Procura di Milano apre indagine sul lavoro dei rider. "Non schiavi ma lavoratori da assumere". Intanto le indagini sulle società prevedono anche controlli su fisco, previdenza e bilanci

di redazione 24/02/2021 ECONOMIA E WELFARE
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La Procura di Milano ha aperto un'indagine "fiscale" su Uber Eats, filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider, "per verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta" dal punto di vista fiscale. 

Lo ha annunciato il procuratore di Milano Francesco Greco nel corso di una conferenza stampa convocata per fare il punto sulle indagini a tutela dei ciclofattorini avviate nel capoluogo lombardo. "E' bene che sia aperta questa analisi fiscale su Uber Eats, peraltro già in corso", ha aggiunto Greco. 

La Procura milanese nell'indagine sui rider che si è estesa a livello nazionale ha indagato 6 persone, tra amministratori delegati, legali rappresentanti o delegati per la sicurezza, delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, ha spiegato in conferenza stampa, via web, il procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano che con il pm Maura Ripamonti è titolare del fascicolo.

"Questa inchiesta - ha detto Tiziana Siciliano - si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese".

"Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini", ha affermato Greco, nella conferenza stampa indetta per fare il punto della "prima fase" delle indagini milanesi sui riders che in questo periodo di lockdown svolgono "una funzione fondamentale" perchè consegnano a casa dei cittadini il cibo e hanno permesso a "molte imprese di non chiudere". Greco si riferisce alla necessità di un "approccio giuridico" al tema.

Oltre "60mila lavoratori" di società del delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come "lavoratori coordinati e continuativi", ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. E ciò sulla base, come spiegato nella conferenza stampa della Procura di Milano, di verbali notificati stamani alle aziende. "Diciamo al datore di lavoro - è stato spiegato - di applicare per quel tipo di mansione che svolgono i rider la normativa, di applicare i contratti adeguati e quindi ci devono essere quelle assunzioni". Altrimenti saranno presi "provvedimenti" specifici. In Italia i rider "hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro", ha detto Greco. 'Hanno un permesso di soggiorno regolare - ha proseguito - ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata"

Alle società del delivery che fanno lavorare i rider sono state "contestate ammende" sui profili di sicurezza dei fattorini per "oltre 733 milioni di euro". Il dato impressionante è stato comunicato da Antonino Bolognani, comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri, nel corso della conferenza stampa con Greco, l'aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Maura Ripamonti. "Se le aziende pagheranno queste ammende, ciò consentirà loro l'estinzione del reato", ha aggiunto Bolognani. In attività di verifiche sono stati controllati "oltre 60mila fattorini", lavoratori "esposti a rischi".

GLI SCENARI

L''inchiesta di Milano si muove soprattutto sul tema delle condizioni di lavoro dei ciclofattorini, inquadrati come lavoratori autonomi in teoria (almeno nell'arco temporale dell'indagine), ma sottoposti nella realtà a una serie di vincoli tali da renderli ben inseriti nell'organizzazione del lavoro, benché privi delle tutele e garanzie di sicurezza che spettano ai lavoratori dipendenti. Ma sono anche altri i filoni su cui i magistrati milanesi stanno svolgendo le proprie indagini e il cui esito potrebbe assestare un colpo durissimo al settore.

 

Il primo, affidato alla Guardia di Finanza, riguarda le possibili violazioni fiscali commesse dalle società. Al momento tutte e quattro le aziende finite sotto i riflettori, Foodinho-Glovo, Uber Eats Italy, Deliveroo e Just Eat Italy, sono società italiane che versano le imposte al fisco italiano ma che dipendono tutte da società capogruppo estere. Come spiegato ieri dal procuratore Francesco Greco, la procura vuole verificare che le piattaforme non abbiano in realtà una stabile organizzazione "occulta" in Italia, sottraendo quindi all'Erario parte delle imposte dovute.

Fino ad oggi il contributo dei giganti del food delivery in Italia è  stato relativamente modesto. Guardando ai bilanci 2019 -  gli ultimi disponibili ma che non contemplano l'esplosione delle consegne del 2020 legate alla pandemia - , Deliveroo ha versato 343.362 euro e Just Eat Italy 1.624.088 euro. Per Foodinho-Glovo, che registra nel 2019 una perdita di 12 milioni di euro, il contributo per l'erario in termini di imposta sul reddito di impresa è invece pari a zero. Di Uber Eats Italy, registrata in camera di commercio soltanto nell'ottobre 2019, non risultano bilanci depositati.

Non c'è però soltanto il fisco sotto i riflettori. Nella propria articolata indagine i magistrati milanesi hanno coinvolto anche Inps e Inail per verificare il regolare versamento dei contributi dei lavoratori. L'ipotesi è che oltre al buco per il Fisco italiano ce ne sia un altro, di dimensioni considerevoli e superiori anche ai 733 milioni delle ammende complessive, per l'istituto di previdenza e per quello contro gli infortuni sul lavoro.

La maxi multa indicata dai magistrati  invece non ha direttamente a che fare con il volume di affari delle aziende in Italia, ma riflette invece quanto previsto per ciascuna contravvenzione come ammenda massima e in alcuni casi è stato poi parametrato questo dato al numero di lavoratori coinvolti, raggiungendo così l'ingente somma complessiva, richiesta - va ricordato - non alle aziende ma ai singoli datori di lavori coinvolti. I quali hanno ora 90 giorni di tempo per eseguirle le prescrizioni indicate, e soltanto a quel punto saranno ammessi al pagamento, nel complesso, dei 733 milioni che sono pari comunque a un quarto della sanzione massima prevista dalla legge. Diversamente, cioè in caso non vengano messe in  pratica le prescrizioni e assolto il pagamento nei tempi previsti, per i soggetti coinvolti scatta l'azione penale, cioè si apre la strada del processo.



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