26 Medfilm Festival. Tarzan e Arab Nasser: Gaza, mon amour (2020) - Concorso Amore & Psiche

Una delicata storia d'amore tra anziani sullo sfondo della difficile vita quotidiana a Gaza.

di EMILIANO BAGLIO 14/11/2020 ARTE E SPETTACOLO
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Issa (Salim Daw), 60 anni, improvvisamente decide di sposarsi e si innamora di Sihan (Hiam Abbass) una vedova che vive con la figlia divorziata con la quale ha un rapporto conflittuale e che lavora come sarta in un negozio vicino al mercato.

Issa è un pescatore un po’ filosofo, la sua occupazione principale sembrano essere le lunghe chiacchierate con un amico che gestisce uno spaccio/profumeria e che sta progettando di emigrare illegalmente in Europa.

I Fratelli Nasser puntano tutto su questo personaggio al quale è impossibile non affezionarsi visto che, dinnanzi all’amore, sembra un adolescente timido e goffo alle prime armi.

A complicare ulteriormente le cose ci si mette anche la sorella, decisa a trovare lei una moglie giusta per Issa e soprattutto il ritrovamento in mare di un’antica statua del Dio Apollo.

Sarà proprio questo reperto a provocare una serie infinita di guai al nostro eroe che dovrà vedersela con la corruzione della polizia palestinese.

Gaza, mon amour è una deliziosa commedia rocambolesca che narra, tra delicatezza e goffaggine, l’amore nella terza età e che si chiude lasciando un sorriso di gioia allo spettatore.

I due registi (anche direttori della fotografia e sceneggiatori) scelgono insomma di raccontarci la vita quotidiana a Gaza e la situazione palestinese scegliendo un approccio leggero che pure non nasconde un secondo livello di lettura ben più politico.

Così mentre Issa cerca disperatamente il modo di dichiararsi, sullo sfondo si agitano tutte le altre questioni.

Dall’emigrazione clandestina verso l’Europa, in viaggi della speranza spesso mortali, sino alla realtà di tutti i giorni fatta di bombardamenti, continui blackout e servizi pubblici inesistenti.

Ad accompagnare questo ritratto il vociare di sottofondo della televisione che sembra mandare in onda solo tre tipi di programmi, telenovele e film a base di amori tormentati, infiniti dibattiti televisivi e proclami rivoluzionari di Hamas.

La vena critica dei due fratelli emerge però ancora più chiaramente nella descrizione delle forze di polizia, intente a vessare il povero protagonista con metodi brutali ed interessate solo a trarre dal ritrovamento della statua il massimo profitto personale.

La denuncia politica spesso è affidata a fulminanti battute, come quella in cui lo storico dell’arte commette l’imprudenza di dire “la statua del Dio Apollo” e viene subito tacciato di essere un infedele.

Oppure i due autori si affidano a situazioni tra il comico e l’assurdo come la sfilata di potenziali spose che la sorella di Issa gli porta in casa, mettendo però in risalto la difficile condizione femminile nella Palestina di oggi.

Non ci vanno leggeri nemmeno con Hamas ripresa mentre festeggia l’arrivo di un missile e dipinta, sostanzialmente, come un gruppo di fanatici totalmente disinteressati alle sorti della popolazione.

Issa finisce così per incarnare la nostalgia per un passato in cui il mare non era una striscia d’acqua sporca lunga sole tre miglia e si poteva sognare di prendere come sposa la ricca figlia di una famiglia borghese.

Alla fine il tenero amore tra questi due anziani appare come l’unico possibile strumento di difesa verso una situazione stagnante, priva di futuro e fatta di continue difficoltà.

Memorabile, da questo punto di vista, l’ultima scena in cui i due si rifugiano a fare l’amore sulla barca del pescatore ma sconfinano nelle acque controllate dall’esercito israeliano.

Come si suol dire, omnia vincit amor.

 

EMILIANO BAGLIO


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