L'estate di Cléo

L'ultima estate insieme della piccola Cléo e della sua tata Gloria

di EMILIANO BAGLIO 05/04/2024 ARTE E SPETTACOLO
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Dispiace dover parlare “male” de L’estate di Cléo, esordio solista nel lungometraggio di Marie Amachoukeli dopo una serie di corti e di film firmati a più mani.

Come oramai accade troppo spesso il film è arrivato da noi in pochissime copie scomparse dopo appena una settimana.

Destino comune a qualsiasi film si allontani dai soliti circuiti.

Sono proprio questi i titoli che, più di altri, meriterebbero il pieno sostegno da parte dello spettatore, affinché continui ad esistere in Italia un minimo di spazio per il cinema “indipendente” e per quei distributori ed esercenti coraggiosi che ancora ci credono.

Purtroppo nel film di Marie Amachoukeli le buone intenzioni e le intuizioni, che pure ci sarebbero, restano sulla carta.

La piccola Cléo (Lousie Mauroy-Panzani), come confesserà lei stessa, da che ha memoria ha ricordi solo ed esclusivamente insieme alla sua tata Gloria (Ilça Moreno Zego).

La donna però, per motivi familiari, sta per tornare definitivamente a casa, a Capo Verde.

Rimane giusto il tempo per un’ultima estate insieme.

L’estate di Cléo, complice la dedica finale, svela il suo carattere autobiografico e sembra quasi una lettera d’affetto tardiva con la quale la regista si è voluta riconciliare con la sua infanzia.

D’altronde il titolo originale è proprio Àma Gloria, al centro c’è la tata e non la bambina, è lei la destinataria di questa lettera personale in forma di film.

Nelle intenzioni Marie Amachoukeli vorrebbe parlarci di questo rapporto intenso tra una bambina orfana ed una donna sradicata da anni dalla sua terra natia.

Il rapporto tra le due però non conosce nessuna evoluzione durante la vicenda e lo stesso problema afflige ogni parte del film.

Di materiale ce ne sarebbe tanto.

Gloria, infatti, ha una sua propria famiglia; un figlio più piccolo (César) cresciuto senza di lei ed una figlia grande incinta che rifiuterà la sua maternità.

Inevitabilmente, soprattutto tra Cèsar e Cléo nasceranno gelosie ed invidie che cresceranno ancora di più con l’arrivo del nipotino sino ad esplodere in quella che dovrebbe essere la scena madre del film.

Ma anche in questo caso la regista affronta tutto con desolante superficialità, nessun carattere conosce un suo arco narrativo vero e proprio e tutto rimane allo stato embrionale.

Persino Capo Verde non èaltro che uno sfondo esotico come tanti; si accenna brevemente alla povertà dell’isola e ad un progetto alberghiero di Gloria ma anche questa vicenda, come tutto il resto, non viene approfondita.

Restano solo alcune sequenze animate, che sono una delle poche idee originali del film, e la simpatia della piccola protagonista.

Troppo poco per andare al di là di una stiracchiata sufficenza.

EMILIANO BAGLIO


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