Lavoro. In Italia i giovani diventano autonomi a quarant'anni. Saltata la solidarietà tra le generazioni

di redazione 22/03/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Per diventare autonomi i giovani italiani ci mettono sempre di più. "Se un giovane di vent'anni nel 2004 aveva impiegato 10 anni per costruirsi una vita autonoma, nel 2020 ne impiegherà 18 (arrivando quindi a 38 anni), e nel 2030 addirittura 28: diventerebbe, in sostanza, 'grande' a cinquant'anni".

Lo si legge in uno studio della Fondazione Visentini presentato oggi alla Luiss.

Lo studio contiene inoltre la proposta che, per fronteggiare l'emergenza generazionale e ridurre la forbice tra giovani e anziani, "serve una rimodulazione dell'imposizione che, con funzione redistributiva, tenga conto della maturità fiscale". Secondo la ricerca sarebbe necessario anche un "contributo solidaristico da parte della generazione più matura che gode delle pensioni più generose", questo - aggiunge lo studio - sarebbe "doveroso, non solo sotto il profilo etico, ma anche sotto quello sociale ed economico".

Nello studio si evidenzia che l'Italia "è penultima in Europa per equità intergenerazionale facendo meglio solo della Grecia". Inoltre, "sarebbe necessario un patto tra generazioni con un contributo da parte dei pensionati nella parte apicale delle fasce pensionistiche con un intervento progressivo sia rispetto alla capacità contributiva, sia ai contributi versati", si legge. 

Italia al penultimo posto per equità intergenerazionale. Nella ricerca presentata oggi alla Luiss si evidenzia anche che l'Italia "è penultima in Europa per equità intergenerazionale facendo meglio solo della Grecia". Per fare fronte a questo problema, "sarebbe necessario un patto tra generazioni con un contributo da parte dei pensionati nella parte apicale delle fasce pensionistiche con un intervento progressivo sia rispetto alla capacità contributiva, sia ai contributi versati", si legge nello studio.

Dunque "serve una rimodulazione dell'imposizione che, con funzione redistributiva, tenga conto della maturità fiscale", propone lo studio, secondo la quale sarebbe necessario anche un "contributo solidaristico da parte della generazione più matura che gode delle pensioni più generose", questo - aggiunge lo studio - sarebbe "doveroso, non solo sotto il profilo etico, ma anche sotto quello sociale ed economico".

Giovani senza studio né lavoro costano 32 miliardi. Un ulteriore allarme è quello che riguarda il peso dei giovani tra i 15 e i 29 anni senza occupazione (Neet) sull'economia. Stando ai dati della ricerca, l'incidenza dei ragazzi che non studiano, né lavorano, né sono impiegati in forme di apprendistato professionale è salito a 32,65 miliardi, contro i 23,8 miliardi del 2008, anche se la cifra è inferiore ai 34,6 miliardi del 2014.

In Italia, il Paese che paga il prezzo più elevato, a pesare è soprattutto il costo delle risorse 'non sfruttate' e non tanto le spese sostenute dallo Stato. Secondo il rapporto, circa il 2,3% del Pil nazionale è impiegato annualmente a mantenere il costo sociale ed economico dei Neet.


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