Nagorno-Karabakh. Cessate il fuoco, Mosca auspica soluzione pacifica. Il dramma dei profughi

di redazione 20/09/2023 NON SOLO OCCIDENTE
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21 SETTEMBRE

Più di 10.000 persone, tra cui donne, bambini e anziani, sono state evacuate nel Nagorno-Karabakh, l'enclave presa di mira dall'offensiva lampo dell'Azerbaigian, conclusasi con la capitolazione dei separatisti armeni. 

 

"Più di 10.000 persone vengono evacuate dal loro habitat originario" verso altre zone di questa regione, ha dichiarato il difensore civico per i diritti del Nagorno-Karabakh, Ghegham Stepanian. Queste persone non dispongono di "cibo, medicine o prodotti igienici di base adeguati", ha aggiunto, denunciando una "catastrofe". 

Secondo Stepanyan, ci sono almeno 200 morti e più di 400 feriti.

Uccisi alcuni militari russi

I peacekeeper russi non hanno riscontrato alcuna violazione del cessate il fuoco tra l'Azerbaigian e le forze separatiste armene.

"Non è stato registrato alcun caso di violazione del cessate il fuoco", ha affermato il ministero della Difesa russo responsabile delle forze di pace, aggiungendo di aver evacuato 3.154 persone, tra cui 1.428 bambini, in aree sicure.   

Un'auto con a bordo le forze di pace russe è caduta in un agguato nell'area contesa e "alcuni militari" russi sono rimasti uccisi da colpi d'arma da fuoco, riferisce anocra il ministero.

 

Aliyev: le unità armene si sono ritirate

Il presidente dell'Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha affermato in un discorso alla tv che le forze dei separatisti armeni sono state ricacciate dalla regione del
Nagorno-Karabakh e che la maggior parte dei loro equipaggiamenti sono stati distrutti nel corso dell'offensiva condotta da Baku.

"Le unità illegali armene hanno cominciato il processo di ritiro dalle loro posizioni. Hanno accettato le nostre condizioni e hanno cominciato a deporre le loro armi" ha detto il presidente.

Cosa prevede l'accordo

L'accordo prevede il ritiro delle unità rimanenti e delle truppe delle forze armate armene dalla zona di schieramento dei peacekeeper russi nel Nagorno-Karabakh.

Un incontro dei rappresentanti dei separatisti del Karabakh con Baku sulla "reintegrazione, il rispetto dei diritti e la sicurezza degli armeni" si terrà domani nella città di Yevlakh, aggiunge l'agenzia russa. 

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha espresso la speranza per una risoluzione "pacifica" del conflitto in Nagorno Karabakh. "Siamo in stretto contatto con tutte le parti in conflitto: con le autorità di Erevan, con le autorità (separatiste del Karabakh) di Stepanakert e con quelle di Baku", ha affermato durante un incontro con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. "Spero che si possa raggiungere una de-escalation e portare la soluzione a questo problema su un percorso pacifico", ha aggiunto.

Erevan: preso atto dell'accordo, non abbiamo partecipato

L'Armenia ha preso atto dell'accordo raggiunto attraverso la mediazione delle forze di pace russe tra il Nagorno-Karabakh e l'Azerbaigian per la cessazione delle ostilità e lo scioglimento delle forze armate del Karabakh. Lo ha detto il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che oggi ha avuto una conversazione telefonica con Putin.

"Abbiamo appreso dalle pagine di informazione ufficiali del Nagorno-Karabakh che l'amministrazione del Nagorno-Karabakh ha accettato la proposta di cessate il fuoco del contingente russo di mantenimento della pace", ha detto Pashinyan in un discorso video rilanciato da Interfax.

L'Armenia ha rivisto il testo e "poiché non siamo stati in alcun modo coinvolti nella sua stesura e non abbiamo preso parte alle discussioni, il nostro primo commento riguarderebbe il fatto che il testo menziona le Forze Armate armene e si riferisce al ritiro delle restanti unià delle forze armate armene del Nagorno-Karabakh", ha detto.

"Questo fatto non ci sembra abbastanza chiaro, poiché abbiamo più volte affermato che la Repubblica di Armenia non ha un esercito nel Nagorno-Karabakh dall'agosto 2021. Ma in ogni caso abbiamo preso atto di questa affermazione e della sua accettazione da parte dell'amministrazione del Nagorno-Karabakh", ha detto Pashinyan.

