Alma Sejdini. Una donna e il suo coraggio contro la mafia e la cieca burocrazia

di Giulia Di Trinca 19/11/2021 CULTURA E SOCIETÀ
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Prima di essere seppellita hanno avvolto la sua bara nel tricolore. Ad ottenere la cittadinanza italiana però, Alma Sejdini non ce l’ha fatta.

L’aveva chiesta, credendo di averla “guadagnata sul campo”, dopo che la denuncia e le sue rivelazioni portarono all’arresto dei suoi sfruttatori e del clan cui appartenevano legato alla mafia albanese. Il suo gesto liberò, oltre lei, un’altra decina di donne.

Non potendo più tornare in Albania, si stabilì in Italia, ricevendo lo status di apolide e di conseguenza il permesso di soggiorno, lavorò come mediatrice culturale ed interprete e continuò il suo impegno nella lotta alla prostituzione.

Un apolide (dal greco a-polis “senza città”) è un uomo o una donna che non possiede la cittadinanza di nessuno stato. Gli apolidi, riconosciuti attraverso una procedura formale, secondo i diritti previsti dalla Convenzione del 1954 sullo status delle persone apolidi, hanno diritto a un permesso di soggiorno, all’istruzione, alla sanità e alla pensione così come all’accesso all’impiego e al rilascio di un titolo di viaggio per apolidi.  

Questione burocratica e crudele, di lassismo istituzionale, quella dei documenti di Alma, simile a tante altre che rimangono drammaticamente anonime. Un sostrato di disperazione sopra il quale, i cittadini italiani ed europei camminano inconsapevoli, forse incuranti.

Secondo i dati UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) sono 50.000 le vittime rilevate di tratta e sfruttamento nel mondo, individuate ed ingannate dalle reti criminali sulla base delle necessità economiche, oggi aggravate dalle conseguenze del Covid-19. Il 66% sono adulti, il 34% minori, percentuale quest’ultima che da 15 anni a questa parte, risulta aumentata del 24%.

Il calvario di Alma detta Adelina, inizia nella sua terra natale, a Durazzo, in Albania, quando ancora adolescente si imbarca per raggiungere l’altra sponda dell’Adriatico, dove sarà costretta a prostituirsi.

Se per molti dei suoi connazionali, l’Italia era la terra promessa, per lei fu l’inferno, vessata, torturata, mercificata. I suoi sfruttatori però non riuscirono in un unico intento, soffocare il suo desiderio di libertà e giustizia, il suo coraggio, lo stesso usato per rivendicare quei diritti revocati, dopo l’esito negativo dell’ultimo rinnovo del permesso di soggiorno.

Ad Alma era stata proposta la cittadinanza albanese, paese nel quale non sarebbe potuta tornare per il rischio di vendetta della mafia, rifiutandola però, perse anche il suo stato di apolide.

Alma era sparita di nuovo. Dopo aver lottato tanto per riconquistare la sua identità e la dignità personale, lo Stato italiano la relega ai margini e la minaccia di espulsione. Gravemente malata di cancro era stata addirittura riconosciuta invalida al 100% ma data la situazione e poiché sui documenti fu erroneamente riportato che lavorava non ha potuto ricevere la pensione.

Dopo gli innumerevoli colpi subiti e coraggiosamente incassati, l’ultimo la stende a tappeto. Considerando la legge e alla luce dei fatti, Alma evidentemente, non rientrava nei “casi speciali” ipotizzati dal Decreto Legislativo n. 113 del 2018 (c.d. Decreto Sicurezza) che altresì aboliva la protezione umanitaria, tra cui venivano considerate le vittime di tratta e di grave sfruttamento con permesso di protezione speciale ex art.18 del TUI. Ma neppure fu un soggetto da esaminare in base al nuovo Decreto Legge n. 130 del 2020 che andava a modificare il precedente Decreto Sicurezza, includendo nuovamente i richiedenti asilo nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), a cui potevano accedere anche le vittime di tratta e sfruttamento ex art.18 del TUI.

Alma divenuta una X su un documento non si arrende e da Pavia dove risiede, scende combattiva fino a Roma. Spera in un incontro col Presidente della Repubblica o con i rappresentanti del Ministero dell’Interno, partecipa a trasmissioni televisive per far conoscere la sua storia al grande pubblico.

Nel frattempo, le recapitano il foglio di via. Inizia un nuovo calvario per Alma che disperata, il 28 ottobre decide di darsi fuoco, viene soccorsa e ricoverata. In seguito alle dimissioni e solo 48 ore prima della sua morte, subisce un Tso.

I famigliari non si spiegano ancora, come sia stato possibile che Alma fosse stata dimessa dopo sole 24 ore di ricovero: vogliono vederci chiaro, ora sono loro a chiedere giustizia e verità per lei, che aveva sempre creduto nelle forze dell’ordine e nelle istituzioni e aveva sperato che la legge avesse un cuore.

Il 6 novembre è un sabato e a Roma è la sera dedicata alla movida. Le giornate sono ancora miti e il covid non è minaccioso come prima, ha smesso anche di piovere. Su Ponte Garibaldi il tram viaggia da una sponda all’altra del Tevere, da un lato si vede Ponte Sisto, dall’altro l’Isola Tiberina e la cupola della Sinagoga che spunta tra le chiome dei platani. Alma è libera, l’hanno lasciata uscire dall’ospedale, ma disperata. Non sa cosa sarà di lei, cosa le accadrà, piuttosto che finire nelle mani dei suoi aguzzini preferisce porre fine alla sua vita e decidere lei il momento, senza aspettare il cancro. Scavalca il ponte e finisce sull’asfalto. Il suo corpo indifeso, privo di ogni pudore giace a terra e sembra sfidare i suoi concittadini mancati a guardarla, ad osservare come lo Stato l’ha ridotta, a furia di respingerla indietro oltre il suo muro di gomma.   

La storia di Alma è la storia di tutti coloro i quali sono impegnati quotidianamente a rivendicare i propri diritti, consegnati ad un’autorità matrigna e a funzionari pedanti che hanno perduto ogni contatto con il tessuto sociale, così da trattare con pratiche e non più con persone.

In Italia, il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri è il soggetto deputato a coordinare, monitorare e valutare gli esiti delle politiche di prevenzione, contrasto e protezione sociale delle vittime di tratta. Secondo il rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the children, nel 2019, dopo la scadenza del primo Piano Nazionale d’Azione 2016- 2018, adottato dal Consiglio dei Ministri con DPCM del 26 febbraio 2016, erano stati avviati i lavori per il nuovo Piano e le relative priorità. Nel marzo 2020, a pochi giorni dalla dichiarazione del primo lockdown nazionale, la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia aveva convocato la Cabina di Regia nel corso della quale era stato sottolineato l’impegno per l’adozione di un nuovo Piano Nazionale d’Azione entro il 2020. Il 12 maggio scorso la Ministra dichiarò che la presentazione del nuovo PNA risultava in fase di revisione.

Nel maggio 2021 il DPO ha pubblicato il nuovo bando con un finanziamento previsto di 23,9 milioni, in linea con quanto stanziato nel 2018, per progetti volti ad accogliere, proteggere e integrare i cittadini stranieri vittime di tratta.

I finanziamenti anche se in ritardo per l’emergenza sanitaria, sono stati attivati ma ad oggi, manca ancora un nuovo Piano Nazionale d’Azione Anti-tratta.

Alma non aspetta più.


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