Decreto liquidità. Il mega prestito richiesto da FCA. Gualtieri "E' un prestito non un regalo. Condizioni eque e vantaggiose per il sistema economico del Paese". I Sindacati " Il problema sono i paradisi fiscali che distorcono il mercato europeo".

di M.L 19/05/2020 ECONOMIA E WELFARE
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Sta suscitando molte polemiche e critiche la richiesta di FCA di accedere al prestito previsto nel Decreto liquidità. La situazione della multinazionale italoamericana come quella di tutti i costruttori automobilistici non è rosea a causa dei lockdown da Covid-19.

Fiat Chrysler Automobiles ha immatricolato in aprile, in Unione Europea più Paesi Efta e Regno Unito, 10.952 vetture, con un calo dell'87,7% rispetto allo stesso mese del 2019. La quota è del 3,7% a fronte del 6,6%. Sono invece quasi 181.500 le auto vendute nei quattro mesi, il 48% in meno dello stesso periodo dell'anno scorso, pari a una quota del 5,4% (era 6,3%). 

Le critiche sono motivate fondamentalmente dal fatto che la multinazionale ormai da anni non ha più i suoi gangli operativi e finanziari in Italia. La sede fiscale è Londra, Gran Bretagna, quella di diritto è in Olanda. Scelte intraprese dall’allora AD Sergio Marchionne che ristrutturò in un’ottica da capitalismo globalizzato la “vecchia” Fiat. Fin troppo facile cairne i motivi, Gran Bretagna e Olanda, i sistemi fiscali e finanziari di quei Paesi, garantiscono alle multinazionali condizioni  fiscali e operative certamente più vantaggiose rispetto a Paesi come l’Italia, la Francia, che “privilegia” però le aziende nazionali o la Germania.   

In molti sostengono che non sia affatto giusto dare miliardi di euro ad una società che ormai da tempo ha lasciato il Paese, se pure abbia ancora 50 mila lavoratori impiegati nelle fabbriche sparse sul territorio nazionale. Del resto la Commissione europea non consente di escludere dagli aiuti pubblici le aziende basate in altri Paesi europei, anche se fiscalmente sono “zone grigie” che consentono di fatto di pagare meno tasse. Quindi, mentre i sindacati chiedono una discussione sul merito (uso dei soldi, garanzie sull’occupazione e sulla salvaguardia delle fabbriche italiane), in Parlamento si cerca di inserire nel decreto in fase di conversione qualche paletto aggiuntivo.

Lo stop ai dividendi e al riacquisto di azioni proprie per un anno, l’impegno a “gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali” e l’utilizzo dei soldi per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi localizzati in Italia.

Sono solo questi, per ora, i requisiti previsti dal decreto Liquidità per ottenere la garanzia statale su un prestito bancario. 6,3 miliardi – pari al 25% del fatturato realizzato in Italia – che Fca Italy sta negoziando con Intesa Sanpaolo e su cui punta ad ottenere la garanzia di Sace all’80%, società per azioni di cassa Depositi e prestiti.

Il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, si augura che perlomeno Fca come “atto di buona volontà e senso civico” condivida con il governo i rapporti che dettagliano come sono distribuiti i profitti e il carico fiscale nei vari paesi in cui opera. 

Il Ministro del Tesoro Gualtieri si è affrettato a ribadire che “Abbiamo detto a Fiat che con il prestito ci devono pagare investimenti in Italia. È un prestito, non un regalo. Abbiamo chiesto a Fca impegni aggiuntivi rispetto a quelli esistenti - prosegue Gualtieri - tra cui rafforzare e confermare tutti gli investimenti in Italia. Abbiamo anche detto no a delocalizzazioni. La garanzia dello Stato è legata a queste condizioni. Anche perché stiamo parlando di una grande multinazionale globale che sta negli Stati Uniti e ora sta negoziando una fusione con Psa in Francia e che noi abbiamo il dovere, come governo, di tenere ancorata in Italia".

