Benedetta

Con due anni di ritardo arriva l'ultimo film di Paul Verhoeven, il ritratto di una donna vittima del potere maschile che è un omaggio al cinema di genere anni '70 sospeso tra kitsch e trash.

di EMILIANO BAGLIO 10/03/2023 ARTE E SPETTACOLO
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Sin dalla sua più tenera età Benedetta (Virginie Efira) è stata promessa a Dio.

Da parte sua la bambina sembra avere un rapporto diretto sia con la Madonna che con Gesù.

Ne abbiamo subito un esempio quando, all’inizio del film, mentre viene condotta a Pescia per entrare in convento lei e la sua famiglia vengono attaccati da dei briganti.

Benedetta chiede aiuto proprio alla Vergine la quale si manifesta sotto forma di un uccello che defeca nell’occhio di uno degli assalitori.

Più tardi, divenuta donna e monaca, avrà frequenti visioni del Cristo sotto le sembianze di un giovane guerriero che decapita il serpente tentatore, oppure fa a pezzi con la sua spada chiunque la assalga in un tripudio di sangue e teste mozzate.

È un compito arduo approcciarsi criticamente all’ultima fatica di Paul Verhoeven, presentato in anteprima al Festival di Cannes nel 2021 ma approdato nei nostri cinema, con un numero esiguo di copie, solo ora.

Il regista, ispirandosi alla vera storia di Benedetta Carlini e al saggio di Judith C. Brown Atti impuri – Vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento ha costruito un film che non si sa mai come prendere.

Benedetta si muove sempre su di un crinale sottile, sospeso tra kitsch e del trash, con continue strizzate d’occhio al nunsploitation degli anni ’70 magari declinato nella sua veste autoriale perfettamente incarnata da Interno di un convento (1978) di Walerian Borowczyk, palesemente citato nel dildo ricavato da una statuetta della Vergine utilizzato da Benedetta e dalla sua amante Bartolomea (Daphné Patakia).

Verhoeven da parte sua sembra divertirsi come un matto a confondere ulteriormente le idee.
Costruisce un film che è continuamente sopra le righe, affogato in un digitale posticcio e povero sbattuto in faccia allo spettatore con sprezzo del pericolo e del buon gusto.
Oltre alle già citate visioni, l’esempio più lampante è l’orribile effetto speciale del cielo viola sopra Pescia.

Lo stesso dicasi dell’ambientazione medievale con giullari che combattono orde di scheletri danzanti a suon di peti fiammeggianti.

Per finire ovviamente con i corpi delle due attrici protagoniste generosamente mostrati anche quando la situazione non lo richiede.

Esemplare a tal proposito il finale nel quale le due attrici recitano nude senza che ve ne sia nessun bisogno con conseguente effetto tra il comico e lo straniante.

L’impressione è che il nostro arzillo regista ultraottantenne lo faccia apposta e che sin dalla sequenza citata in apertura a questo pezzo la sua arma segreta sia l’ironia e l’ambiguità.

La stessa che poi soggiace l’intero film sia dal punto di vista estetico che tematico.

Verhoeven non scioglie mai il dubbio sulla vera natura di Benedetta.

La donna ha veramente delle visioni, come lascerebbero presupporre alcuni episodi, oppure è un’abile manipolatrice?

Il suo è un calcolo raffinato per scalzare la Badessa del convento (Charlotte Rampling) ed esercitare il potere come meglio crede sulle consorelle dando sfogo ai suoi peggiori istinti, oppure è una santa, o ancora una povera pazza?
L’arrivo di Bartolomea mette in crisi una psiche già provata lasciando sfogo agli istinti sadici della donna oppure è il mezzo attraverso il quale finalmente Benedetta può vivere liberamente la sua natura e la sua sessualità?

La questione rimane aperta e non ci vengono offerte facili risposte.

Quello che è chiaro ed evidente invece è la ferocia del potere maschile.

Da una parte abbiamo Alfonso Cecchi (Olivier Rabourdin) che vorrebbe sfruttare la fama di santa che circonda Benedetta, soprattutto tra il popolo, per diventare vescovo; dall’altra il Nunzio (Lambert Wilson) che vede minacciato il suo potere.

Che sia una santa o una truffatrice Benedetta rappresenta un pericolo tanto per la sua fama di santa presso il popolo, il che rovescerebbe il potere esercitato dal clero, quanto per la sua libertà sessuale, altra sfida ad un mondo che non concepisce la possibilità del piacere femminile.

Benedetta e la sua amante Bartolomea rappresentano un ulteriore tassello nella figura di donne fiere, indipendenti e per questo vittime tratteggiata nel corso degli anni da Paul Verhoeven.

EMILIANO BAGLIO


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