La bonifica dell'amianto per usi civili. Emergenza sanitaria nazionale

di E.R 13/02/2015 ECONOMIA E WELFARE
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Nelle scorse settimane in una dettagliata relazione del Ministero della Sanità si leggeva che in Italia esistono oltre 35 mila siti che andrebbero sottoposti a bonifica per la presenza di amianto. Soltanto 500 sono quelli bonificati negli ultimi anni. Ma il dato più inquietante è che per farlo, se si cominciasse da domani, non basterebbero ottant’anni, quasi un secolo. 32 milioni di tonnellate di amianto da smaltire! Il condizionale continuerà purtroppo ad essere prevalente nel prosieguo dell’articolo, poiché una vera e propria politica di smaltimento in realtà non è da noi mai cominciata. I fondi pubblici utilizzabili sono pochi e di scarsa entità. Naturalmente occorrerebbe partire dai siti in cui si producevano le fibre killer. Casale Monferrato, dove il polverino ha fatto 1700 vittime accertate, gli stabilimenti Fibronit di Bari e di Broni (Pv), Eternit Siciliana di Priolo (Sr), la cava di Monte San Vittore di Balangero (To), l’altro stabilimento Eternit di Bagnoli (Na), la ex Liquichimica di Tito (Po), la cava di Monte Calvario a Biancavilla (Ct) e quella di Emarese (Ao).

Poi bisognerebbe fare un censimento preciso di tutti i luoghi pubblici e privati. E qui arrivano le dolenti note, poiché ospedali, scuole, uffici pubblici e privati, stazioni ferroviarie, aziende pubbliche e private, fino ad alcune redazioni Rai, sono tutti siti dove è fin troppo facile trovare ammassati i resti di quello che negli anni sessanta fu visto come un materiale comodo, di basso costo e facile utilizzo, tanto da far diventare l’Italia uno dei primi paesi europei per utilizzo di amianto.

Ci sono regioni, vedi il Lazio, dove l’incidenza delle morti provocate da tumori direttamente riconducibili all’amianto è in costante aumento. Il Registro regionale dei mesoteliomi maligni del Lazio del dipartimento di Epidemiologia del Sistema sanitario regionale ha registrato 1042 casi di mesotelioma maligno, con il 70% di casi fra gli uomini e il 30% fra le donne, con una prevalenza della fascia d’età 65/74 anni. Oltre mille casi di mesotelioma pleurico dal 2001 al 2014, mentre è almeno di un milione di tonnellate la quantità da smaltire in piena sicurezza.

 La Regione Lazio preso atto che la questione amianto è una delle priorità del proprio sistema sanitario regionale sta lavorando alla possibilità che siano i droni a volare sui tetti delle città, sui siti industriali per mappare al meglio la situazione individuando  immediatamente le criticità. 

A promuovere la proposta di legge la consigliera Cristiana Avenali, già dirigente di Legambiente e recentemente approdata nel Pd. La sua proposta di legge vuole “affrontare in maniera concreta e sistemica i problemi legati all'esposizione all'amianto e sopperire ai ritardi: sono 23 anni che aspettiamo una legge, il tema è cruciale, le persone continuano a morire”. Secondo la Avenali ci sono comuni nel Lazio come Colleferro, Rignano Flaminio, Sezze, Civitavecchia, Pomezia che presentano un tasso di incidenza del mesotelioma sproporzionato rispetto alla media nazionale o di altri comuni laziali. Tutto questo nella consapevolezza che bonificare l’amianto non è operazione agevole, tutt’altro e dai costi non irrisori.

Se allarghiamo lo sguardo alla situazione nazionale, secondo i dati forniti dal Ministero, nell’ultimo anno sarebbero 3000 le vittime, di cui la metà per mesotelioma. Dal 1993 al 2008 sono stati 15 mila i casi legati alla diagnosi di neoplasia correlate all’amianto, dato tra gli altri in forte crescita. Senza contare che i tempi di esposizione vanno dai 20 a 45 anni dall’inizio dell’esposizione e che l’età media in cui si diagnosticano tali patologie è 70 anni. Come dire da qui al 2025 dovremmo registrare un tragico picco.

 



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