Bonus 600 euro per alcuni onorevoli. I partiti, compresi quelli dei deputati gridano "vergogna". Sul web monta la protesta, ma cosa accadrà ai cinque "beneficiari"?

di redazione 10/08/2020 POLITICA
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Lo stipendio netto da 12.439 euro, evidentemente, non era sufficiente. Lo volevano arrotondare con il bonus che il governo, in piena emergenza Covid, ha introdotto per le partite Iva che a marzo e aprile si sono trovate in estrema difficoltà causa lockdown. Così cinque deputati della Repubblica italiana, hanno fatto richiesta all’Inps per ottenere i 600 euro. L’istituto non diffonde i nomi, per motivi di privacy. Ma dalle prime indiscrezioni raccolte in ambito giornalistico, si tratta di tre parlamentari della Lega, uno del M5s e uno di Italia viva. Non basta: sarebbero coinvolti anche 2mila amministratori locali e tra loro anche governatori di Regione e sindaci. Immediato il diluvio di reazioni politiche, tra richieste di scuse, di dimissioni e di restituzione dei soldi. Il commento più utilizzato è “vergogna“.

Ad accorgersene è stato l'ufficio dell'Inps, notizia poi rimbalzata dal quotidiano Repubblica, che si occupa di individuare frodi. Coinvolti anche 2mila amministratori locali, compresi governatori regionali e sindaci.

"Quei provvedimenti li abbiamo scritti per aiutare chi davvero stava soffrendo", commenta la viceministra Castelli. Il capo politico M5s Vito Crimi: "Odioso e insopportabile, se sono M5s portino dimissioni". Lezzi: "Se uno è M5s va subito espulso". Zingaretti e Delrio (Pd): "Vergognoso". Mulè (Forza Italia): "Non c'è privacy da tutelare nell’attività di un parlamentare". Salvini: "Sospensione immediata". E attacca: "L'ha permesso il decreto del governo e Inps ha dato i soldi. In qualunque Paese tutti si dimetterebbero".

Anche i parlamentari hanno diritto al bonus da 600 euro per le partite Iva, poi salito a 1000, nonostante lo stipendio da 12 mila euro al mese. Qualcuno tra loro ha pensato che fosse non solo possibile, ma anche opportuno farseli dare. Quando si è saputo che sono almeno 5 i deputati ad aver chiesto il bonus è scattata la riprovazione generale.

Le parole scandalizzate delle prime e seconde linee dei partiti non si sono fatte attendere. E c'è chi vede questa storia come una spinta a votare sì alla riforma del taglio dei parlamentari, al centro del referendum del 20 settembre. "È una vergogna che cinque parlamentari  abbiano usufruito del bonus per le partite Iva. Questi deputati  chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. È una questione di  dignità e di opportunità. Perché, in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici. È necessario ricordarlo sempre". Così il presidente della Camera  Roberto Fico, rispetto al caso dei cinque deputati che avrebbero  intascato il bonus partite Iva da 600 euro. Al presidente della Camera ha fatto eco Luigi Di Maio, che ne chiede le dimissioni. "Evidentemente non gli bastavano i quasi 13mila euro netti di stipendio al mese, non gli bastavano tutti i benefit e privilegi di cui già godono. È vergognoso. È davvero indecente" scrive il ministro su Fb.   "I nomi di queste 5 persone sono coperti dalla legge sulla privacy. Bene, siano loro allora ad avere il coraggio di uscire allo scoperto. Chiedano scusa agli italiani, restituiscano i soldi e si dimettano, se in corpo gli è rimasto ancora un briciolo di pudore", aggiunge specificando che "non importa di quale forza politica" siano.

  "La richiesta del bonus di 600 euro, previsto per gli autonomi e le partite Iva, avanzata da cinque deputati è davvero inqualificabile. Spero che restituiscano subito i soldi o che il Presidente Roberto Fico trovi immediatamente la maniera per porre rimedio a questa ingiustizia, che è uno schiaffo enorme nei confronti di chi ha realmente bisogno, specie dopo l'emergenza sanitaria" dichiara il vice presidente del Gruppo Pd alla Camera, Michele Bordo. "Posso dire che è una vera vergogna?" scrive su Facebook Nicola Zingaretti. E Matteo Salvini, che subito ha puntato il dito oltre che sui deputati anche sull'Inps e sul governo, 'reo' di aver varato un decreto che consente anche ai deputati di percepire il bonus: "In qualunque Paese al mondo, tutti costoro si dimetterebbero” afferma. Poi, in una successiva dichiarazione corregge il tiro e si limita a chiederne "l'immediata sospensione". Più netta la posizione di Italia viva, che con la ministra e capo delegazione Teresa Bellanova chiede le immediate dimissioni dei parlamentari: "a qualunque partito e schieramento appartengano".  "Per dissipare qualsiasi dubbio sarebbe il caso che chi ha usufruito del bonus esca volontariamente allo scoperto e spieghi se, magari e auspicabilmente, si è trattato di un errore dovuto allo zelo di un consulente. Non c'è alcun segreto da proteggere né alcuna privacy da tutelare nell'attività di un parlamentare: tutto deve avvenire alla luce del sole. Chi ha intascato spieghi, restituisca (se non l'ha già fatto) e si chiuda al più presto questa tristissima pagina" scrive in una nota il deputato e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, Giorgio Mule'. Giorgia Meloni lancia l'hashtag 'Bonus Inps io no':  "Che squallore!