Il ministro spiega che si tratta di “un'importante operazione di politica industriale”. E che “dal governo ci sarà massimo rigore nella verifica degli impegni”. Poi ricorda che il decreto liquidità “per i prestiti di maggiore entità ha subordinato la concessione della garanzia a un decreto ministeriale e alla verifica di specifiche ricadute positive sul piano dello sviluppo tecnologico, dei livelli occupazionali, del peso in una filiera produttiva strategica”. Fca si è impegnata a utilizzare le risorse per sostenere la liquidità della filiera automotive, il che è utile e apprezzabile, insiste ancora Gualtieri. Tuttavia nelle interlocuzioni informali che hanno preceduto la richiesta di finanziamento a Intesa San Paolo il governo ha chiarito che sarebbero state necessarie condizioni aggiuntive: la conferma e il potenziamento del piano di investimenti anche nelle nuove condizioni determinate dal coronavirus, l'impegno alla non delocalizzazione della produzione, la conferma dei livelli occupazionali, la puntuale rendicontazione degli investimenti concordati. 

“La Fiat negli ultimi anni non ha puntato particolarmente sull'Italia in termini di grandi innovazioni, anche se sta iniziando a fare qualcosina sull'elettrico e sta portando la Jeep nel nostro Paese. L'Italia non è certo al centro dell'attenzione industriale, ma è anche vero che si tratta dell'unico grande gruppo di automotive che opera nel nostro Paese e con un indotto assolutamente significativo". Dario Galli, ex viceministro allo Sviluppo Economico nel Conte I, spiega in un'intervista ad Affaritaliani.it la posizione della Lega sul prestito da 6,3 miliardi di euro chiesto da Fca allo Stato.

"Dare di colpo poco più di 6 miliardi lascia un po' perplessi, ma il problema non è la Fiat bensì il fatto che gli aiuti dovrebbe andare a tutte le aziende in difficoltà, di qualsiasi dimensione. Il timore è che Fca possa utilizzare l'eventuale mancata erogazione del prestito come scusa e come pretesto per chiudere definitivamente in Italia. In questo caso il danno sarebbe notevole e decisamente superiore. Ciò che è sbagliato è dare i soldi alla Fiat e non alle altre imprese. Dei 400 miliardi di euro sbandierati dal premier Conte, secondo i dati dell'Abi, finore ne sono arrivati solo 10, ovvero un quarantesimo”.

La posizione del governo è stata ribadita da Gualtieri: “Di fronte a un’emergenza economica come quella attuale la priorità non può che essere quella di aiutare il sistema produttivo ad assorbire lo shock. È altrettanto evidente che, per gli interventi più corposi, è giusto che lo Stato preveda delle condizioni, e vincoli il proprio sostegno a precise garanzie nei confronti del paese e della collettività nel quadro di un disegno di politica industriale e di una visione sul futuro del sistema produttivo, È vero infatti, come molti hanno osservato, che non si tratta di contributi a fondo perduto ma di linee di credito che vengono remunerate sia sotto forma di interessi (a beneficio della banca erogante) che di costo della garanzia (a beneficio dello Stato). E tuttavia l’esposizione del bilancio pubblico, ancorché garantita dal patrimonio dei soggetti richiedenti, giustifica l’introduzione di alcune condizionalità”.

Condizionalità effettivamente previste dal decreto Liquidità, come l’impegno a non distribuire dividendi nel 2020, a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali, e a destinare le risorse a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante in Italia.


Inoltre, per i prestiti di maggiore entità, il decreto subordina la concessione della garanzia a un decreto ministeriale e alla verifica di specifiche ricadute positive sul piano dello sviluppo tecnologico, degli investimenti, dei livelli occupazionali, del peso in una filiera produttiva strategica. E come accennato, ha condizionato la possibilità di portare la garanzia dal 70% all’80% al rispetto di ulteriori specifici impegni e condizioni. "E’ quanto il governo intende fare nei confronti di Fca. E’ bene a questo proposito ricordare che il soggetto richiedente il prestito garantito è Fca Italy, che rientra nei requisiti di legge del decreto liquidità e che ha sede e paga le tasse nel nostro paese (e grazie alla nuova direttiva europea DAC, le autorità fiscali italiane hanno accesso alle informazioni contenute nel country by country reporting della capogruppo Fca nv)". FCA si è impegnata a utilizzare le risorse per sostenere la liquidità della filiera automotive, "il che è utile e apprezzabile", ha commentato il ministro.

Il governo, ha assicurato poi il responsabile dell'Economia, “eserciterà il massimo rigore nella verifica di questi impegni, attraverso i quali si punta a preservare e rafforzare il radicamento in Italia di un grande gruppo automobilistico internazionale, che si accinge a realizzare una impegnativa fusione con Psa. A questo proposito, è bene chiarire che il nuovo gruppo multinazionale avrà sede in Olanda, considerata come “campo neutro” rispetto ai due paesi europei, Italia e Francia, e agli Stati Uniti”.


Il prestito garantito “per supportare i pagamenti alla filiera” – La linea di credito chiesta dalla controllata operativa italiana dovrebbe essere garantita al 70% da Sace. Avrebbe durata di tre anni e, stando al comunicato di Fca, sarebbe “destinata esclusivamente alle attività italiane e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10mila piccole e medie imprese, a seguito alla riapertura degli stabilimenti italiani, avviata a fine aprile” dopo la firma del protocollo per la sicurezza. Tutte le erogazioni “sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori”. Fca impiega in Italia circa 55mila persone in via diretta mentre le 5.500 società fornitrici italiane impiegano altri 200mila lavoratori. Il 40% del fatturato della componentistica automotive deriva da commesse del gruppo. La nota ricorda che è stato confermato il piano di investimenti da 5 miliardi per le fabbriche italiane annunciato nel 2018 per il triennio 2019-2021.

Le condizioni del decreto Liquidità – Ma quali condizioni dovranno essere rispettate per ottenere quel prestito? I paletti previsti dal decreto Liquidità, ora in fase di conversione in legge, sono piuttosto blandi. Sede in Italia: Fca Italy lo rispetta. Rinuncia a distribuire dividendi per un anno: il gruppo si è mosso d’anticipo e ha annunciato lo stop già la settimana scorsa. Ma l’anno prossimo è già previsto per i soci di Fca – tra cui la Exor degli Agnelli – un maxidividendo straordinario in sede di fusione con Psa. Due emendamenti di Leu, sostenuti anche da Carlo Calenda, puntavano ad ampliare il divieto di distribuire cedole all’intera durata del prestito, ma il Tesoro ha dato parere negativo. Poi c’è la formula che impone la “gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”: una frase vaga che di fatto non richiede il mantenimento dei posti di lavoro, ma solo la negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori. Infine, il prestito deve essere “destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia”. Questo andrà valutato nel corso dell’istruttoria con Sace. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a Quarta repubblica ha dato tutto per fatto: “Abbiamo detto a Fiat che con il prestito ci devono pagare investimenti in Italia”.

Emendamento anti delocalizzazioni – Quanto allo spauracchio di una – ulteriore – delocalizzazione delle attività, il testo iniziale non prevedeva nulla di specifico. Una norma ad hoc è prevista dal decreto Dignità, ma riguarda gli aiuti di Stato tout court e non le garanzie. Nel passaggio parlamentare è però stato approvato, in commissione congiunta Finanze e Attività produttive, un emendamento della deputata dem Stefania Pezzopane e del collega Diego Zardini che “impone alle aziende che usufruiranno del prestito Sace la non delocalizzazione“. E Gualtieri ha sottolineato anche questo, affermando che è già stato chiesto a Fca e si tratta di un “impegno aggiuntivo rispetto a quelli esistenti” fra cui “rafforzare e confermare tutti gli investimenti in Italia”.

