DDL Autonomia. Di cosa si tratta e le posizioni dei Partiti

L’iter di approvazione delle intese tra Stato e regioni e la loro durata
Circa il procedimento di approvazione delle “intese”, viene statuito che la richiesta:
- deve essere deliberata dalla regione interessata,
- trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie.
Quest’ultimo, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia e delle finanze entro i successivi 30 giorni, inizia il negoziato con la Regione interessata. Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, unitamente alla relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri e trasmesso alla Conferenza unificata per un parere da rendere entro 30 giorni. Decorsi i quali viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono mediante atti di indirizzo entro 60 giorni. Il Presidente del Consiglio o il Ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, ove necessario al termine di un ulteriore negoziato. Lo schema viene trasmesso alla regione interessata per l’approvazione. Entro 30 giorni dalla comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, lo schema d’intesa definitivo, corredato dalla relazione tecnica, viene deliberato dal Consiglio dei ministri insieme a un disegno di legge di approvazione da presentare alle Camere. L’intesa viene immediatamente sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale. Ex art. 116, c. 3, Costituzione, per l’approvazione definitiva del disegno di legge, a cui l’intesa è allegata, è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti di ogni Camera. Nelle intese verrà specificata anche la durata delle stesse, che comunque non potrà superare i 10 anni. L’intesa può essere modificata su iniziativa dello Stato o della regione e può prevedere le ipotesi e le modalità tramite cui lo Stato o la regione possono chiederne la cessazione, da deliberare tramite legge a maggioranza assoluta delle Camere. Alla scadenza del termine, l’intesa si intende rinnovata per identico periodo, salva differente volontà dello Stato o della regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza.
Le materie e gli ambiti in cui si possono siglare le intese tra Stato e regioni
Le materie su cui potranno essere raggiunte le intese tra lo Stato e le regioni a statuto ordinario per l’attribuzione, alle regioni stesse, di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono elencate all’art. 117 della Costituzione. Si tratta in prevalenza delle materie relative alla legislazione concorrente.
LEP (livelli essenziali delle prestazioni)
Si stabilisce che l’attribuzione di nuove funzioni relative ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” viene consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da parte della Cabina di regia istituita dalla legge di bilancio 2023. Il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard verrà attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio e dell’art. 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (l. n. 196/09). Se dalla determinazione dei LEP derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo dopo i provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Se dopo la data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa, siano modificati i LEP col relativo finanziamento o ne siano determinati ulteriori, la Regione interessata sarà tenuta alla loro osservanza, subordinatamente alla revisione delle relative risorse. Il Governo o la regione potranno, pure congiuntamente, disporre verifiche su specifici profili sul raggiungimento dei LEP. Il trasferimento delle funzioni non riferibili ai LEP, con le relative risorse:
- umane,
- strumentali,
- finanziarie,
potrà essere effettuato fin dalla data di entrata in vigore delle intese, nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
Il percorso di definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) necessari per garantire servizi uguali in tutto il Paese, corre sostanzialmente al di fuori del disegno di legge sull’autonomia differenziata. Che quindi formalmente non ha bisogno di coperture finanziarie specifiche per questa voce. I soldi serviranno, questo è certo, ma si troveranno semmai in seguito. Ad arrivare a queste conclusioni è la Relazione tecnico-finanziaria che accompagna il provvedimento. Insieme ad altri due testi, la Relazione tecnico-normativa e l’Analisi di impatto della regolamentazione, avrebbe la funzione di verificare che le norme appena approvate dal Consiglio dei ministri siano scritte in modo da non comportare problemi futuri, nella fase di attuazione. La risposta che l’esecutivo dà a se stesso appare tranquillizzante, nonostante le criticità irrisolte (alcune delle quali, ad esempio in tema di ruolo del Parlamento sono state segnalate anche da vari costituzionalisti).
Partiamo proprio dai Lep. Il ddl come è noto contiene una clausola di invarianza finanziaria: l’attuazione delle norme e delle collegate intese che saranno raggiunte con le Regioni non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Insomma per il bilancio dello Stato non deve cambiare nulla, condizione garantita dal fatto che non sono previste nuove disposizioni di spesa. Gli oneri aggiuntivi però - viene riconosciuto nella Relazione tecnico-finanziaria - potrebbero arrivare proprio a causa della determinazione dei Lep. Ma la cosa non preoccupa particolarmente. Perché «si tratta di un processo che, per un verso, precede le singole iniziative di accesso ad assetti di autonomia differenziata e le trascende sul piano degli obiettivi, che sono più generali e che, per altro verso, è toccato solo in misura molto limitata dal disegno di legge proposto, in quanto già quasi completamente disciplinato, sul piano procedimentale, dalle citate disposizioni della legge di bilancio per l’anno 2023». Quando i nuovi oneri si materializzeranno, si procederà insomma a cercare le risorse necessarie.
Il richiamo alla legge di Bilancio è significativo perché l’intenzione è procedere con la stessa modalità delineata in quella sede: ovvero disciplinare e finanziare i Lep tramite Dpcm, decreti della presidenza del Consiglio che non sono vere norme di legge bensì provvedimenti amministrativi e in questo senso non ricadono nel raggio di azione del Parlamento. Proprio la legge di Bilancio prevede che tutta la materia sia gestita da una apposita “cabina di regia”. A questo proposito nella Relazione tecnico-normativa si specifica che «in materia di tutela della salute, la cabina di regia dovrà tenere conto, senza evidentemente incidere in termini negativi, del quadro normativo relativo ai Lea». Ovvero dei livelli essenziali di assistenza già disciplinati da una legge del 1992.
