Strage di migranti dinanzi alla Libia. ONG "UE e Frontex responsabili".

di redazione 25/04/2021 ESTERI
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 Migranti Strage a largo della Libia, polemiche e rimpallo di responsabilità sui mancati soccorsi.

"Le autorità dell'Ue e Frontex sapevano dell'emergenza, ma hanno negato il salvataggio", ha scritto l'ong Alarm Phone su Twitter. La guardia costiera libica: "Abbiamo fatto tutto il possibile" Tweet Migranti: naufragio a largo Libia, si temono decine vittime Migranti: sono 3 le barche in difficoltà a largo Libia 24 aprile 2021 L'ultima strage di migranti nel Mediterraneo, al largo della Libia, ieri ha fatto 130 morti in mare. Alarm Phone ha lanciato l'allerta per tre diverse imbarcazioni: una con 40 persone e due gommoni che avevano tra i 100 e i 120 passeggeri ciascuno.

La prima imbarcazione si è ribaltata, mentre un gommone ha fatto ritorno in Libia e a bordo sono stati trovati i cadaveri di una donna e di un bambino. Del secondo gommone con 42 persone a bordo, invece, "non si hanno notizie da 53 ore", fa sapere Alarm Phone.  Fonti della Guardia Costiera riferiscono che "l'evento è avvenuto in area di responsabilità sar libica". "Le autorità libiche hanno assunto il coordinamento dell'evento. La Guardia Costiera italiana, su richiesta delle autorità libiche, come previsto dalle convenzioni internazionali sul soccorso in mare, ha individuato le unità mercantili presenti in zona che sono state successivamente utilizzate dalle autorità libiche per le attività di ricerca nell'area". Nonostante ciò non si è potuto salvare i naufraghi. Alarm Phone ha diramato una richiesta di soccorso, che secondo la ong sarebbe stata ignorata dalle autorità libiche. La posizione gps delle imbarcazioni è stata comunicata alle autorità europee e libiche, ma l'unica risposta è stata il sorvolo di un "aereo di sorveglianza di Frontex, sette ore dopo il primo allarme, che ha individuato l'imbarcazione e ha informato tutte le autorità e le navi mercantili in zona sulla situazione critica di pericolo". E anche le autorità europee, secondo il report di Alarm Phone confermato dall'ong Sea Watch, avrebbero respinto le responsabilità del coordinamento delle azioni di salvataggio, indicando in quelle libiche le "autorità competenti". Un 'lavarsi le mani' che ha lasciato in balia del mare "con onde fino a sei metri" le imbarcazioni per una intera notte. "Le autorità dell'Ue e Frontex sapevano dell'emergenza, ma hanno negato il salvataggio", ha scritto l'ong su Twitter. Più netta l'accusa dell'organizzazione internazionale delle migrazioni: "Gli Stati si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone che hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo.  L'incontro al Viminale durante il naufragio La tragedia è coincisa con l'incontro al Viminale tra il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e il ministro degli Affari Esteri libico, Najla El Mangoush, la prima donna nella storia del suo Paese a ricoprire questa carica. Lamorgese "ha ribadito l'esigenza di conferire nuovo impulso alle relazioni italo-libiche, tradizionalmente privilegiate, confermando da parte italiana l'adozione di una strategia ampia e articolata nell'impostazione dei rapporti con il nuovo governo di unità nazionale chiamato a gestire questa fase cruciale per la stabilizzazione del Paese nordafricano".

"Sono sicura che riuscirete a portare a termine con successo il vostro compito e, dal canto nostro, continueremo a sostenervi in tale percorso come abbiamo sempre fatto", ha detto il ministro all'interlocutrice libica.  Onu, Oim e la politica italiana Chiedono una soluzione per impedire le morti in mare anche l'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che "ribadiscono il loro appello alla comunità internazionale affinché vengano prese misure urgenti per porre fine alla perdita di vite umane in mare. Queste misure includono la riattivazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, uno stop al ritorno in porti non sicuri e la creazione di un meccanismo di sbarco che sia sicuro e prevedibile". Un appello condiviso dal segretario del Pd, Enrico Letta, che chiede di organizzare corridoi umanitari per i migranti. "Drammatiche le notizie della sciagura nel Mediterraneo - scrive su Twitter - .

