Scuola. Il MInistro pensa agli ispettori per valutare il lavoro degli insegnanti. Docenti e sindacati "Stipendi fermi da dieci anni". I precari "Noi, gli invisibili della scuola"

di redazione 24/10/2021 CULTURA E SOCIETÀ
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Voti anche per docenti e dirigenti scolastici. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, sta pensando ai giudizi anche per il personale scolastico. Dunque non più voti solo per gli studenti, ma anche per gli insegnanti.

Nessun intento punitivo, però: l’obiettivo, secondo fonti di Viale Trastevere citate dal quotidiano, è quello di migliorare l’offerta formativa per gli alunni, andando a individuare le carenze nelle attività scolastiche. Le valutazioni ai docenti non andranno ad incidere su carriere e stipendi.

In campo arriveranno gli ispettori ministerialima l’idea è di dare un vero ruolo anche ai comitati di valutazione creati ad hoc all’interno delle singole scuole, formati dai docenti stessi che con gli strumenti dell’Invalsi andrebbero a valutare le attività interne all’istituto.

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, in un recente intervento, ha detto che per“dare avvio ad un processo di revisione e rafforzamento del Sistema nazionale di valutazione, quale strumento di accompagnamento delle istituzioni scolastiche, nell’ottica di un impegno costantemente orientato al miglioramento della qualità della propria offerta formativa. Tale obiettivo verrà raggiunto anche attraverso il potenziamento del contingente del corpo ispettivo”.

Con riferimento a notizie di stampa pubblicate in data odierna, fonti del Ministero dell’Istruzione precisano che non si sta lavorando a “voti” o “pagelle” per dirigenti e insegnanti. Si lavora, invece, come effettivamente previsto dall’atto di indirizzo politico per il 2022, alla valorizzazione e formazione del personale e al miglioramento della valutazione del sistema scolastico nel suo complesso, non certo con l’obiettivo di assegnare “voti”, ma per garantire una sempre maggiore qualità dell’offerta formativa proposta a studentesse e studenti. In questo senso, anche il potenziamento del corpo ispettivo è inteso come sostegno alle scuole e alla loro autonomia.

Da cinque anni le retribuzioni dei docenti italiani sono ferme. Ma non solo: un dirigente scolastico guadagna il doppio di un maestro o un professore con quindici anni di servizio alle spalle. Il dato arriva dal rapporto annuale di Eurydice “Teachers’ and school heads’ salaries and allowances in Europe 2019-20” che mette a confronto i numeri sugli emolumenti dei sistemi d’istruzione di 38 Paesi. Un campanello d’allarme che le organizzazioni sindacali suonano già da un po’ di tempo, alla vigilia della stagione del rinnovo contrattuale. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a fine settembre aveva detto di essere al lavoro su questo: “Mi sto facendo portatore della dignità di tutta la scuola. Dopodiché siamo perfettamente consci che la mia attività propria è l’atto di indirizzo, mentre la parte contrattuale deve coinvolgere il Governo nel suo insieme“.

Di incremento delle retribuzioni aveva parlato anche l’ex ministra Lucia Azzolina (governo Conte II) e non solo. Nel 2017, alla trasmissione L’aria che tira, l’allora inquilina di viale Trastevere Valeria Fedeli (governo Gentiloni) aveva detto che lo stipendio di un insegnante “dovrebbe aggirarsi intorno ai tremila euro al mese“. L’anno prima, uguale promessa era arrivata da Stefania Giannini (governo Renzi): “Se la base stipendiale per il pubblico impiego sarà aumentata – mi pare che i margini ci siano – sarò la prima che farà la battaglia per aumentare gli stipendi dei docenti”, prometteva a Radio 24. Nonostante tutte queste dichiarazioni di principio, dal 2016 al 2021 non c’è mai stato alcun segno più accanto allo stipendio dei docenti. Anzi: negli ultimi dieci anni, secondo il rapporto di Eurydice, la retribuzione è persino stata tagliata dello 0,5%.

Dunque, a leggere il rapporto, in Italia la paga d’ingresso di un insegnante oscilla tra i 22 e i 29mila euro annui, gli stessi di Francia, Portogallo e Malta. Molto di più si guadagna in Belgio, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia, dove le retribuzioni viaggiano tra i 30 e i 49mila all’anno. Mentre in Danimarca, Germania, Lussemburgo e Svezia si va anche oltre i 50mila annui. Peggio dell’Italia fanno solo i Paesi dell’est Europa, che però hanno in genere un Pil molto inferiore: in Bulgaria, Ungheria, Polonia e Romania gli stipendi ai aggirano intorno ai 9mila euro l’anno, ancora più bassi in Albania, Serbia e Turchia.

