Polonia. Entra in vigore il divieto di abortire. Le donne in piazza "Indietro di cento anni"

di redazione 29/01/2021 ESTERI
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In Polonia da mercoledì 27 gennaio è vietato abortire.

La norma, stabilita lo scorso 22 ottobre dalla Corte costituzionale, è entrata in vigore e include anche i casi in cui vi siano delle malformazioni del feto. In sostanza, abortire nell’ex paese sovietico sarà quasi impossibile. Il governo polacco, guidato dal partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) estremamente vicino alle idee cattoliche molto influenti nel paese, ha annunciato senza alcun preavviso di aver inserito la legge in Gazzetta Ufficiale. Immediate le proteste da parte delle associazioni civili, studentesche, dei movimenti femministi e delle organizzazioni per i diritti LGTB+, tornati nelle stesse piazze che avevano invaso già in autunno. 

Mentre qualche mese fa la mancanza delle motivazioni della Corte, senza le quali non si poteva inserire in Gazzetta la norma, aveva rallentato o perlomeno sospeso la questione, ora che sono state pubblicate il governo ne ha stabilito l’effetto immediato. La Corte ha precisato che il Parlamento potrà apportare delle piccole modifiche alla legge, come ad esempio per la possibilità di escludere tutti i casi in cui vi sia una malformazione grave del feto: possibilità per ora non presa in considerazione. 

“Io penso, io scelgo, io decido” e “Libertà di scegliere e non terrore” sono solo alcune delle scritte apparse sugli striscioni portati per le strade delle città polacche da migliaia di manifestanti. La capitale Varsavia è stata nuovamente protagoinista di grandi marce e il movimento femminista  Stajk Kobiet (“Sciopero delle donne”) ha annunciato che proseguiranno fino a venerdì. Anche il sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski, si è schierato con i suoi concittadini dichiarando che questa legge va “contro la volontà del popolo polacco. Non sono solo le donne a portare in piazza, è l’intera nazione che ne ha avuto abbastanza”. Secondo molti manifestanti e oppositori al partitio di governo PiS, questa è l’ennesima e preoccupante dimostrazione di come il paese stia scivolando verso un autoritarismo. Critiche che si aggiungono anche alla mala gestione della pandemia e della campagna vaccinale.

La sentenza della Corte Costituzionale, chiamata in causa in base a un principio della Costituzione polacca in cui è sancito il principio di salvaguardia della vita, va così a modifcare una legge già molto stringente, che prevedeva l’aborto solo nel caso in cui ci fossero delle gravi complicazioni, o per gravidanze che mettessero in serio pericolo di vita la donna o, ancora, arrivate dopo uno stupro o incesto. Queste ultime due possibilità sono rimaste comunque illegali ma se si confrontano i dati ci si accorge di come rappresentino numero esiguo: nel 2019, su 1100 aborti 1.074 erano per gravi malformazioni.

Anche prima che la legge entrasse in vigore, in Polonia gli aborti illegali erano diminuiti drasticamente in quanto i medici si rifiutavano di eseguirli per via della loro fede e delle direttive imposte dagli ospedali, come nel caso del Bielany Hospital di Varsavia. Conseguenza diretta di questa pratica è stata la ricerca, da parte di numerose donne, di abortire fuori dai confini nazionali. 


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