"Dal Profondo". Film coraggioso e intenso di Valentina Pedicini tra le viscere delle miniere sarde

Mercoledì 13 novembre. Prospettive DOC Italia

di Emiliano Baglio 14/11/2013 ARTE E SPETTACOLO
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Siamo sottoterra. Il macchinario taglia la pietra, estrae il carbone che cade nel nastro trasportatore. Il rumore è assordante. Non c’è luce, vediamo solo la polvere. Non c’è spazio per stare in piedi. Siamo stati gettati anima, corpo e viscere nel profondo di una miniera. Ora siamo in un altro luogo, dal buio vengono verso di noi dei fasci di luce, sono le luci dei caschetti dei minatori. Si muovono in gallerie immense, verso l’oscurità, unica guida quella flebile lucina sulla loro testa. Qui il rumore assordante dei macchinari ha lasciato spazio al silenzio. Si sentono solo le voci dei minatori, che vivono come grilli tra le pietre, che rievocano le storie dei nonni e dei padri, i polmoni distrutti dalla polvere, mangiati dal tumore, dalla silicosi; il lavoro in miniera come unica possibilità per sfuggire alla fame, i racconti dei genitori come luogo sacro della memoria, tanto che alcuni di questi minatori sono rimasti intrappolati tanto da ritrovarsi a fare lo stesso lavoro del padre contro la volontà di questi.

I corpi di questi uomini e dell’unica donna presente tra loro si ergono contro il buio, la telecamera li fa apparire come dei  giganti, i loro volti vengono percorsi come mappe, disegnate dalle rughe, dalla fatica, dalla polvere nera che li ricopre. Scendiamo verso gli abissi, la luce esterna scompare mentre andiamo sottoterra. Altrove si combatte una lotta, quella del pane, del lavoro, della dignità, il grido di un’intera regione depredata, sfruttata. Ma è sullo sfondo. Il cinema non serve a questo, il suo compito non è trovare soluzioni.

La forza politica che ha il cinema può esprimersi solo attraverso le immagini. Può rendere bello ciò che è inferno, trovare la poesia in queste gallerie oscure, nei loro silenzi, nel mare che entra dentro le viscere della terra e forma laghi innaturali. Quante volte abbiamo visto questi minatori, Nuraxi Figus, Sulcis, Sardegna. I telegiornali hanno portato nelle nostre case i loro gesti disperati, li abbiamo visti tagliarsi le vene. Ma non sappiamo nulla delle loro storie, non abbiamo mai sentito le loro voci cantare sotto le docce, le loro voci parlare dei loro genitori, di quando scendere sottoterra significava portare il pane a casa. Non li abbiamo sentiti ridere tra loro e scherzare mentre dagli abissi tornano verso la luce. È difficile parlare di Dal profondo di Valentina Pedicini, una ragazza pugliese classe ’78, siamo però sicuri che al lettore basterà vedere le immagini del trailer per capire la bellezza e la potenza di questo film. A Valentina Pedicini non interessa ciò che accade fuori da queste gallerie anche se, inevitabilmente, racconta l’occupazione della miniera. Alla regista importa trasportarci letteralmente, fisicamente dentro le miniere.

Quando i minatori chiudono uno dei due ingressi della miniera noi non rimaniamo fuori, con la stampa ed i giornalisti, rimaniamo dentro. Le miniere si possono raccontare in tanti modi così come la lotta dei minatori. Fare un film militante, schierato, “politico” è sin troppo facile con un simile materiale. Valentina Pedicini invece ci ricorda che il compito del cinema è narrare attraverso le immagini, la sua etica risiede in questo, nel cercare e creare arte, in una ricerca estetica del bello non fine a sé stesso ma che trae la sua forza da come riprende il reale dinnanzi a sé. Bisogna avere il coraggio di scegliere punti di vista diversi, magari quello di Patrizia, l’unica donna che lavora in questa miniera, allora e solo allora scendere sottoterra con una telecamera in mano ha un senso. Riprendere il reale non significa rinunciare ad avere una propria visione estetica di ciò che filmiamo. Valentina Pedicini ha idee forti e chiare su come si possa creare arte partendo dal reale, ha uno sguardo poetico e per questo il suo film ha un valore etico e politico di grandissimo spessore.

Il suo è un talento giovane che non sfigura affatto al cospetto dei grandi documentaristi, una visione etica del proprio lavoro che ricorda quella che Werner Herzog ha dimostrato in film come Grizzly man. Noi non possiamo che augurarci che, proprio a partire da questo festival, il suo talento venga riconosciuto, che il suo film raggiunga il maggior numero possibile di persone, che venga proiettato regolarmente nei cinema, che trovi posto in televisione magari in prima serata visto che è prodotto da Rai cinema. Se questo accadrà vorrà dire che avremo reso onore al volto, alla fatica, alla dignità di Patrizia e dei suoi compagni di lavoro, avremo reso loro un servizio e che forse la Sardegna smetterà di esistere, per molti di noi, solo come luogo di vacanza. Per il momento speriamo vivamente che Valentina, Patrizia e gli altri minatori di Nuraxi Figus con i loro caschi gialli e la bandiera dei quattro mori possano a breve salire sul palco e ritirare il premio che riteniamo spetti loro.

 

Leggi la conferenza stampa della regista Valentina Pedicini



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