Pashynian: mi aspetto che Mosca garantisca l'intesa

"Se le forze di pace russe hanno avanzato la proposta di porre fine alle ostilità e di sciogliere l'esercito del Karabakh, significa che si sono completamente assunte l'obbligo di garantire la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh senza riserve", dice ancora il primo ministro armeno Nikol Pashinyan citato da Interfax, aggiungendo di aspettarsi che le forze di pace russe garantiranno pienamente la sicurezza degli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh.

Le forze di pace russe dovrebbero fornire condizioni adeguate affinché "gli armeni del Nagorno-Karabakh possano godere del pieno diritto di vivere nelle loro case e sul loro suolo", ha detto Pashinyan. "Vivere in modo dignitoso e sicuro. Mi risulta che si siano assunti la piena responsabilita' per questo", ha detto Pashinyan. 

Tajani: proposta mediazione su modello Alto Adige

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha proposto la mediazione italiana per risolvere la crisi tra Azerbaigian e Armenia, suggerendo un modello di autonomia simile a quello applicato per l'Alto Adige. Lo ha detto il ministro, rispondendo alle domande dei giornalisti, a margine dei lavori della 78 assembela generale delle Nazioni Unite, in corso a New York. "Ho incontrato ieri - ha spiegato Tajani - i ministri degli esteri dell'Azerbaigian e dell'Armenia e ho proposto loro la mediazione italiana, promuovendo un incontro a Roma con un modello che può essere quello dell'Alto Adige".

 
 

"Oggi stesso - ha aggiunto - invieremo un documento sia al governo azero sia al governo armeno con una fotografia di quello che è successo e di quello che è oggi il sistema di autonomia dell'Alto Adige. È una proposta che ho illustrato a voce ai due ministri, che si sono detti assolutamente interessati e disponibili ad incontrarsi a Roma. Siamo gli unici, con gli Stati Uniti, che hanno parlato a entrambi i Paesi e lavoriamo per trovare una soluzione che possa portare pace nell'aria dell'Asia centrale". 

Nagorno-Karabakh, nervo scoperto nel risiko del Caucaso

Il Nagorno Karabakh, circa 143 mila abitanti in una superficie grande meno della metà della Sardegna, è al centro di una disputa territoriale ormai trentennale tra Armenia e Azerbaigian, due ex repubbliche sovietiche nel Caucaso. La regione è divisa in sette regioni, oltre alla capitale Stepanakert a statuto speciale, dove vivono oltre 53 mila persone. Karabakh significa 'giardino nero' ed è una parola di origine turca e persiana, mentre Nagorno in russo significa 'montagna'. I separatisti vi si riferiscono usando l'antico nome armeno Artsakh.

Regione popolata soprattutto da armeni, nel 1923 ottiene lo status di regione autonoma all'interno della repubblica sovietica dell'Azerbaigian. Dopo il crollo dell'Urss nel 1991, i separatisti armeni ne prendono il controllo, con una mossa sostenuta da Erevan, scatenando una guerra che causa 30.000 morti e migliaia di sfollati, ma dalla quale escono vincitori, conquistando anche un 'corridoio' che collegava l'enclave all'Armenia.

 

Nel 1994, con la mediazione di Mosca, viene concordato un cessate il fuoco nel quale si riconosce il controllo degli armeni sulla regione, ma combattimenti continuano regolarmente lungo la frontiera con l'Azerbaigian. Nel 2020 scoppia un nuovo conflitto armato, durante il quale le truppe azere riconquistano gran parte del territorio. La nuova situazione sul terreno viene riconosciuta in un cessate il fuoco.

Per controllarne l'applicazione, la Russia dispiega 2 mila soldati. È una disfatta per l'Armenia che provoca tensioni e proteste nel Paese, con il palazzo del governo a Erevan assaltato dai manifestanti. Nel settembre 2022 le due parti si trovano ancora una volta a fronteggiarsi, accusandosi a vicenda della responsabilità di aver scatenato nuovi combattimenti. Il blocco da parte di Baku dell'unico corridoio di collegamento tra l'Armenia e il Nagorno Karabakh porta a una penuria di generi alimentari e a un riacutizzarsi delle tensioni, fino all'operazione militare lanciata martedì da Baku.

