The Batman

Poche idee ma confuse e copiate da altri film, Seven per primo, per il nuovo capitolo dell'ennesima trilogia sul Cavaliere oscuro.

di EMILIANO BAGLIO 24/03/2022 ARTE E SPETTACOLO
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Tenente, c’è uno vestito da pipistrello che si aggira sulla scena del delitto.

No, non è l’inizio di una simpatica barzelletta ma, purtroppo, la sostanza di The Batman.

Procediamo però per ordine.

Il film di Matt Reeves, onesto mestierante anonimo come tanti, inizia già in media res nel senso che è chiaro che il Cavaliere oscuro (Robert Pattinson) è in giro per Gotham da un bel po’ e d’altra parte c’è già il bat-segnale ed è evidente che con il tenente Gordon (Jeffrey Wright) ci sia un rapporto consolidato.

D’altronde, signora mia, e mica vogliamo raccontare ancora una volta le origini del personaggio dopo che ci abbiamo fatto già sette film senza contare quelli con Ben Affleck e gli spin-off, e sai che noia.

Quindi si dà per scontato che lo spettatore sappia già tutta la manfrina su Bruce Wayne ed i suoi poveri genitori e comunque, qualora qualcuno abbia vissuto in una bat-caverna negli ultimi vent’anni e passa ad un certo punto vi offriamo incluso nel prezzo un bel riassunto spiegone.

In realtà ce ne mettiamo più di uno che così giustifichiamo pure la presenza di Catwoman (Zoë Kravitz) che sennò non si capisce che ci sta a fare.

Insomma qualcuno si sarà detto, perché spremersi le meningi per cercare un’idea nuova quando possiamo prendere un regista qualsiasi, sufficientemente anonimo ma che non sia un cane, e fare l’ennesimo film non richiesto su Batman?

E visto che, appunto, le idee latitano ed il gioco era già riuscito brillantemente con Joker anche il film stesso non è altro che un copia incolla tanto, diciamocelo francamente, la cultura cinematografica media è pari a zero.

Nel caso specifico The Batman, dal punto di vista estetico, è un remake di Seven senza però David Fincher alla regia e realizzato con 27 anni di ritardo.

Avranno pensato che è l’unico noir che tutti devono aver visto, magari per sbaglio in seconda serata su qualche tv privata mentre mandavano messaggi al cellulare.

Hanno aggiunto poi la pioggia come in Blade runner e delle scenografie che, poiché qui abbiamo problemi seri, ci sembravano rubate da Metropolis.

Il resto del menù prevede come già detto un Pattinson che brucia alle ortiche gli sforzi per farsi prendere sul serio (spoiler c’era pure brillantemente riuscito) e và in giro con la faccia imbronciata ed il rimmel sbavato che manco più Robert Smith.

Abbiamo poi Zoë Kravitz in una parte così inutile, superficiale e scritta male che ad un certo punto se la scorda pure lo stesso regista salvo poi farla ricomparire dal nulla con lo spettatore che si chiede come abbia fatto ad arrivare sul luogo di una delle scene clou.

Di contorno una serie di cattivi che pare l’elenco del telefono; John Turturro, Paul Dano (L’enigmista) e pure Colin Farrell (il Pinguino) più irriconoscibile che con la ridicola parrucca bionda di Alexander.

Tutti personaggi che ti dimentichi di loro mentre sono in scena.

Il tutto si conclude con una serie infinita di finali tra i quali uno con special guest il Joker e qualcuno giustamente grida “basta abbiate pietà”.

Però, dice, è fatto bene.

E vorrei vedere con i soldi che ci avranno speso.

Che poi, prendiamo la scena dell’inseguimento in auto, quante ne abbiamo viste girate francamente meglio che si capiva cosa accadeva nella sequenza mentre qui, diciamocelo, è tutto confuso, non si capisce nemmeno dove siano fisicamente le varie auto e tutto si riduce ad una serie di esplosioni roboanti.

Lasciamo poi perdere i conflitti padre-figlio di cui è infarcito il tutto, il dialogo raggelante tra Batman e L’Enigmista il cui succo è sempre lo stesso; il bene ed il male che si assomigliano e via di banalità ripetute da tremila film, Batman come novello Mosè che porta verso la salvezza i cittadini di Gotham, la comunità di follone de L’Enigmista che forse voleva essere un riferimento a Trump e che si risolve in populismo di quart’ordine e così via.

Rimane il mistero di come sia possibile tanto entusiasmo da parte di tanti critici.

EMILIANO BAGLIO


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