A Bologna sperimentata cura per ridurre le complicanze post trapianto del midollo osseo

di redazione Euroroma 09/01/2016 SCIENZA E TECNOLOGIA
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Le complicanze post trapianto sono uno degli ambiti su cui da tempo i ricercatori concentrano i loro sforzi per rendere sempre più sicure le fasi post operatorie. Tra le più pericolose quelle legate ai trapianti di cellule staminali nel pazienti malati di leucemia. Grazie al lavoro e alla scoperta di un gruppo di ricercatori, Francesca Bonifazi, Nicolaus Kroger di Amburgo e Carlos Solano di Valencia, si è riusciti in fase sperimentale a far diminuire l’incidenza di complicanze potenzialmente mortali dal 68,7% al 32,2%

 Lo studio, pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine, rappresenta una speranza concreta per i malati di leucemia, che rischiano la vita a causa della cosiddetta “malattia dell'ospite”, la più pericolosa fra le complicanze che possono ingenerarsi nelle fasi successive al trapianto di midollo osseo. La complicanza sorge quando, molto spesso purtroppo fino ad oggi, nel paziente viene trasferito per via endovenosa anche il sistema immunitario del donatore, i suoi linfociti. Il paradosso è che questi linfociti da un lato combattono la leucemia del paziente, dall’altro rischiano di attaccare i suoi organi scatenando una serie di effetti a catena che possono portare anche alla morte del trapiantato.

La ricerca si è basata sulla possibilità di aggiungere un siero contro i linfociti (globulina anti linfocitaria, Atg) per ridurre significativamente l’eventualità dell’insorgenza della cosiddetta malattia dell’ospite, senza pregiudicare l’efficacia del trapianto. Il protocollo messo in atto dalla Bonifazi e dai suoi colleghi prevede che durante il ciclo di chemioterapia che precede il trapianto viene iniettato nel paziente un siero. In breve e semplificando: un farmaco che “stordisce” i linfociti del donatore. In questo modo si ottengono due risultati: i linfociti del donatore combattono lo stesso la leucemia ma non attaccano gli organi sani del paziente.

Nello studio 161 pazienti affetti da leucemia acuta sono stati divisi in due gruppi: uno è stato sottoposto a un regime standard, mentre l'altro ha ricevuto l'aggiunta di Atg. Il trattamento è stato effettuato prima del trapianto da cellule staminali emopoietiche di un fratello HLA identico (cioè con la massima compatibilità). Dopo 24 mesi di osservazione l'incidenza della “malattia dell'ospite” cronica è stata del 68,7% nel braccio di controllo, del 32,2% in quello sperimentale

In questo modo si ottengono due risultati - ha spiegato la Bonifazi, trapiantologa al Policlinico Sant'Orsola di Bologna - che i linfociti combattono lo stesso la leucemia ma non attaccano gli organi sani”.

 

 

 


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