A Napoli il dibattito sulla legalizzazione della cannabis. Alcuni magistrati favorevoli.

di redazione 06/05/2017 POLITICA
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Nei giorni scorsi il sostituto procuratore di Napoli Woodcock ha scritto una lettera al quotidiano La Repubblica, invitando la classe politica e l'opinione pubblica a riflettere sulla possibilità di legalizzare il consumo della cannabis

Questo un estratto pubblicato dal quotidiano:

CARO direttore,

"I prossimi 5 e 6 maggio, nelle sale dell'Istituto Italiano per gli Studi filosofici, si terrà un convegno promosso dalla associazione "Not dark yet" (Non è ancora buio), dal titolo "Prima (invece) di punire". La mattinata di venerdì sarà dedicata al tema della legalizzazione della cannabis, proposta come una strategia per combattere l'illegalità. Parteciperò anche io a questa sessione, insieme ad altri autorevoli personaggi come Franco Roberti (Procuratore Nazionale Antimafia), il senatore Benedetto Della Vedova (promotore di una proposta di legge sul tema che ha raccolto moltissimi consensi) e il giurista Fernando Rovira, che ha contribuito alla stesura della prima legge che, in Uruguay, ha regolamentato la vendita della cannabis, come specifica strategia per combattere il narcotraffico.

Dopo la coraggiosa iniziativa di questo piccolo Stato dell'America Latina, anche alcuni Stati nord americani, come il Colorado e Washington DC, hanno liberalizzato l'uso delle droghe leggere per scopi ricreativi, ad essi si sono poi aggiunti l'Oregon e l'Alaska e, in concomitanza con le elezioni presidenziali dello scorso novembre, anche in altri 8 Stati (tra cui l'immensa California) sono passati referendum che proponevano il libero uso della marijuana per scopi medici e/o ricreativi.

La scelta della depenalizzazione si fa dunque sempre più matura e si consolida nell'opinione pubblica. E riguarda molto Napoli, da alcuni additata come "la capitale dell'illegalità". Sommessamente penso che debba affermarsi l'idea che il contrasto solo "militare" dei fenomeni criminali sia troppo costoso (in termini di risorse materiali, ma anche di sperpero di vite e destini individuali) e si sia dimostrato fallimentare, come dice oggi la Dna a proposito delle droghe leggere. Varrebbe la pena di cominciare a pensare a strategie di contrasto dell'illegalità che superino una impostazione meramente repressiva, e soprattutto bisognerebbe immaginare ad un progetto che in un futuro, speriamo non lontano, consenta di impiegare le "energie umane", oggi impiegate nel mercato illegale della cannabis (e, di regola, sfruttate dalla criminalità organizzata), nell'auspicabile "mercato legalizzato" della stessa.

 

Politici, medici, intellettuali. Ma soprattutto magistrati. Ecco il partito della legalizzazione delle droghe leggere. Nasce a Napoli, città sconvolta dalla faida delle cosiddette "paranze dei bambini", le gang di giovanissimi che si ammazzano per conquistare fette di territorio da trasformare in piazze di spaccio. Quelle bande contro cui lotta ogni giorno Henry John Woodcock, pm di punta della Procura di Napoli che ha riacceso il dibattito sulla marijuana legalizzata con una lettera pubblicata ieri su Repubblica.

Se ne parla al convegno "Prima (invece) di punire", organizzato dall'associazione "Not Dark Yet", letteralmente "Non è ancora buio", da una canzone di Bob Dylan, che lancia una sorta di manifesto del nuovo antiproibizionismo promosso dai magistrati.

Aderisce all'iniziativa, anche se con qualche distinguo, il procuratore nazionale della Dda Franco Roberti: "Siamo favorevoli a una disciplina che attribuisca ai Monopoli di Stato, in via esclusiva la coltivazione, lavorazione e vendita della cannabis e dei suoi derivati. Siamo però radicalmente contrari alla previsione di autorizzare la coltivazione della cannabis ai privati", è la posizione della Procura antimafia affidata a un messaggio letto durante l'incontro.

"Il problema non è la legalizzazione sì o no, perché secondo me quella della legalizzazione è una scelta obbligata, un problema solo di tempo. Speriamo che non ci sopravviva e che i tempi siano più possibili brevi" si augura Woodcock che, riferendosi alle paranze dei bambini, lancia una scommessa: "Quella di immaginare, di sognare che le straordinarie energie, che questi ragazzi mettono in quella che adesso è un'attività illecita, possano essere in qualche modo sfruttate per attività diventate legali".


Tema sentito, ma scivoloso che divide gli stessi magistrati. Se il presidente dell'Anac Raffaele Cantone ha cambiato idea e vede nella legalizzazione "un modo per impedire ai ragazzi di entrare in contatto con la criminalità organizzata", resta su posizioni decisamente contrarie il capo della Procura di Catanzaro Nicola Gratteri che ha più volte espresso il concetto per cui la "cannabis legale oltre a essere immorale non servirebbe a colpire le mafie". Anche la Dda di Napoli non è monolitica: un altro pm, Catello Maresca, titolare di inchieste scottanti, ribadisce il suo no: "Rispetto tutte le idee, ma solo la sperimentazione ci potrebbe dire quello che è giusto, ma in questo caso sarebbe troppo rischioso. Mi preoccupa l'effetto riflesso: legalizzare la distribuzione delle droghe leggere farebbe ritenere lecito un comportamento ritenuto oggi riprovevole da molti ragazzi, avvicinandoli all'uso di queste sostanze".

 


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