 

19 SETTEMBRE

Le autorità dell’Azerbaigian hanno lanciato “un’operazione antiterrorismo” nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, dopo che una esplosione ha causato la morte di undici persone, tra cui sia civili che agenti di polizia. Come riferisce la stampa internazionale, sirene antiaeree si sarebbero sentite nella principale città dell’area, Stepanakert, che secondo fonti armene sarebbe sotto attacco dell’artiglieria azera. Il Nagorno-Karabakh è una regione in territorio azero rivendicata dall’Armenia, in quanto abitata in maggioranza da armeni. La controversia ha già spinto i due Paesi ad entrare in guerra due volte: la prima a inizio anni Novanta, dopo il collasso dell’Unione sovietica, e la seconda nel 2020. La guerra in Ucraina ha riacceso le tensioni, che proseguono a causa del blocco che il governo di Baku impone da dicembre sull’unica strada attraverso cui passano gli approvvigionamenti nell’enclave, il cosiddetto corridoio di Lachin.

Il ministero della Difesa azero ha accusato il governo dell’Armenia di “sostenere i terroristi” che hanno organizzato gli attacchi, in riferimento all’Esercito di Difesa dell’Artsakh, facente parte dell’autoproclamata Repubblica di Artsakh che rivendica il controllo di parte del Nagorno-Karabakh ma non è internazionalmente riconosciuta. Il ministero azero ha inoltre assicurato che l’operazione lanciata nella regione non coinvolgerà obiettivi civili, e che ne sono stati informati i peacekeeper russi presenti nella regione nonché il Centro congiunto di Russia e Turchia aperto nel gennaio 2021 per monitorare il rispetto del cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh dopo il conflitto dell’anno precedente. Il governo armeno dal canto suo respinge le accuse mosse dall’Azerbaigian e, a sua volta, denuncia violenze commesse dal Paese vicino.

 

“È in corso un nuovo attacco delle forze armate dell’Azerbaigian contro la Repubblica armena del Nagorno Karabakh Artsakh. Ancora una volta il regime autocratico di Aliyev sceglie la strada delle bombe invece dei colloqui di pace”. Inizia così un comunicato del Consiglio per la comunità armena di Roma, nel giorno in cui il governo di Baku ha annunciato l’avvio di un’operazione anti-terrorista nella regione contesa. “Dopo aver accumulato nei giorni scorsi armi e soldati ai confini del Nagorno-Karabakh e dell’Armenia, dopo aver ripetuto fake news riguardo a presunte provocazioni armene, questa mattina l’artiglieria e i droni azeri hanno cominciato a bombardare la capitale Stepanakert e i villaggi limitrofi. Dalle notizie che giungono risultano tra le vittime molti bambini feriti dalle esplosioni e portati in ospedale. Si tratta della operazione finale che giunge dopo nove mesi di blocco imposto alla popolazione rimasta senza cibo, medicine, carburante e beni di prima necessità”.

La nota prosegue: “L’Azerbaigian ha anche annunciato la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione della popolazione dalle zone pericolose del Nagorno-Karabakh, un modo per ‘cacciare’ gli armeni da quella terra che è stata da sempre quella dei loro avi. Le comunità armene denunciano questo nuovo criminale atto di guerra e rimangono in attesa che le istituzioni internazionali agiscano immediatamente per condannare questa aggressione militare e impongano sanzioni al guerrafondaio dittatore azero”.

L’APPELLO DELLA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

La comunità armena di Roma lancia quindi un appello: “Ci rivolgiamo al parlamento e al governo italiano – che in questi mesi è rimasto silente di fronte alla crisi umanitaria causata dal blocco della regione – affinché intervenga con urgenza a sostegno della popolazione e condanni l’ennesima guerra scatenata dall’Azerbaigian. Questo nuovo atto di guerra è il frutto di una politica internazionale che ha tollerato negli ultimi anni la criminale attività del dittatore azero arrivando a definirlo ‘partner affidabile’, lanciando appelli a generici percorsi di pace mentre l’Azerbaigian affamava la popolazione del Nagorno Karabakh e invadeva centinaia di chilometri quadrati del territorio della Repubblica di Armenia”. Secondo i responsabili “Ancora una volta la popolazione armena è vittima dei giochi di potere internazionale. Non vi è altra soluzione se non quella di garantire il diritto all’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsakh essendo fin troppo evidente che lo stesso non potrà mai vivere all’interno dei confini di una dittatura armenofoba come quella azera. Non bastano parole di condanna: è tempo di agire senza esitazione. La vita di 120 mila persone è in pericolo, il loro destino dipende dalle nostre azioni. Interessi economici non possono calpestare i diritti di ogni essere umano a vivere, e vivere in libertà” conclude la comunità armena.



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