Share di Pippa Bianco. Ovvero di come Internet possa rovinarti la vita.

Festa del cinema di Roma. Sezione: Tutti ne parlano.

di EMILIANO BAGLIO 25/10/2019 ARTE E SPETTACOLO
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Mandy (Rhianne Barreto) ha sedici anni e si è appena svegliata sul prato di casa dopo una notte passata con gli amici.

Non ricorda minimamente cosa sia successo, come sia finita lì o perché abbia un livido sul braccio.

Il giorno dopo però le compagne di classe le inviano sul cellulare un video nel quale la ragazza è vittima di violenza.

Pippa Bianco, autrice di Share è stata una delle registe coinvolte in Euphoria serie tv prodotta dalla HBO e tratta dall’omonima serie israeliana, incentrata sulla vita di un gruppo di adolescenti.

Il dato è essenziale per comprendere il primo lungometraggio della regista che è nuovamente incentrato su quell’età.

Ancora una volta al centro della vicenda c’è una violenza.

Il punto focale della pellicola però sembra essere quello indicato dal titolo.

Come sappiamo ai nostri giorni tutto viene filmato e condiviso ed è proprio questo il problema con il quale si trova a fare i conti Mandy.

La ragazza non ricorda assolutamente nulla di quella notte e forse, in altre condizioni, cercherebbe di dimenticare tutto seppellendo sotto il tappeto il trauma cercando di far finta di nulla.

Ma, come si diceva prima, ora viviamo nell’epoca dei cellulari con cui è possibile immortalare ogni nefandezza, farla girare tra amici per poi magari caricarla su internet incuranti delle conseguenze.

Così, inevitabilmente, anche i genitori della ragazza vengono a sapere del fatto.

Arrivati a questa svolta Share comincia a muoversi su di un doppio binario.

Pippa Bianco, forte dell’esperienza televisiva, da un lato confeziona un film perfetto che ci racconta la vita di Mandy e dei suoi amici.

La voglia di normalità della ragazza, le sue amicizie, il possibile amore per un suo compagno di classe, le serate con le amiche a sballarsi ed ubriacarsi, le partite e gli allenamenti di basket; tutto viene spazzato via in un attimo.

È qui che si innesta l’altro tema del film, narrato con toni che richiamano il film poliziesco con tanto di indagini e confronti.

Purtroppo, come accade anche nella realtà, ben presto Mandy si ritrova ad essere due volte vittima.

Non solo ha subito violenza ed il suo mondo le crolla addosso.

Gli amici di un tempo rivelano il loro vero volto, i rapporti si sgretolano, viene persino espulsa dalla squadra di basket e si ritrova sola, in casa con la prospettiva di dover affrontare un calvario giudiziario lungo anni che, tra l’altro, la metterebbe per forza sotto gli occhi dei riflettori.

Il filmato che la riguarda finisce persino in televisione ed i suoi avvocati le suggeriscono di rilasciare interviste e pubbliche dichiarazioni.

Quello che dovrebbe rimanere un trauma privato da affrontare con la necessaria elaborazione diventa uno show in cui la vittima viene data in pasto alla pubblica opinione senza riguardo alcuno verso di essa.

Questo, ci ricorda la regista, è il mondo in cui viviamo.

Una realtà in cui le violenze diventano file video da scambiarsi con gli amici.

Ma se non esiste più il diritto all’oblio l’unica possibilità che rimane è cancellare quell’ultimo maledetto file che finalmente ti svela la verità.

 

EMILIANO BAGLIO


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