Lo stesso documento governativo analizza la compatibilità dell’intervento legislativo con i principi costituzionali. E proprio per quanto riguarda il delicato nodo del coinvolgimento delle Camere si limita a ricordare che nel testo questo è «evocato in modo generale attraverso gli atti di indirizzo espressi dai competenti organi parlamentari, in ordine allo schema di intesa su cui siano arrivati a convergere il Governo e la singola Regione interessata». Atti di indirizzo che pur chiamando in causa le assemblee di fatto rappresentano un’indicazione non vincolante all’esecutivo.
Che le caratteristiche effettive dell’autonomia prossima ventura dipenderanno dalle singole intese con le Regioni (e che quindi al momento non è possibile prevedere cosa succederà) lo conferma anche l’analisi di impatto della regolamentazione, nella parte in cui si occupa appunto degli “Impatti sociali economici e ambientali per categoria di destinatari”. Per ora non si può dire nulla, perché le conseguenze concrete delle norme già approvate, sia sul piano economico che su quello sociale «sono valutabili soltanto in relazione a ciascun assetto di autonomia differenziata che sarà tratteggiato da ogni intesa approvata». E lo stesso vale per l’impatto ambientale, che ugualmente deve essere valutato al momento di approvare una legge. Questo lavoro potrà essere fatto solo «caso per caso».
Le risorse e le garanzie su coesione e perequazione tra le regioni
Il testo prevede che l’attribuzione delle risorse corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento sarà determinata da una Commissione paritetica Stato-regione, la quale procederà annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti per ogni regione dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi all’autonomia, coerentemente cogli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, in ogni caso, garantendo l’equilibrio di bilancio. Il finanziamento delle funzioni attribuite avverrà tramite compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale, con modalità definite dall’intesa. Le funzioni trasferite alla regione potranno essere da questa attribuite a:
- comuni,
- province,
- città metropolitane,
insieme con le relative risorse:
- umane,
- strumentali,
- finanziarie.
Le intese non potranno pregiudicare l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni. Sarà garantita l’invarianza finanziaria del fondo perequativo e delle altre iniziative previste dall’art. 119 della Costituzione per:
- promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale,
- rimuovere gli squilibri economici e sociali,
- favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona.
Per rafforzare tali iniziative e di garantire un utilizzo più razionale, efficace ed efficiente delle risorse ad esse destinate, il testo prevede:
- l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale,
- la semplificazione e l’uniformazione delle procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione.
Saranno garantiti gli specifici vincoli di destinazione e la programmazione già in corso alla data di entrata in vigore delle nuove norme.
Le forze politiche si dividono sul ddl sull'Autonomia differenziata approvato dal Consiglio dei ministri. "Questo voto in Consiglio dei ministri sulla riforma Calderoli è curioso - attacca il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, nel suo intervento al congresso della Cgil Campania - perchè il Parlamento arriverà a discuterne forse tra sei mesi o un anno, quindi hanno fatto una sceneggiata, senza condividerla con noi, perchè prima delle Regionali in Lombardia hanno bisogno di dare uno scalpo alla Lega".
"Molta gente parla di autonomia senza sapere neanche di cosa sta parlando - aggiunge il candidato alla segreteria del Pd - per essere assegnata, infatti, non basta che una Regione trovi un accordo con il Governo, ma occorre che il Parlamento approvi la riforma a maggioranza qualificata di Camera e Senato. È un pasticcio clamoroso, per questo bisogna dire 'no e mobilitarsi nel Paese".
Nettamente contrario anche il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, parlamentare dell'Alleanza Verdi Sinistra: "C'è poco da girarci intorno: con l'approvazione dello Spacca Italia, il partito della Meloni ha ceduto alle scempiaggini della Lega, che finalmente potrà impugnare la bandierina dell'autonomia delle regioni.
"Disegnano un'Italia in cui i diritti non esisteranno - prosegue il leader di SI - e in cui devi pregare di nascere in alcune aree del Paese. E attenzione, il problema non riguarda solo il Sud, ma anche molte aree e province del Centro-Nord. Mi fa impressione che il via libera arrivi proprio da chi si è per anni riempito la bocca della parola Patria. Altro che patrioti, Fratelli di mezza Italia".
Sul fronte opposto, la presidente dei senatori di Forza Italia, Licia Ronzulli, secondo la quale "Con il testo approvato giovedì questo governo sceglie l'assunzione di responsabilità, la modernità e l'efficienza, senza squilibrare il rapporto fra le regioni del Nord e del Sud, con cittadini di serie A e cittadini di serie B. Ci saranno benefici per tutti, non solo per le regioni più ricche".
"Per quanto riguarda i Lep - ha proseguito Ronzulli - è importante che siano definiti, rappresentano la base da cui partire per arrivare all'autonomia. Il fatto che verranno tenute in conto le prerogative del Parlamento per migliorare ulteriormente il provvedimento, è positivo e grazie al lavoro di sintesi svolto da Forza Italia, abbiamo anche cancellato ogni riferimento alla spesa storica. Per ottenere un maggiore equilibrio abbiamo fatto in modo che venisse prevista la garanzia della definizione dei diritti sociali e civici, i Lep, per l'appunto, introducendo l'imprescindibile funzionamento della perequazione".
Plaude al ddl la Lega, che ha visto accolto un suo cavallo di battaglia: "Chiamiamo l'autonomia federalismo - ha affermato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, parlando, a Radio24,- perchè alla fine è federalismo e forse dà meno fastidio ad alcuni. Il federalismo o lo facciamo per scelta o lo faremo per necessita. Diamo una mano al Sud a crescere. Se siamo i primi sui servizi non è perchè abbiamo avuto più soldi".
