La scuola torna in piazza. Sciopero dei sindacati di base contro la Riforma della Buona Scuola

di M.L. 12/11/2015 POLITICA
img

GENTILE Professoressa, gentile Professore, La ringrazio per aver accettato la proposta che il Ministero Le ha formulato ieri. Benvenuta nella comunità delle donne e degli uomini che lavorano a tempo indeterminato per lo Stato. Le faccio i migliori auguri, a nome mio personale e a nome di tutto il Governo.

Questo le prima parole con le quali il premier Renzi saluta gli ultimi assunti della Riforma Buona scuola, nella lettera inviata a migliaia di docenti che hanno ricevuto in questi giorni la proposta di assunzione. Parole che evidentemente a poco servono per attenuare le critiche e la contrarietà di larga parte del mondo della scuola che torna in piazza per manifestare contro la Riforma.

Venerdì 13 novembre  la scuola di nuovo in agitazione con cortei e manifestazioni in tutta Italia. L’agitazione si svolge non casualmente in concomitanza con l’entrata a regime della Fase C della Buona scuola che ha visto l’assunzione di quasi cinquantamila docenti provenienti dalla Prima fascia, ossia da quegli insegnanti abilitati che da anni erano nelle cosiddette graduatorie a esaurimento. A Roma il corteo parte da Piazza della Repubblica, mentre presidi di docenti saranno presenti in Viale Trastevere dinanzi al Ministero della pubblica istruzione e in via Ostiense.

Dai decreti Carrozzagoverno Letta, a questi ultimi della Buona scuola, quasi 150 mila docenti sono passati dagli incarichi annuali ad avere un contratto a tempo indeterminato. Detto così sembrerebbe dunque tutto filare per il verso giusto per la scuola pubblica dopo anni di tagli e ridimensionamenti, clamoroso quello intervenuto tra il 2008-2010, dall’allora ministro Gelmini.

Ma non è così, perché la questione scuola pubblica è molto più complessa. Primo perché le problematiche non si esauriscono semplicemente assumendo, provvedimenti questi oltretutto necessari e non più rinviabili visto che da anni l’Italia è sotto osservazione da parte della Commissione europea in tema di turn over del pubblico impiego, a proposito della esponenziale proliferazione dei contratti a tempo determinato o addirittura a progetto, ora non più legali. Secondo perché da queste assunzioni rimangono fuori migliaia di docenti di Seconda e Terza fascia, i primi oltretutto in possesso di un’abilitazione, che negli ultimi anni hanno garantito con la loro presenza di “supplenti” il regolare svolgimento degli anni scolastici. Terzo perché la scuola italiana ha bisogno di un vasto e razionale programma di investimenti in strutture e infrastrutture, di soldi che servano a far funzionare la macchina amministrativa, a comprare i pc o i tablet per gli studenti, anche per i ragazzi e le ragazze che usufruiscono degli insegnanti di sostegno, di soldi che servano ad ammodernare le aule con lavagne elettroniche e strumenti in linea con i tempi, di soldi per comprare la carta igienica nei bagni, di soldi per rendere a norma istituti scolastici in troppi casi a dir poco obsoleti Quarto punto è quello più ampio e intricato della visione generale che della scuola pubblica questo governo, non diversamente dai precedenti di centro destra, sembra avere. La questione dei dirigenti-manager, rientra in questa ottica ad esempio.  

Tali motivazioni sembrano trovare comune preoccupazione nelle molteplici anime della scuola, dei sindacati, che in questi mesi hanno lottato contro il provvedimento fino alla sua approvazione nel luglio scorso. Ma allo sciopero di venerdì i sindacati confederali non parteciperanno, mentre uniti nella protesta si presentano Cobas e Unicobas e sigle come l’Anief.

Riportiamo alcuni passaggi del comunicato stampa di presentazione dello sciopero


“I Cobas hanno assicurato che quello del 13 Novembre sarà uno “sciopero della scuola … unitario come a maggio-giugno e con manifestazione nazionale, contro l’applicazione della legge 107 e per un consistente recupero salariale per docenti ed Ata”. Questa è la principale condizione che l’Unicobas ha chiesto per la realizzazione di uno sciopero unitario. Perciò, nell’interesse della categoria e della Scuola pubblica, gravemente colpita dalla L.107/2015, l’Unicobas ha deciso di differire il proprio sciopero, già proclamato per il 23 Ottobre, unendo gli sforzi per la riuscita della (da oggi comune) data del 13 Novembre. Unità di fronte alla necessità di ‘incendiare’ la scuola per rendere inapplicabili i fondamenti della riforma: la chiamata diretta e la continua precarietà del 10% del personale (tagliato via dalle assunzioni), la valutazione discrezionale e la fine della libertà d’insegnamento, la perdita della titolarità e l’eliminazione delle regole di garanzia sui trasferimenti. Chiamiamo tutto il sindacalismo alternativo della scuola a copromuovere la giornata su questa piattaforma ed a manifestare contro l’intenzione del Governo di limitare il diritto di sciopero dei lavoratori, impedendone l’esercizio al sindacalismo di base”.

La lotta dei sindacati di base per la scuola si unisce a quella sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego, nei quali gli aumenti contrattuali, minimi, si parla di non più di dieci euro, verrebbero comunque legati ad un parametro di produttività.


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali