Giornata mondiale contro l'omofobia. Omosessualità, bisessualità, diversità di genere e attitudini sessuali non sono una malattia

Dobbiamo impegnarci tutti e di più per combattere i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti delle persone LGBTI che continuano quotidianamente a vivere nella paura e nell'insicurezza. E' una questione di diritti umani che riguarda tutti noi. Tutte le persone hanno gli stessi diritti e non possiamo più tollerare la violenza e la discriminazione nei confronti delle persone gay, lesbiche e transgender": così Triantafillos Loukarelis direttore dell'UNAR - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la ricorrenza, oggi 17 maggio, della giornata mondiale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia.
"Questo periodo di isolamento e convivenza forzata da Covid-19 inoltre, ha visto crescere gli episodi di discriminazione e violenza di natura omotransfobica nel contesto familiare. Per questo abbiamo pensato di avviare progetti pilota di refuge center per persone LGBT finanziati con fondi europei. In questo contesto l'approvazione di una legge contro l'omotransfobia, già in discussione in Parlamento, appare sempre più necessaria. Tutto questo ci ha portato a lanciare sui social un messaggio di speranza #questionedidiritti. Combattere l'omotransfobia è segno di civiltà!, affinché ognuno possa impegnarsi dando segno di civiltà per isolare ogni sentimento pregiudizievole e discriminatorio nei confronti delle persone con un diverso orientamento o identità sessuale", conclude Loukarelis.
30 anni fa la storica giornata in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
Come un virus che si respira l’omofobia, la bifobia e la transfobia rappresentano una pandemia silenziosa. Come è stato per il Covid-19, fatte le dovute proporzioni, non siamo in grado di risalire alla causa dei decessi - perché in alcuni casi di omofobia si arriva ancora a morire (“è morto di omofobia, o anche di omofobia?”) - per quel sipario di vergogna o di peccato che cala sulle famiglie e sulle storie personali. Altre volte è tutto chiaro: le associazioni denunciano, i giornali ne parlano e il fenomeno registra un aumento di casi.
A 30 anni dal 17 maggio 1990, giornata storica in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Ancora oggi abbiamo bisogno di una sorta di vaccino contro il virus dell'ignoranza, dell'intolleranza, dell'odio verso chi mostra diverse attitudini sessuali.
L'omofobia
Non è una malattia vera e propria classificata clinicamente, per questo gli studiosi e gli esperti della salute mentale, come il professor Vittorio Lingiardi per esempio, preferiscono utilizzare la parola “omonegatività”: omofobia o omonegatività indicano l’avversione (ideologica o personale) nei confronti delle persone gay e lesbiche - o delle persone bisessuali e trans nel caso della bifobia e transfobia - in alcuni casi dovuta al timore di scoprirsi omosessuali. Si dice scherzando - e non pochi casi lo hanno dimostrato - che “I primi omofobi sono gli omosessuali repressi”.
L’omosessualità non è una scelta, quindi non si può cambiare. L’orientamento sessuale è il risultato dell'interazione di fattori biologici, genetici, ambientali e culturali. La Costituzione protegge l’orientamento sessuale tra i diritti fondamentali, come aspetto dell’identità personale di ogni persona. Omosessuali insomma si è, niente di più e niente di meno dell’essere etero.
Omosessuale e transessuale.
Le persone gay e lesbiche sono attratte, emotivamente, sentimentalmente e fisicamente, da persone del proprio sesso: si tratta quindi dell’orientamento sessuale. Le persone transessuali, invece, sentono di appartenere al genere opposto a quello assegnato alla nascita: si tratta dell’identità di genere. Quindi non sono sinonimi.
LA REALTA' SOCIALE
Una persona su dieci pensa che l‘omosessualità sia una sorta di malattia mentale, quindi qualcosa che va curato. Tre su dieci non vogliono neanche sedersi accanto a un coetaneo gay o lesbica. A pensarla così non anziani bigotti, ma giovani, adolescenti, ragazzini dai 13 ai 19 anni. Una fotografia che raffigura un Paese dove c'è ancora molto da fare quella che viene fuori dalla ricerca realizzata da Gay Help line in 80 scuole, licei e istituti tecnici italiani prima del Coronavirus, pubblicata a margine della Giornata mondiale contro l’omofobia, domani 17 maggio. “Una giornata di cui c'è proprio bisogno in un paese che non ha ancora una legge contro l'omofobia" dice Fabrizio Marrazzo responsabile Gay Help line (800713713) a Repubblica. L’associazione riceve almeno una cinquantina di chiamate, registrando denunce di violenze e abusi in una telefonata su 4, e un incremento del 9% delle richieste di aiuto rispetto all'anno precedente. "Il dato durante l emergenza Covid è cresciuto del 40 % per gli adolescenti. Di questi meno di 1 su 60 pensa di denunciare" dice Marazzo.
3 ragazzi gay su 10 hanno subito bullismo a scuola
Numerosi sono i casi di studenti che raccontano cosa accade tra le mure di scuola ai ragazzi che amano persone dello stesso sesso: il 30 per cento riconosce di aver subito provocazioni e atti di bullismo, che vengono isolati ed emarginati. "il retropensiero è che se ti sfottono, ti picchiano puoi smettere di scegliere di essere gay. Un assurdità", sottolinea Marrazzo . E così succede che il 27 % degli intervistati non vuole un compagno o compagna di classe gay seduto accanto nel banco. Il 34% ammette di non volere in stanza durante le gite scolastiche studenti che amano il loro stesso sesso. Sul fronte dell'amicizia, se il 40 per cento dei maschi dice di non aver problemi ad avere con un amico omosessuale, le donne sono sul 60%.
Nella maggior parte del pianeta, fortunatamente, la situazione è differente, e migliore. Anche se questo non vuol dire che la battaglia per assicurare alle persone di ogni orientamento sessuale gli stessi diritti sia vinta. Persino in Europa, dove norme e atteggiamenti sono tra i più favorevoli, esistono grandi differenze tra Paese e Paese. Ci sono stati membri dell’Unione europea in cui più di metà della popolazione non è convinta che le persone LGBT debbano avere gli stessi diritti di tutti gli altri.
Anche l’atteggiamento verso i matrimoni tra persone dello stesso sesso non è uniformemente distribuito nel continente, con atteggiamenti meno favorevoli nell’Europa dell’Est.
Uno sguardo alle legislazioni nazionali sui matrimoni tra persone dello stesso sesso e le unioni civili conferma questa divaricazione tra le aree occidentali e orientali del Vecchio Continente. Come si vede, la maggior parte dei Paesi europei che non prevedono forme di unione si trovano nell’Europa dell’Est.
