Alma Har'el: Honey boy. L'infanzia triste e la realtà dei perdenti

Festa del cinema di Roma. In concorso.

di EMILIANO BAGLIO 23/10/2019 ARTE E SPETTACOLO
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Realizzerò un film su di te.

Sì conclude con questa premessa il percorso di riabilitazione di Otis (Lucas Hedges).

Otis è un giovane e famoso attore che, dopo l'ennesimo arresto per ubriachezza, si trova costretto ad accettare di entrare in un rehab.

Qui avrà modo di ripensare alla sua infanzia (ad interpretarlo da ragazzo è Noah Jupe) e soprattutto al rapporto con il padre James (Shia LaBeouf).

 

Può una storia personale diventare universale? Visti i risultati di Honey boy la risposta è decisamente sì.

In realtà dietro il primo film di finzione di Alma Har'el, c'è LaBeouf.

Honey boy, infatti, è una storia profondamente autobiografica.

L'attore ha deciso di mettere in scena la sua infanzia, segnata da un padre alcolizzato ed eroinomane e da abusi mentali e psicologici ma anche il suo presente di attore che più volte ha avuto problemi con le forze dell'ordine.

Il rischio era che ne venisse fuori un film per soli fans.

Honey boy, invece, è un ottimo esempio di come il cinema possa essere una vera e propria forma di terapia eppure, al tempo stesso, è una testimonianza vivida, intensa e poetica degli abusi su minori.

Har'el ha realizzato un film capace di dipingere un'intera realtà, quella di un America marginale ed emarginata, fatta di reduci, alcolizzati, perdenti, rifiuti della società e prostitute.

Lo squallido motel in cui vivono Otis e James, il luogo angusto e soffocante dove va in scena la loro psicoterapia, è un parente diretto di quello visto in Un sogno chiamato Florida (http://www.euroroma.net/6731/TUTTI/the-florida-project-un-sogno-chiamato-florida-lennesimo-meraviglioso-film-di-un-regista-semplicemente-immenso.html) e non è certo un caso che al centro di entrambe le pellicole ci siano dei bambini.

Certo il contesto cambia ma non bisogna certo farsi ingannare dalle luci di Hollywood in cui si muove Otis.

Dietro di esse si nasconde la violenza di un padre che scarica sul figlio tutte le proprie frustrazioni.

Come dirà lo stesso Otis, l'unica cosa che il padre gli ha insegnato è il dolore.

Eppure, nonostante ciò, non c'è rabbia o rancore nella confessione di LaBeouf ed anzi il rapporto padre-figlio è capace anche di atti di complicità ed affetto, così come non mancano i momenti poetici affidati in particolar modo alla delicata amicizia che Otis stringe con una ragazza vicina di stanza (FKA Twigs).

Con la differenza che, come ci ricordano le foto sui titoli di coda, dietro la finzione si cela una dolorosa realtà.

 

EMILIANO BAGLIO


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