Alain Delon. 80 anni di un ribelle malinconico

di Redazione 08/11/2015 ARTE E SPETTACOLO
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I miti non invecchiano. Gli esseri umani si. E Alain Delon, che oggi compie 80 anni, a dire il vero negli ultimi tempi è un po’ “invecchiato”. Non ce ne vogliano i milioni di fan, soprattutto donne, che in giro per il mondo lo hanno amato e continuano a farlo, ma il tempo che è trascorso ha lasciato segni, non solo sul viso dell’attore francese, ancora affascinante, ma anche nel suo spirito. Questo a giudicare dalla lunga frequentazione che Delon ha ormai con la malinconia e la depressione o da alcune, poco azzeccate, dichiarazioni, circa la presunta natura “sbagliata” dei gay o a proposito dei diritti degli immigrati. Frasi che gli hanno fatto pervenire sperticati elogi niente di meno che da Marine Le Pen in persona.

Ma a uno come lui, da chi ama il cinema, da chi ritiene che la cultura francese del secondo dopo guerra sia stata formidabile, anche questo gli si può perdonare.

Un presente che, naturalmente, non si può racchiudere solo in questi episodi e che stride con la sua stessa vita.

Delon è stato un ribelle sin da giovanissimo, infanzia travagliata, praticamente abbandonato all’età di quattro anni dai genitori, vive fino ai 14 in vari collegi parigini, da cui spesso viene cacciato per intemperanze di vario genere fino a quando a 17 anni si arruola nella Marina e viene spedito in Indocina. Anche lì lo accompagna il carattere ribelle e insofferente. Una volta rientrato e avendo deciso che la vita militare non fa per lui, il giovane Delon si barcamena fra lavoretti ed espedienti finché viene notato da Yves Allegret, regista che lo sceglie per la sua bellezza che “lascia senza fiato”. Sono gli anni in cui il cinema francese sta scoprendo i grandi divi e così ad uno già affermato come Jean Paul Belmondo, affascinante sì ma non un adone, è il momento di accostare uno che alla bellezza gli dà del tu. Delon, il suo sguardo freddo ma appassionato allo stesso tempo, gli occhi glaciali, i capelli a metà strada fra Elvis e un gitano delle periferie, lo aiutano in pochissimi mesi a farlo diventare una star. Tra la fine degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta Delon lavora con tutti i registi più affermati, da René Clement, Delitto in pieno sole, Crisantemi per un delitto, a Luchino Visconti, che rimane quasi turbato durante la riprese dalla bellezza del ragazzo, Rocco e i suoi fratelli; da Louis Malle, Tre passi nel delitto, a Jean Pierre Melville, Franck Costello faccia d’angelo maestro del noir, che lo consacra definitivamente come il bello e il maledetto del cinema mondiale. Fino alla fine degli anni settanta Delon sugli schermo sarà soprattutto questo. Un bello, dai lineamenti angelici che si aggira fra i bassifondi umani, che scegli il viaggio tenebroso e spesso senza redenzione. Il sordido la Piscina di Jacques Deray, il successo del Clan dei Siciliani con Lino ventura e Jean Gabin, Borsalino con l’amico rivale Belmondo, I senza nome e notte sulla città, ancora con la regia perfetta di Melville; il ruolo del professor Dominici ne La prima notte di quiete, pellicola introversa e poetica di Valerio Zurlini, fino al ruolo quasi icastico de Le Gitain, lo zingaro, del regista di culto José Giovanni, gli consentono di costruire quel mito conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Dopo venne Hollywood, da cui però Delon si tenne sempre a debita distanza,  Airport 80, Un amore di Swann, e i ruoli incentrati sui suoi stereotipi preferiti: il poliziotto violento, eroe solitario pulito in un mondo sporco e corrotto, o le esperienze con Jean Luc Godard e Patrice Leconte, ma che poco aggiungono ad un personaggio ormai già entrato nell’Olimpo.

Grazie alla sua bellezza Delon non è riuscito a entrare, praticamente da autodidatta, nello sfavillante mondo del cinema, ma anche ad infrangere decine di cuori femminili. Tra le sue donne su tutte Romy Schneider, con cui ha vissuto anni di passione, di addii e riconciliazioni, diventati poi, alla fine, un legame d’affetto inscindibile, forse la sua anima gemella. La prima moglie, Nathalie Barthelemy, alias Francine Canovas,  madre di suo figlio Anthony e la seconda  Mireille Darc, il suo legame più duraturo.

Oggi che Delon entra nel novero delle figure più longeve del cinema del Ventesimo secolo, dovrebbe essere ormai chiaro che la sua carriera non si è costruita solo su un fascino indiscutibile, perché Delon è stato un ottimo attore, magari dal registro espressivo limitato, ma comunque significativo, che non ha abusato della bellezza per nascondere limiti e fragilità. Attore e uomo che ha scelto sempre con ostinazione e orgoglio la propria strada.

E allora, auguri Alain!   


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