Demolition, il nuovo lavoro di Jean-Marc Vallée. Come demolire e ricostruire (meglio) la propria vita

di Emiliano Baglio 23/09/2016 ARTE E SPETTACOLO
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Il nuovo film di Jean-Marc Vallée (già autore di pellicole quali C.R.A.Z.Y., Dallas buyer club e Wild) sembra quasi rappresentare una sfida, prendere un materiale abusato e cercare di fare un’opera che non cada nei luoghi comuni.

La trama di Demolition infatti è, apparentemente, tra le più trite e ritrite che si possano immaginare; un uomo rimane vedovo, scopre il senso della vita e conosce una nuova donna.

Il rischio di essere banali è quindi dietro l’angolo così come quello di dar vita ad una vicenda della quale lo spettatore possa immaginare facilmente svolgimento e finale.

Tuttavia Vallée è stato capace di evitare quasi completamente queste trappole.

Merito innanzitutto di alcune idee che sparge durante il film.

La principale riguarda l’elaborazione del lutto compiuta dal protagonista della storia Davis (Jake Gyllenhall) il quale, dinnanzi alla perdita della moglie, appare incapace di provare sentimenti.

Improvvisamente Davis si rende conto di non aver mai conosciuto la sua sposa, di non averla forse mai amata e sicuramente, come gli rimproverava la donna, di essere sempre stato superficiale.

Come reazione inizia a scrivere lettere di reclamo ad una compagnia di distributori automatici di merendine ed attraverso queste lettere mette a nudo la sua vita, racconta la sua storia d’amore e rivela i suoi sentimenti.

Questo stratagemma narrativo infonde all’intero film un tono lieve e a tratti persino divertente.

Inoltre, consapevole di aver sempre vissuto la propria vita da spettatore, il nostro protagonista sviluppa un’ossessione nei confronti del funzionamento delle cose che lo circondano e comincia a smontarle pezzo a pezzo sino a che questa sua mania non sfocia nella furia distruttrice che da il titolo al film, a questo punto l’uomo decide di passare direttamente alla demolizione degli appartamenti (compreso il suo).

In questo suo percorso incontra Karen (Naomi Watts), responsabile del servizio clienti della suddetta compagnia di distributori automatici, la quale rimane colpita dalle lettere di quello strano cliente al punto di contattarlo.

Il successivo passo obbligatorio sarebbe quello di far nascere l’amore tra i due.

Fortunatamente il regista evita di scadere nel banale, tra i due nasce solo una profonda amicizia e sta a noi, alla fine, decidere se il rapporto cambierà oppure no.

A salvare ulteriormente il film provvedono proprio i caratteri dei vari personaggi che lo abitano.

Non parliamo tanto di Karen, dipinta come un’accanita consumatrice di marijuana “terapeutica”, quanto del suo figlio adolescente Chris (Judah Lewis).

È proprio in questa figura che Vallée dà il meglio di sé recuperando le tematiche ed i toni che caratterizzavano C.R.A.Z.Y.

Anche Chris, come il ragazzo protagonista di quel film, è un adolescente ossessionato dal glam rock (la sua stanza è tappezzata di foto di David Bowie) e spaventato dalla scoperta della propria omosessualità.

La descrizione del ragazzo, la bravura del suo interprete, ed il rapporto che si instaura con Davis sono uno dei punti di maggior forza del film, grazie ad una serie di indimenticabili duetti tra i due conditi da dialoghi brillanti e mai banali.

Ci sono infine altre due qualità che salvano Demolition.

La prima è Jake Gyllenhall che, come spesso accade, prende su di sé l’intero film e ci regala l’ennesima prova straordinaria.

La seconda è la capacità da parte di Jean-Marc Vallée di scrivere sequenze in cui immagini e colonna sonora si fondono alla perfezione.

L’esempio perfetto di questa capacità nel girare quelle che chiameremmo sequenze musicali è la passeggiata/ballo di Jake Gyllenhall al ritmo di Mr. Big dei Free.

Probabilmente Demolition non finirà negli annali del cinema e neanche rappresenta uno dei titoli migliori della filmografia di Vallée ma dimostra che è possibile prendere trame abusate e girare film gradevoli per il grande pubblico, intrattenendo con leggerezza ed intelligenza senza cadere nella retorica.



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