Crimes of the future

Cronenberg ci offre un sunto del suo cinema con un film magnifico e forse anche profetico.

di EMILIANO BAGLIO 26/08/2022 ARTE E SPETTACOLO
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Da qualche parte, si presume nel futuro.

Poiché Crimes of the future è una coproduzione cui partecipa anche la Grecia, nella realtà il set è Atene.

Nella finzione i personaggi si muovono in una città apparentemente deserta e fatiscente, tra palazzi pieni di graffiti dai muri scrostati spesso in contesti industriali; capannoni in mezzo al nulla, fabbriche abbandonate, garage e cimiteri di navi.

Si potrebbe pensare dunque che si tratti di uno scenario apocalittico eppure Crimes of the future non dà mai questa impressione.

I protagonisti della vicenda si muovono in questa realtà senza mostrare nessun disagio e sicuramente, almeno in parte, non sono affatto degli emarginati o dei reietti.

Piuttosto l’impressione è che Cronenberg abbia consapevolmente scelto uno scenario povero e scarno, disadorno, essenziale e diremmo quasi francescano.

Forse il regista canadese punta a sfrondare il suo cinema di tutto quello che è di troppo puntando all’essenza. Nulla deve distrarre lo spettatore.

In questo futuro l’umanità sta sviluppando mutazioni genetiche, prima tra tutte la scomparsa del dolore.

C’è chi ha trasformato queste mutazioni in arte ed è il caso di Saul Tenser (Viggo Mortensen) e della sua compagna Caprice (Léa Seydoux) con la quale si esibisce in performance artistiche nelle quali Caprice asporta i tumori che produce continuamente il corpo di Saul e ne consegna ai posteri la forma sotto forma di tatuaggio.

C’è chi come Timlin (Kristen Stewart) e Wippet (Don McKellar) si impegna a catalogare queste mutazioni cercando di comprendere dove possano portare.

C’è il poliziotto Cope (Welket Nungué) che è convinto che tali mutazioni vadano in qualche modo fermate ed infine chi, invece, come Lang Dotrice (Scott Speedman) pensa che il futuro dell’umanità sia proprio in queste mutazioni.

Molti hanno visto in Crimes of the future una sorta di testamento da parte di David Cronenberg.

Non fosse altro che perché il titolo ed alcune idee provengono dall’omonimo secondo lungometraggio del regista realizzato nel lontano 1970.

Effettivamente il nuovo film del regista canadese è quasi la summa di tutta la sua carriera.

Ad esempio il letto nel quale dorme Saul ricorda i cordoni ombelicali di Brood – La covata malefica (1979) e gli strumenti chirurgici sono figli di quelli di Inseparabili (1988).

Non manca nemmeno il ronzio continuo di una mosca che accompagna i nostri personaggi in una citazione divertita forse de La mosca (1986) in un film pieno di ironia, basti pensare alla performance del ballerino pieno di orecchie che in realtà sono posticce e non servono a nulla se non, appunto, a fare scena.

In realtà tutto Crimes of the future ripropone le ossessioni che da una vita accompagnano Cronenberg, insomma questo è un film simbolo di come la poetica dei veri autori in fondo ruoti intorno sempre agli stessi temi.

Ecco allora la chirurgia che ha sostituito il sesso, l’automutilazione, il tagliarsi come atto erotico in un discorso già affrontato in Crash (1996).

Senza dimenticare le invenzioni scenografiche delle quali è pieno il film, dalla sedia che aiuta i protagonisti a mangiare passando per il “telecomando” con il quale Saul e Caprice manovrano i bisturi durante le loro performance che è palesemente una vagina.

Insomma Cronenberg ripropone ancora una volta quello che, per comodità, è passato alla storia del cinema come body horror e che in realtà è un discorso più complesso sul rapporto con il nostro corpo, sulla mutazione dello stesso, sul dolore e sul sesso e che qui sembra, questo sì, diventare quasi un monito ed una profezia per il futuro.

In questo senso Crimes of the future parla chiaramente del nostro presente.

Non solo perché è la scienza stessa a dirci che i nostri corpi, stanno mutando ma perché forse l’intera umanità si trova di fronte ad un cambiamento, nello specifico quello climatico, che chissà dove ci porterà.

Cronenberg però a noi sembra tutta’altro che pessimista, ci sembra che la mutazione di cui parla nel film venga vista non come un problema ma come una soluzione.

Forse l’avvento che vorrebbe annunciare Lang, ovvero la nascita di una nuova razza che sappia cibarsi degli scarti che ha prodotto essa stessa mandando alla rovina l’ambiente, è veramente la nostra unica speranza.

Quello che è certo è che Cronenberg ha le idee chiare sul fatto che accettare il cambiamento sia l’unica possibilità per vivere come dimostra un finale che non possiamo fare a meno di pensare che sia pieno di speranza.

EMILIANO BAGLIO


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