Gli italiani sono in ginocchio e qualcuno nel Palazzo si preoccupa solo di arraffare sempre di più. Ma questo scandalo mette in evidenza anche una vergogna che Fratelli d'Italia ha più volte denunciato: il Governo, incredibilmente, non ha previsto alcun tetto di fatturato e di reddito per il bonus P.IVA, col risultato che ne ha diritto pure chi fattura milioni o ha altre importanti fonti di reddito" dichiara la leader di FdI. In effetti i bonus sono stati introdotti dai decreti 'Cura Italia' e 'Rilancio' per dare una mano a lavoratori autonomi e partite Iva a marzo e aprile, indipendentemente da quanto guadagnano o da un eventuale danno provocato dall'emergenza sanitaria. La richiesta andava fatta on line. Bastava il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione 'professionale' e fiscale. Nessuna mail di conferma, i solidi arrivavano direttamente nel conto corrente. E la procedura andava fatta solo a marzo. Ad aprile il bonus scattava in automatico. A maggio invece è stato introdotto un tetto: solo per chi poteva dimostrare di aver avuto un calo del fatturato. Così, tra marzo e aprile sono stati erogati quasi 6 miliardi di euro. Il mese dopo si è scesi a 934 milioni. 

 

Intanto si autodenuncia sui social Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano.

"Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e, addirittura, ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza".
    Così Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano per la lista 'Milano progressista' si autodenuncia con un post su Facebook per aver richiesto all'Inps il bonus Covid da 600 euro al mese per le partite Iva.
    "Pur non cedendo alle sirene antipolitiche - scrive Pirovano su Fb - ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d'uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere 'più libera' nell'impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto". Come tanti, prosegue, "mi indigno, perché è surreale, se un parlamentare in carica fruisce ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito". 

Pirovano nel post spiega di aver saputo dai media che nella vicenda del bonus incassato da cinque deputati "sarebbero coinvolti addirittura duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci". E per questo chiarisce di aver deciso di autodenunciarsi. "Ho studiato - scrive - fino al dottorato e all'esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere 'più utile' alla società che in Consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace)". "Tutto ciò premesso qualcuno - aggiunge ancora - magari anche più lucido e meno incazzato di me, mi spiega perché da lavoratrice (e la politica non è un lavoro per definizione) non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori destinata perché faccio anche politica? Considerato ovviamente che pur lavorando tanto ed essendo componente di un'assemblea elettiva (il che non mi garantisce né un'indennità né banalmente i contributi Inps) ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più". "Mi arrabbio - conclude la consigliera comunale - ancor più se penso che nel calderone dei 2.000 probabilmente sarà stato tirato in causa anche qualche sindaco (accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca) di un piccolissimo comune con una grandissima responsabilità pubblica e un'indennità di poche centinaia di euro annue". 

Tuona intanto Luigi Di Maio "Dalla lettura dei giornali di questa mattina emerge un quadro sconcertante. Oltre ai 5 deputati furbetti, ci sarebbero altri 2000 politici tra amministratori locali e regionali in tutta Italia ad aver fatto richiesta del bonus partita Iva destinato ai liberi professionisti in difficoltà per l'emergenza Covid. Siamo davanti a fatti di una gravità assoluta. I nomi devono essere resi pubblici. Gli italiani hanno il diritto di sapere chi ha tradito la loro fiducia. Questa gente non deve più avere l'occasione di rivestire una carica pubblica. Deve essere allontanata dallo Stato, deve essere punita". Lo scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio su Fb. "Hanno remato contro il Paese nel momento più difficile. Hanno offeso la nostra bandiera, hanno offeso la memoria di chi non ce l'ha fatta. Hanno macchiato il nome dell'Italia nel mondo ed è giusto che paghino. Non possono e non devono passarla liscia", ha detto Di Maio.
   



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