Emanuela Orlandi. La sparizione da imputare allo zio? La Procura vaticana riapre una vecchia pista investigativa. Pietro Orlandi "Vergognoso fango sulla famiglia"

di redazione 11/07/2023 ROMA
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La sparizione di Emanuela Orlandi sarebbe da ricondurre a suo zio Mario Meneguzzi, dunque una questione di famiglia. Nessuna responsabilità del Vaticano o della Banda della Magliana? Nessun intrigo internazionale? È quanto emergerebbe dalle carte consegnate dal promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi alla Procura della Repubblica di Roma guidata da Francesco LoVoi nelle scorse settimane.


Uno scambio di lettere, che apre, o meglio riapre, una pista che conduce all'interno della famiglia stessa della cittadina vaticana scomparsa a quindici anni il 22 giugno del 1983. Un'ipotesi, tra le tante che si sono avvicendate nel corso di questi quarant'anni senza Emanuela, che ha anticipato il Tg La7 nell'edizione delle 20 di lunedì 10 luglio.

Lo zio Mario e le presunte molestie alla sorella di Emanuela Orlandi
Che la sparizione di Emanuela Orlandi fosse riconducibile all'interno della sua stessa famiglia non è una pista nuova ma già nota, tuttavia negli anni non ha portato a nulla di concreto alle indagini. Il TgLa7 parla di un messaggio dell'allora segretario di Stato Agostino Casaroli, che risale a tre mesi dopo la scomparsa dell'adolescente, all'interno del quale si parla dello zio acquisito di Emanuela, ad oggi deceduto, marito di Lucia Orlandi, sorella di Pietro e della giovane scomparsa.

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Il messaggio per posta diplomatica era destinato ad un sacerdote sudamericano al quale è stato chiesto in quanto confessore della famiglia Orlandi se Natalina, la sorella maggiore di Emanuela, gli avesse rivelato di essere stata molestata sessualmente dallo zio. Ricevuto il messaggio, il sacerdote ha confermato. Una confidenza che lei gli avrebbe fatto preoccupata di perdere il posto di lavoro alla Camera dei Deputati, perché lì Meneguzzi gestiva il bar e l'aveva fatta assumere, dunque le avrebbe detto di stare zitta. Un episodio che sarebbe stato già noto agli investigatori che in quegli anni hanno indagato sul caso e che la stessa Natalina avrebbe confermato in un verbale di testimonianza.

Il volto dello zio di Emanuela compatibile con l'identikit del vigile e del poliziotto?
Quelli rivolti nei confronti dello zio di Emanuela sono solo sospetti. Da quanto emerso finora non si esclude che il suo volto presenti delle compatibilità con l'identikit fornito dal vigile e dal poliziotto, i quali ascoltati hanno detto di aver visto la quindicenne cittadina vaticana intrattenersi a parlare con un uomo nei pressi del Senato poco prima che scomparisse nel nulla. Ciò spiegherebbe il comportamento di Emanuela: se lo zio fosse coinvolto nella sua scomparsa sarebbe chiaro il motivo per il quale la giovane sarebbe salita a bordo dell'auto, come si ipotizza sia accaduto, perché in tal caso conosceva la persona che aveva davanti e si fidava. Sulla vicenda lavora la Procura di Roma, alla quale spetterà far luce sul caso.

Uno scambio di lettere tra il segretario di Stato dell'epoca Agostino Casaroli e un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II. La comunicazione epistolare aprirebbe una pista all'interno dell'inchiesta lunga 40 anni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Sarebbero queste le carte consegnate poche settimane fa dal promotore di giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, alla procura di Roma.


Le lettere risalgono a settembre 1983, quando Emanuela era scomparsa da tre mesi. Nel carteggio, secondo quanto affermato da un servizio andato in onda ieri su La7, Casaroli chiede al sacerdote sudamericano conferma del fatto che la sorella maggiore di Emanuela, Natalina, gli abbia mai rivelato di essere stata molestata sessualmente dal loro zio, oggi defunto, Mario Meneguzzi. Una domanda a cui il religioso risponde in maniera affermativa.


Non si è fatta attendere la reazione della famiglia di Emanuela. Il fratello Pietro, poco dopo la messa in onda del servizio, ha pubblicato un post sul gruppo Facebook dedicato alla sorella: "Pensavo dovessero dare una buona notizia invece hanno voluto dimostrare a tutti quanti sono carogne . Tra l’altro mio zio quella sera stava a 200 km in vacanza con la famiglia quando mio padre gli ha telefonato e lui e’ venuto subito a Roma .

Cose che sapevano benissimo in Procura perché sta tutto agli atti da 40 anni . Un’azione vergognosa quella di questa sera".

 

 



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