L'orrore deve spingerci ad agire. A non essere silenti. A non girarci dall'altra parte. I corridoi umanitari gestiti dall'Onu sono la soluzione". Polemico, invece, il leader della Lega Matteo Salvini che ha twittato: " Altri morti, altro sangue sulla coscienza dei buonisti che, di fatto, invitano e agevolano scafisti e trafficanti a mettere in mare barchini e barconi stravecchi, anche con pessime condizioni meteo. Una preghiera e tanta rabbia".  La Comunità di Sant'Egidio annuncia che da lunedì 26 aprile si terranno, a partire dalla basilica di Santa Maria in Trastevere, in Italia e in tutta Europa, numerose veglie di preghiera (in presenza e in streaming), promosse dalla Comunità stessa in memoria delle vittime dell'ultimo naufragio davanti alle coste della Libia. Per quanto riguarda la Libia e i suoi centri di detenzione, occorre inoltre "aprire con urgenza corridoi umanitari verso i Paesi europei, con un modello che Sant'Egidio, insieme ad altre realtà come le Chiese protestanti e la Cei, ha già realizzato negli ultimi cinque anni, con buoni risultati riguardo non solo l'accoglienza ma anche l'integrazione", sottolinea la Comunità. La guardia costiera libica: "abbiamo fatto tutto il possibile, contro il mare in tempesta" Il portavoce della marina libica, Massoud Abdelsamad, ha negato che la Guardia Costiera della Libia non abbia fatto tutto il possibile per salvare le vite dei migranti annegati questa settimana al largo delle sue coste tentando di raggiungere l'Italia. "È assolutamente falso", ha risposto  commentando le accuse di inerzia mosse da più parti. "Siamo intervenuti nonostante le pessime condizioni meteo", ha assicurato ancora Abdelsamad. 

 "Abbiamo ricevuto la chiamata di emergenza e abbiamo inviato un'imbarcazione da Al-Khoms direttamente sulla posizione che abbiamo ricevuto da Mrcc Malta ed Mrcc Italia", ha aggiunto il portavoce della marina libica riferendosi ai centri di coordinamento del soccorso marittimo dei due Paesi. "Abbiamo assolto tutte le nostre responsabilità. Ci siamo coordinati, abbiamo collaborato e abbiamo inviato un'imbarcazione", ha dichiarato ancora Massoud aggiungendo che "ci addolora che siano state perse vite": "noi siamo la Guardia Costiera libica. Quando si perde una vita, siamo sconvolti perché la nostra prima missione è salvare vite in mare". "Ma c'erano forti venti e onde alte che rendevano quasi impossibile compiere salvataggi. C'erano condizioni pessime", ha insistito il portavoce ricordando che in "un'altra imbarcazione c'erano 106 persone che abbiamo tratto in salvo recuperando due corpi e portando a terra i sopravvissuti, tra cui donne incinte". "Dopo abbiamo iniziato le ricerche dell'altro gommone ma non abbiamo potuto trovarlo perché le condizioni meteorologiche erano pessime", ha spiegato il commodoro. "Coordinandoci con gli Mrcc di Italia e Malta siamo riusciti a far convergere sull'area tre navi mercantili per compiere ricerche", ha continuato Massoud Abdelsamad. "La mattina dopo, nonostante il vento forte e il mare grosso, abbiamo inviato di nuovo la nostra imbarcazione nell'area ma sfortunatamente non abbiamo trovato nulla e abbiamo dovuto interrompere le operazioni di ricerca", ha ammesso il portavoce. Circa il numero delle vittime, "non posso dire se siano state cento o 130".

Alla domanda sul perché non siano state mobilitate tre motovedette, il portavoce ha ricordato che "Al momento ne abbiamo disponibili solo due e quel giorno avevamo tre casi: uno al confine con la Tunisia e due, compreso quello tragico, al largo di Khoms". A proposito delle ong, il commodoro ha detto: "Non capisco perché vogliano metterci nell'angolo sostenendo che la guardia costiera libica non si coordina con le altre istituzioni" sebbene si stia impegnando al massimo "in una situazione non facile" creata dall'imperversare della pandemia di Covid. 


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