Giustizia. Impossibile fare la riforma e accontentare tutti, in primis la magistratura

di Filippo Piccione 19/09/2014 POLITICA
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Più che seguire gli “annunci”, questa volta abbiamo voluto capire le 7 mosse del governodella riforma della giustizia. Il pacchetto è costituito da un decreto legge e da 6 disegni di legge volti a far recuperare efficienza alla macchina giudiziaria inceppata da almeno vent’anni. Si tratta anzitutto di porre mano, con un Dl, alla giustizia civile (arbitrato, negoziazione assistita, divorzi e separazioni, spese di giudizio, rito accelerato, chiusurae accorpamento di alcuni uffici giudiziari), cui si affiancheranno alcuni provvedimenti per attuare  la riforma del processo civile e del diritto penale che, fra l’altro, dovrebbero prevedere il ripristino del falso in bilancio, l’antiriciclaggio aggravato e altre misure più incisive contro la criminalità organizzata, nonché  la confisca e il sequestro dei beni dei mafiosi. Altri disegni di legge, alcuni sotto forma di legge delega, riguarderanno il processo penale, la responsabilità dei magistrati, l’estradizione, lo statuto dei giudici onorari.

Come ogni riforma, anche se questa va inquadrata nell’ambito del progetto denominato “sblocca Italia”, ha i suoi tempi; nonostante quelli del Paese siano abbondantemente scaduti da un pezzo. E a proposito di tempi nella riforma è contemplata la riduzione del periodo estivo di chiusura degli uffici giudiziari, meglio dire dell’attività giurisdizionale di competenza dei soli magistrati, su cui non mancano le polemiche, provenienti soprattutto dai “benaltristi”, quelli che sostengono “che prima bisogna sempre fare le cose più urgenti”. Le riforme, si sa, sono varate dal governo ma, come in questo caso, molto dipenderà dai vari umori del Parlamento che le deve approvare. Il ministro della giustizia Orlando si dice fiducioso: “Credo che entro la fine dell’anno i relativi provvedimenti saranno trasformati in leggi dello Stato”.

Ma gli ostacoli che si frapporranno nel corso dell’iter parlamentare non potranno essere  scongiurati con un po’ di ottimismo in più. Per farsi un’idea delle difficoltà cui si andrà incontro basti pensare che nella riforma del processo penale sarà inserita la riscrittura della disciplina delle intercettazioni, fonte e causa di scontri fra le diverse forze politiche che hanno contrassegnato un arco di tempo indefinito. Così come per la procedura civile rispetto alla quale c’è la volontà di rivedere l’appello e la scansione dei tempi e delle fasi processuali. Quello che per la nostra economia è diventato un flagello, che si chiama  ‘deflazione’, potrebbe essere per il nostro sistema giudiziario e processuale la manna del cielo. Ma è inutile farsi soverchie illusioni: chissà quanto ancora bisognerà convivere con la deflazione e la stagnazione in economia e quanto dobbiamo rassegnarci a vedere le aule giudiziarie inflazionate dai processi che non hanno mai fine.

Il paragone non ha solo un senso traslato. Vi è un rapporto stretto fra il funzionamento e l’efficienza della macchina della giustizia e il buon andamento dell’economia. Si può ritenere che il crono programma delle riforme voluto da Renzi miri a realizzare questo e altri obiettivi di analoga portata e significato.

Ma la strada è impervia e proporsi di raggiungere la meta prefissata, sia pure con tutte le buone intenzioni, sarà assai faticoso. Bastano alcuni esempi: il fatto di rendere più severo il reato di falso in bilancio e lo stesso reato di auto riciclaggio, quest’ultimo per la prima volta introdotto nel Codice penale, desta qualche perplessità ed è illusorio pensare che il suo effettivo debutto avvenga in modo indolore.

Nella riforma c’è la responsabilità dei magistrati, ossia la revisione della legge Vassalli, con l’eliminazione del filtro di ammissibilità e l’inasprimento della rivalsa dello Stato e non del cittadino - come era stato annunciato in un primo momento - che non potrà mai agire contro il giudice che ha tenuto una condotta punibile. Un intervento che oltre ad apparire superficiale, suona offensivo a detta degli stessi destinatari. 

E’ quasi impossibile che le riforme proposte dal governo incontrino il favore delle rispettive categorie interessate. Fra queste, la più agguerrita continua a mostrarsi  l’Associazione nazionale magistrati (Anm) che giudica la riforma della giustizia inefficace e frutto di compromesso, soprattutto nel settore penale e in particolare per ciò che riguarda la disciplina della prescrizione, “oggi patologica e patogena, che non tocca la riforma ex Cirielli del 2005 che, come noto, ha prodotto una delle varie leggi ad personam”.

Critiche anche sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio, ritenute riforme di ‘facciata’ “a fronte di un’emergenza del Paese costituita dalla corruzione e dalla criminalità organizzata ed economica sempre più diffuse e allarmanti”.  Accanto ai rilievi mossi,  per risolvere la crisi del sistema giudiziario italiano occorrono, secondo l’Associazione, forti investimenti in risorse di personale amministrativo e in mezzi più moderni di sburocratizzazione. Solo così è possibile ripristinare il principio di legalità e di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

 

 



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