Petroliere colpite. Usa "E' opera dell'Iran". Tehran "Fantasie e invenzioni di Trump"

di redazione 14/06/2019 ESTERI
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L'Iran "respinge categoricamente" le affermazioni degli Usa della responsabilità di Teheran per gli ultimi attacchi alle petroliere. Lo ha comunicato la missione iraniana all'Onu sottolineando che "condanna nei temi termini più forti" tali affermazioni. "La guerra economica degli Stati Uniti e il terrorismo contro il popolo iraniano, nonché la loro massiccia presenza militare nella regione sono stati e continuano ad essere le principali fonti di insicurezza e instabilità nel Golfo Persico", si legge nella dichiarazione.

"Né le invenzioni e le campagne di disinformazione, né incolpare vergognosamente gli altri - ha dichiarato la missione iraniana all'Onu - possono cambiare la realtà". Teheran, inoltre, ha "espresso preoccupazione per gli incidenti alle petroliere", chiedendo poi "alla comunità internazionale di essere all'altezza delle sue responsabilità nel prevenire le politiche e le pratiche sconsiderate e pericolose degli Usa e dei suoi alleati che aumentano le tensioni nella regione".

L'armatore giapponese proprietario della petroliera Kokuka Courageous, attaccata nel Golfo dell'Oman, riferisce di aver notato 'oggetti volanti' prima dell'esplosione, escludendo in questo modo che a causare i danni siano state mine, come suggerito dagli Stati Uniti. Da un video diffuso dal comando centrale Usa, infatti, il segretario di Stato Mike Pompeo accusava l'Iran di aver rimosso durante i soccorsi una delle mine dal fianco della nave per nascondere le prove.

"Nessuno vuole vedere la guerra nel Golfo e non è nell'interesse di alcuno": per questo, la Cina invita al "dialogo" e a risolvere le differenze attraverso il dialogo. "Speriamo che tutte le parti rilevanti restino calme ed esercitino autocontrollo evitando l'ulteriore escalation delle tensioni", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang.

Il governo di Tokyo è alla ricerca di maggiori informazioni per individuare i responsabili dell'attacco di ieri delle due petroliere - una giapponese e una norvegese, nel golfo dell'Oman. "Al momento attuale non sappiamo chi ha compiuto l'incursione, e come si è svolta", ha detto il ministro dei Trasporti, Keiichi Ishi, in una conferenza stampa. Gli attacchi sono stati portati a termine durante la visita del premier nipponico Shinzo Abe a Teheran, realizzata per mediare tra l'amministrazione di Washington, fedele alleato di Tokyo, e la Repubblica Islamica, con cui il Giappone intrattiene relazioni commerciali ed economiche definite 'amichevoli'. Gli Stati Uniti accusano l'Iran degli attacchi, e il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, è andato oltre aggiungendo che Teheran 'ha insultato il Giappone', compiendo l'aggressione alla nave giapponese Kokuka Courageous, operata dalla Kokuka Sangyo. Ishii ha detto di non avere elementi per determinare che l'incidente è collegato alla visita di Abe. Il ministro dell'Economia e del Commercio giapponese, Hiroshige Seko, ha escluso problemi con la fornitura di petrolio, ribadendo che il governo continuerà a monitorare la situazione.

In un video fatto circolare dal Pentagono, annunciato ieri dall'amministrazione Usa, si vede quella che viene descritta come una imbarcazione con dei Guardiani della Rivoluzione iraniani (Pasdaran), intenti a rimuovere quella che appare essere una mina magnetica inesplosa dal fianco della petroliera giapponese, la Kokuka Courageous, danneggiata probabilmente da un'altra mina, ieri nel Golfo di Oman. Le immagini in bianco e nero circolano in queste ore sui media.

Lo scambio reciproco di accuse fra Iran e Usa sulla responsabilità dell'attacco alle due petroliere nel Golfo dell'Oman tiene in rialzo il prezzo del greggio sui mercati con il Wti che sale dello 0,4% a 52,49 e il Brenta a 61.81 (+0,8%). Intanto, secondo i dati dell'agenzia governativa Eia, l'import di petrolio degli Stati Uniti dai paesi Opec crolla ai minimi degli ultimi 33 anni a 1,5 milioni di barile al giorno grazie all'aumento della produzione nazionale e alle sanzioni al Venezuela, rendendo il paese meno dipendente dall'estero.


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