“Fca renda pubblici i dettagli su ricavi, utili e tasse pagate in ogni Paese” – Visto che escludere dal sostegno pubblico chi ha sede in altri paesi Ue non è una strada percorribile, l’altra richiesta, contenuta in emendamenti del Movimento 5 Stelle e del Pd, era di obbligare chi chiede gli aiuti a presentare un report “country-by-country” che indichi ricavi, utili e tasse pagate Paese per Paese. Proposta stoppata dal Tesoro. Tanto che al ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, non è rimasto che chiedere a Fca di “valutare spontaneamente di condividere con il governo italiano i suoi ‘country by country report‘, anche per rendere meno discrezionale, nel caso di una grande azienda, la scelta di offrire grandi garanzie pubbliche”. Oggi, ricorda Provenzano su Facebook, “Nessuno, al di fuori di alcuni alti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e del management internazionale di Fca, conosce con esattezza come sono distribuiti i profitti delle varie filiali e come ripartisce il carico fiscale nei vari paesi”. Guardando al futuro, poi, “l’Italia non deve perdere di vista l’obiettivo fondamentale nell’interesse nazionale: agire in Europa per modificare un equilibrio che tollera il dumping fiscale di troppi Paesi membri, non limitare questa battaglia a livello extraeuropeo”.

Le richieste dei sindacati – “Mi fa un po’ sorridere che in Italia si sia aperta una discussione adesso su dove è la sede legale del gruppo Fca”, ha commentato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a “L’aria che tira” su La7. “La mia organizzazione dal 2013-14 l’ha sollevata, adesso si scopre dopo sei anni che esiste questo problema che peraltro non riguarda solo Fca. Deve essere un tema che affronta il governo, perché il problema riguarda tutta l’Europa e i paradisi fiscali“.

In generale i sindacati, informati della richiesta di finanziamento sabato scorso, pur con diversi accenti sono compatti nel chiedere una discussione sul merito: per che cosa saranno usati i soldi – su questo la nota Fca dà qualche risposta ma serviranno i dettagli – e a quali condizioni. Landini ha fissato i suoi paletti: “Che non ci siano delocalizzazioni, che vengano garantiti i livelli occupazionali, che non si chiudano stabilimenti”. E ancora: “Visto che il gruppo sta fondendosi con i francesi di Psa, dove c’è la partecipazione dello Stato, chiedo che si apra una discussione sulla mobilità non solo legata alle auto, ma su come produci tutto ciò che si muove. Deve diventare oggetto di discussione tra governo e sindacati per il futuro del Paese”.


Una posizione particolarmente vicina a quella dell’ex premier Romano Prodi, secondo cui il finanziamento “è legittimo” ma è cruciale “capire qual è la strategia della Fiat sul settore dell’auto, visto che per molti aspetti l’azienda è uscita dal settore e ha perseguito strategie alternative. Fatte queste valutazioni, penso che si possano dare questi soldi ma bisogna imporre il rispetto dei patti presi, cosa che non c’è stata in passato”.
Dal canto suo Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl, intervistato da Repubblica – dove gli articoli sul prestito hanno scatenato forti tensioni all’interno della redazione – concorda sul fatto che “un’azienda italiana non dovrebbe mettere la sede legale in Olanda, Paese free rider che fa dumping fiscale ai danni degli altri Paesi dell’Unione”. Ma sul prestito non ha dubbi: “Dopo due mesi di blocco della produzione quei soldi servono a garantire lo stipendio dei dipendenti e il pagamento dei fornitori di tutta la filiera. Fca Italia chiede un prestito per fare da garante alla filiera che non riesce ad accedere alla liquidità promessa alle piccole imprese dal decreto liquidità”.



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