Da noi, inoltre, gli stipendi iniziali dei docenti possono aumentare – di circa il 50% – solo dopo 35 anni di scuola. A lanciare un appello al Governo per un miglioramento sono le organizzazioni sindacali, che si apprestano a sedersi al tavolo per mettere mano al contratto. Francesco Sinopoli, segretario nazionale della Flc Cgil, ha chiara la questione: “Gli insegnanti registrano un differenziale rispetto al resto dell’Europa ma anche rispetto ai presidi e a tutta la pubblica amministrazione. La scuola è un settore con più del 50% di laureati (dati Aran) ma con una retribuzione che è la più bassa di tutti gli altri. È il momento di aprire una discussione in tutto il Paese perché il riconoscimento della professionalità dei nostri docenti deve interessare tutti. Non possiamo aspettare, soprattutto in questo contesto storico e in questo momento in cui si discute della legge di bilancio”.

In un’intervista a La Repubblica, il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, interviene in merito alla situazione contrattuale del personale scolastico.

“Il Governo Draghi dice che la scuola è al centro dell’Italia, è l’ora di dimostrarlo“, afferma Sinopoli. Poi aggiunge: “87 euro lordi non sono sufficienti, lotteremo per aumenti a tre cifre. Tra i lavoratori della scuola italiana, e quindi parliamo di docenti e di amministrativi, e quelli del mondo Ocse, i Paesi industrializzati, c’è una distanza retributiva media pari al 15 per cento”.

Poi l’affondo: “Nel comparto istruzione oltre il 50 per cento dei dipendenti è laureato, percentuale che salirebbe e di molto se prendessimo in esame solo gli insegnanti. Bene, il comparto pubblico che per densità di lauree si può comparare è quello delle istituzioni centrali, gli statali. I lavoratori dell’istruzione scolastica, e questa è la terza e più significativa distanza, guadagnano 343 euro lordi in meno dei loro colleghi statali. Nei prossimi due contratti occorre colmare questa distanza. Uno stipendio decoroso per gli insegnanti italiani, e oggi non è decoroso, è una questione che riguarda tutto il Paese. Lo si è capito, anche grazie e a causa della pandemia. Questo dibattito va aperto nel Paese, i tempi sono maturi”.

Intanto le condizioni dei docenti e dei collaboratori precari della scuola non sono certo migliorate.

Non si sblocca nella scuola la situazione dei supplenti «brevi» ancora in attesa di ricevere lo stipendio. A raccontare quello che sta diventando un vero e proprio incubo sono le numerose segnalazioni di docenti precari, dal Nord al Sud dello Stivale, arrivate al nostro giornale, che denunciano stipendi ad oggi non ancora retribuiti riferiti ai mesi di supplenza di maggio e giugno 2021 e pure di marzo e aprile. Somme che riguardano, dunque, il passato anno scolastico. «Vari i capitoli di bilancio coinvolti: 1228, 1229 e 1230», precisano, da Varese fino in Sardegna. «È una storia allucinante, io sono della provincia di Frosinone, capitolo 1228», dice Leonardo Leoni. «Vogliamo far sentire la nostra voce perché è alquanto surreale questa vicenda, ancor più con l’emergenza sanitaria in corso. I nostri stipendi sono fermi e siamo già a metà ottobre», afferma Maria Grazia Preite, docente di Verona.

I gruppi social esplodono di lamentele da un pezzo. «Sono un docente precario con contratto di supplenza breve. Devo ancora percepire tutto maggio, più otto giorni di giugno. Quanto ancora dobbiamo aspettare visto che già è in pagamento settembre 2021?», si sfoga un insegnante. «Abbiamo oltre cinque mesi di ritardo (tre è il numero massimo di mesi entro i quali gli stipendi vanno onorati», specifica un altro di Terni. «Chiedendo verifiche sul sistema, ci rispondono che si tratta di "risorse in corso di assegnazione da parte del Ministero". Ma non si risolve ancora nulla. Ad oggi non se ne esce, come si fa?», si accoda un’altra collega di Roma. E ai docenti precari si uniscono diverse figure del personale Ata rimaste anch’esse senza stipendio di maggio e giugno 2021.

«La motivazione ufficiale del Ministero dell’Istruzione – prosegue Preite - è stata la mancanza di fondi su quei capitoli di bilancio riferiti a contratti di supplenze brevi o saltuarie. La mancata retribuzione di questi mesi ha altresì comportato l'impossibilità di percepire l’indennità di disoccupazione NASPI per quei mesi, che di conseguenza si è ridotta di parecchio». Rimarcando: «Mai come quest'anno il contesto dei ritardi dei pagamenti ha pesato enormemente sui docenti e il personale Ata precario di tutta Italia, senza dei quali la scuola si sarebbe fermata, e ai quali non è stato certo risparmiato nulla in termini di impegni scolastici, spese personali per trasferte e alloggio in caso di incarichi fuori regione. Ecco perché parliamo tutti di una situazione, di fatto, insostenibile».

 

 



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