Trent'anni dalla strage di Casalecchio. Un aereo militare precipitò su una scuola. 12 ragazzi uccisi, nessuna giustizia.

di redazione 05/12/2020 CULTURA E SOCIETÀ
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il 6 dicembre 1990 un aereo militare in avaria si schiantò sulla scuola Salvemini del comune alle porte di Bologna causando la morte di 12 ragazzi e 88 feriti, dopo che il pilota aveva abbandonato il velivolo lanciandosi con il paracadute.

La mattina del 6 dicembre alle ore 9.48, l'Aermacchi decollò dall'aeroporto di Villafranca per una missione di calibrazione di alcuni sistemi di difesa aerea. Ai comandi Bruno Viviani, 24 anni. La missione prevedeva il sorvolo dell'abitato di Borgoforte per poi virare in direzione di Rovigo. Alle 10.22, il motore diede segnali di avaria.

L'aeroporto più vicino era quello di Ferrara, ma la pista era di lunghezza insufficiente. Viviani decise di dirigersi verso Bologna dove alla torre di controllo arriva il messaggio di emergenza. Alle 10.31, il pilota comunicò via radio che il motore si era piantato, che il velivolo era in fiamme, poi si lanciò col paracadute, salvandosi. Alle 10.33, l'aereo, fuori controllo, andò a schiantarsi contro la succursale.

Quel volo fu anche ripreso da un cameraman della tv locale Rete7, Francesco Giovannini, che filmò gli unici 58 secondi visibili della strage, compreso il lancio del militare: immagini trasmesse pure dalla Cnn e poi utilizzate nel processo.

Dopo trent'anni, il ricordo di quell'orrore ostinatamente procede, è impegno civile. Perchè le storie dei sopravvissuti e di chi è sopravvissuto a una figlia o a un figlio vale la pena ascoltarle ancora e ancora: è il modo per costruire una memoria collettiva. Non solo per non dimenticare, non basta. "C'è bisogno di dire che le cose si devono cambiare" è l'infaticabile messaggio di Roberto Alutto, presidente dell'associazione delle vittime. Cosa chiedono i familiari? Una tutela delle vittime nel processo penale. E un centro per le vittime in Italia.

Vittime che non hanno avuto giustizia, il processo ha chiuso la vicenda giudiziaria in quattro parole: il fatto non sussiste. Fatalità. Indigeribile, erano quindicenni a scuola. Alutto, che quel giorno perse la sua Deborah, quello che manca, oltre "a uno Stato che per noi non c'è stato", lo ricorda proprio nel presentare il Trentennale. Il suo ragionamento serve a capire un calvario: "Chi è vittima di reato o calamità deve prepararsi ad una lunga trafila di adempimenti il cui esito può dipendere dalla casualità della situazione, da sensibilità diverse, da vari interessi, da un iter giudiziario lungo e contradditorio".

Erano 12 famiglie che avevano perso un figlio, gente comune travolta dal dolore, "cosa ne sapevamo noi di avvocati, parcelle stratosferiche che ci venivano chieste, processi, battaglie legali?". C'è una comunità – la scuola, il Comune di Casalecchio, Bologna, la Regione – che reagisce. "Se non fosse stato così avrebbe vinto quello Stato che si divise in due, che si schierò col ministero della Difesa contro quello all'Istruzione, alla scuola fu impedito di costituirsi parte civile".

Per ricordare Il programma degli eventi è organizzato dal Comune di Casalecchio di Reno, con il patrocinio e il contributo della Regione Emilia-Romagna, grazie alla legge regionale sulla Memoria del Novecento approvata nel 2016.
Il tutto in collaborazione con Assemblea legislativa regionale, Città metropolitana di Bologna, Comuni di Monte San Pietro, Sasso Marconi, Valsamoggia e Zola Predosa, associazione Vittime del Salvemini e Istituto tecnico Salvemini.
Nel rispetto delle disposizioni anti-Covid, gli eventi saranno senza pubblico e trasmessi online sulle pagine Facebook delle istituzioni coinvolte e sul canale Youtube dedicato Salvemini 6 dicembre 1990 . 



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