Milano o Roma. Ovvero l'eterna irrisolta questione delle due Italie

di Filippo Piccione 23/11/2019 CULTURA E SOCIETÀ
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Prendendo spunto dall’intervento del ministro del Sud Cinque stelle, Giuseppe Provenzano, Il Messaggero, in un incontro organizzato dalla Fondazione Feltrinelli, ha lanciato un’interessante inchiesta sul rapporto fra Roma e Milano.

L’assunto da cui parte il quotidiano romano è che Milano ha un’economia vivace, attrae risorse, crea ottimismo e orgoglio, e ha un’attitudine che altrove scarseggia. Grazie a una buona amministrazione e a un diffuso senso civico, Milano dispone di una rete di servizi efficienti (dal sistema dei trasporti alla sanità, alla gestione dei rifiuti, agli uffici che funzionano) ed è nella condizione di favorire varie attività economiche e imprenditoriali. Milano, insieme a Bologna, è la città che vanta un saldo positivo dei giovani laureati residenti. L’economia, così come le dinamiche dell’occupazione, fanno registrare buoni risultati. Si ha netta la sensazione di essere in presenza di un circolo virtuoso stimolato dal consenso e dalla partecipazione dei cittadini per effetto della buona azione del governo della città.

Basterebbe comportarsi come si sta comportando Milano per concludere che i problemi sarebbero risolti anche laddove la crisi è più evidente? No. Per una molteplicità di motivi. In primo luogo perché lo sviluppo di Milano - ad una analisi più approfondita e secondo alcune opinioni, fra cui quella del ministro – in larga parte deriva dal danno subito da tutto il Centro-Sud; secondo perché ci sono altre ragioni più profonde e più lontane che fanno la differenza fra una città del Nord, come il capoluogo lombardo rispetto alle città del Sud, fra cui va inclusa anche la capitale.  (Va detto fra parentesi che negli anni in cui era sindaco Veltroni il Pil e il tasso di occupazione a Roma erano più alti d’Italia e della stessa Milano).

Detta in questo modo sembra che si voglia evocare l’annosa “questione meridionale” che fin dai tempi di Sonnino e di Franchetti non si è mai voluta affrontare seriamente per la presenza di interessi e di poteri preminenti del Nord, che a tutto hanno pensato, tranne che aiutare il Mezzogiorno a sollevarsi dallo stato di subalternità economica e sociale dal resto del Paese.         

E’ inutile dilungarsi su una diatriba che risale a più di un secolo e mezzo fa. Fatto sta che per spiegare il divario ancora esistente fra Nord e Sud (come messo in risalto dall’ultimo rapporto Svimez: “Un’Italia che si sta spaccando ancor prima che il processo delle autonomie regionali venga ‘certificato’”) basta soffermarsi sul confronto fra le due più importanti metropoli: Roma e Milano. Il già citato ministro del Sud sostiene che Milano prende e non restituisce quasi nulla al Paese. Mentre il sindaco di Milano Giuseppe Sala si limita a dire che potrebbe restituire qualcosa qualora fosse messo in condizione di farlo. Salvo poi ammettere “che è vero che Milano sta un po’ fagocitando tutta la crescita che il nostro Paese potrebbe meritare. Se mi chiedete se è giusto dico di no. Mettendomi nei panni delle imprese straniere devo dire che qui si sentono rassicurate perché sanno che il sistema funziona”.

Ma non si tratta solo di imprese straniere. La realtà è che una parte dei cervelli meridionali sono attratti dai grandi centri del Nord, a partire da Milano come dimostrano i dati Svimez: il Sud entrerà in recessione con un Pil stimato in calo dello 0,2 per cento a fronte del più 0,3 del Centro Nord. Il problema non è soltanto del Mezzogiorno ma rischia di diventarlo anche per l’intero Paese e per la parte più ricca delle regioni del Centro Nord in cui ancora si registrano tassi di sviluppo significativi. In questo senso il Sud resta un importante mercato di merci prodotte nel Nord.  E il mercato interno, in regime di dazi, può avere un peso rilevante per fronteggiare eventuali emergenze e congiunture sfavorevoli. Rimane il fatto che Milano drena risorse finanziarie e capitale umano, continua a crescere e si internazionalizza ma senza fare da vero traino per il Paese. A questo punto viene da pensare a Roma che agli occhi di tutti appare sempre più impoverita e indebolita nel suo ruolo di Capitale. Mentre dovrebbe essere il vero e unico centro in grado di mediare e di compensare le esigenze dell’intero territorio nazionale senza rinunciare a essere esempio e guida della Nazione, sia dal punto di vista del funzionamento amministrativo, della capacità culturale, economica e sociale, sia dal punto di vista etico e morale.

Ma non è soltanto Roma, che è capitale d’Italia o Milano, che è la capitale economica del Paese. Qui entrano in gioco le autonomie regionali di cui si è parlato molto negli ultimi tempi. E a tal proposito il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sente il bisogno di invitare tutti a non rassegnarsi all’idea di un’Italia a due velocità e a un ineluttabile divario fra Nord e Sud.

“Oggi l’autonomia passa da un rinnovato equilibrio della finanza locale e dalla possibilità di disporre di personale adeguato e motivato sottolineando come naturalmente, ogni amministratore deve sentirsi obbligato al rispetto del vincolo di sana e corretta gestione che eviti di scaricare su altre istituzioni e sulle future generazioni il peso di scelte sbagliate o di colpevoli inerzie”.

  


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