguimenti notturni per sfuggire alla polizia senza dimenticare la caccia all’uomo nella parte centrale del film.

 Anche Le Ardenne, opera prima del belga Robin Pront, vede al centro della storia un conflitto familiare.

In pochissimi minuti il regista ci racconta l’antefatto della storia, Kenneth (Kevin Janssens) e Dave (Jeroen Perceval) sono due fratelli che hanno compiuto una rapina per la quale ha pagato solo Kenneth che ora, dopo quattro anni di galera, sta per uscire. Quello che non sa è che nel frattempo la sua ex fidanzata Sylvie (Veerle Baetens) si è innamorata del fratello dal quale aspetta anche un figlio. La vita è andata avanti per tutti tranne che per lui, la ragazza ha smesso di drogarsi ed il fratello sta cercando di mettere su famiglia con un lavoro umile ma onesto.

 Come per Codice criminale anche ne Le Ardenne i protagonisti sono vittime di un destino immutabile e di conflitti familiari mai superati. L’incomunicabilità tra i personaggi regna sovrana in entrambe le pellicole, Dave non riesce a dire la verità al fratello ed entrambi appaiono vittime di un rapporto di amore/odio reso ancora più problematico dalla totale assenza di una figura paterna.

Nonostante il tema di fondo sia lo stesso le differenze tra i due film sono assai profonde.

In Codice criminale viene messo in scena un mondo di criminali che vive come in una comune al di fuori della legge e che si contrappone ad essa con uno spirito fiero ed in fondo libertario ed anarchico nonostante tutti siano vittime della figura di un padre padrone.

L’ambientazione rurale non solo sottolinea la distanza tra il mondo dei fuorilegge e quello dell’ordine costituito con le sue istituzioni (polizia e scuola) ma serve anche al regista come contesto nel quale ambientare le magnifiche scene di azione.

Ne Le Ardenne a dominare sono invece i paesaggi grigi ed opprimenti di Anversa, lo spazio ed i paesaggi appaiono opprimenti e non offrono nessuna possibilità di fuga ai protagonisti della vicenda.

Il mondo con il quale si ritrova a fare i conti Kenneth è una realtà che non vuole avere nulla a che fare con questi derelitti e che nella quale tutte le porte sono sbarrate.

Robin Pront costruisce un film asfissiante nel quale ogni singola sequenza gronda di violenza repressa, i primi piani su Dave sono altrettanti momenti in cui ci si aspetta da un momento all’altro che il personaggio esploda con una violenza indicibile. Come spettatori siamo lanciati in un mondo opprimente in cui nessuno si parla, vittime di un disagio palpabile e malato.

L’unica via di fuga sembra essere quella di rifugiarsi nei ricordi di un’infanzia lontana e spensierata incarnati appunto dalle Ardenne del titolo che sono il luogo dove i due fratelli andavano da bambini.

Di quel luogo mitico ovviamente nel presente non è rimasto nulla e per una feroce legge del contrappasso sarà proprio tra quei boschi che si consumerà lo scontro finale tra i protagonisti. Incatenati dai loro stessi errori e dalla loro incapacità a comunicare Kenneth e Dave corrono tra mille errori e verità taciute verso il loro inevitabile destino che si consumerà tra squallide roulotte in un paesaggio innevato che non ha nulla di fiabesco ma che appare invece sporco e malato tanto quanto la loro vita priva di qualsiasi possibilità di cambiamento e redenzione.

Le Ardenne è un film potentissimo capace di improvvisi squarci surreali in cui ritroviamo echi della pittura fiamminga (il fumoso pub che ricorda molto le ambientazioni di Calcaire del belga Du Welz) e tocchi di humor nero che spiazzano lo spettatore (l’assurda sequenza degli struzzi).

 E se Codice criminale fa intuire che il futuro è già scritto per tutti, bambini compresi, ma è comunque capace di costruire un finale che offre un barlume di speranza, anche col rischio di rovinare l’atmosfera creata, Le Ardenne non offre mai il benché minimo spiraglio e ci tiene prigionieri sino alla fine in un mondo in cui ci sembra che manchi addirittura l’aria.


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