X

Un omaggio filologicamente perfetto agli horror anni '70 ed una lezione di cinema.

di EMILIANO BAGLIO 16/07/2022 ARTE E SPETTACOLO
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Il nuovo film di Ti West è tutto contenuto nel suo incipit.

Un’inquadratura dal formato quadrato, smussato agli angoli, come le immagini del porno girato dai protagonisti della vicenda.

Lentamente la macchina da presa avanza e l’immagine si allarga svelando il trucco, la telecamera riprendeva il tutto dall’interno di un fienile e le bande nere ai lati, in realtà, erano le pareti della porta.

Metacinema, direbbe qualcuno.

Solo che Ti West non ha bisogno di imbastire chissà quali discorsi teorici sul cinema o di esplicitare le sue intenzioni, i suoi messaggi e le sue metafore.

Si affida, da regista navigato quale è, al cinema stesso, lasciando che sia la forma a veicolare il senso.

Ancora una volta al centro di tutto c’è un omaggio.

Se in The house of devil (2009) il punto di riferimento erano gli anni ’80, in X sono invece gli horror degli anni ’70 ed in particolar modo il Tobe Hooper di Non aprite quella porta (1974).

X è un omaggio, filologicamente perfetto, a quel tipo di cinema del quale ripropone tutte le caratteristiche salienti.

Detto altrimenti in X tutto quello che accade è facilmente intuibile.

Ti West, un po’ come aveva fatto il Wes Craven di Scream (1996), si diverte come un matto a mettere in mostra, in piena evidenza, i cliché del genere.

Esemplare, tanto per fare un esempio, la scena in cui Wayne (Martin Henderson) si aggira di notte, a piedi nudi, per le stalle.

La telecamera inquadra con insistenza un pezzo di legno dal quale fuoriesce un chiodo ed è chiaro a tutti che il suo piede finirà proprio lì.

X è tutto così; ogni svolta narrativa è perfettamente intuibile con largo anticipo, Ti West si spinge sino ad utilizzare, per l’ennesima volta quella (Don’t fear) the reaper dei Blue Öyster Cult resa immortale da Halloween (1978) di John Carpenter.
Insomma, X è innanzitutto un film che riflette sul cinema riproponendo la struttura classica dello slasher anni ’70.

Ma Ti West si spinge più in là per quanto riguarda le possibile letture del suo film.

Innanzitutto sceglie, significativamente, di ambientare il film nel 1979.

Gli anni ’70 stanno finendo e alle porta si affaccia l’edonismo Reaganiano con tutto quello che ciò comporterà dal punto di vista sociale ed economico.

Non a caso i protagonisti della vicenda sono una troupe di un film porno.

C’è il produttore Wayne, il giovane regista sperimentale RJ (Owen Campbell) con la fidanzata microfonista Lorraine (Jenna Ortega), la starlette bionda Bobby-Lynne (Brittany Snow), il divo superdotato Jackson (Scott Mescudi) e soprattutto l’eroina Mia Goth impegnata in una doppia parte.

Sono gli ultimi fuochi dell’epoca del porno in pellicola, le videocassette stanno per entrare prepotentemente nel mercato cambiando per sempre la visione cinematografica ed in particolar modo il mondo del porno; dalla pellicola si passerà presto al vhs.

Questa troupe dunque incarna un mondo che sta scomparendo che non è solo quello del porno ma in realtà quell’onda lunga libertaria, soprattutto per quanto riguarda la rivoluzione sessuale e dei costumi, cominciata negli anni ’60.

Una visione del mondo che, letteralmente, si scontra con la coppia di anziani che ospita i nostri poveri malcapitati in uno scontro che è di generazioni, ma anche di costumi.

Da un lato insomma, volendo utilizzare comodi schemi, abbiamo la cultura liberal, dall’altra l’America più profonda e reazionaria incarnata perfettamente anche dall’ambientazione Texana.

Tutto nel film di Ti West testimonia un cambio epocale, sin dallo squallido topless bar dal quale partono i nostri sprofondato in un anonimo parcheggio polveroso nella periferia industriale di Houston.

La differenza rispetto però ad altri registi è che Ti West non ha bisogno di esplicitare il sottotesto politico che agita il suo film ed anche in questo X è filologicamente perfetto.

Come nel miglior cinema horror anni ’60-‘70 il genere diviene il mezzo attraverso il quale mettere sotto osservazione la società ed avviare un discorso critico du di esso.

Ma forse queste sono solo illazioni è X altro non è un “cazzo di film dell’orrore” con tanto di prequel girato in contemporanea come da tradizione.

EMILIANO BAGLIO


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