Mademoiselle (The handmaiden/Ah-ga-ssi)

Un gioco di specchi carico di conturbante e sensuale erotismo che è anche un’ode alla ribellione femminile nei confronti del potere maschile e maschilista.

di EMILIANO BAGLIO 01/09/2019 ARTE E SPETTACOLO
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Innanzitutto c’è l’inganno.

La prima ad ingannare è Sook-hee (Kim Tae-ri) che viene assunta come domestica agli ordini di Hideko (Kim Min-hee). In realtà Sook-hee è una ladra che si è introdotta nella dimora per conto di Fujiwara (Ha Jung-woo), un truffatore che si spaccia per conte e che ha in mente di raggirare Hideko, sposarla, farsi intestare la cospicua eredità (da dividere con Sook-hee) per poi internarla in un manicomio.

Quando però la prima parte di Mademoiselle, ultimo film di Pak Chan-wook, volge al termine ecco il primo colpo di scena. La vittima Hideko si trasforma in carnefice e a farne le spese è proprio Sook-hee.

Inizia la seconda parte e stavolta al centro della scena non c’è più la serva ma la padrona, in un ribaltamento dei ruoli che coinvolge lo stesso film.

Veniamo così a conoscere l’intera storia di Hideko, vittima dello spietato e sadico zio Kouzuki che sin da piccola l’ha educata a suon di privazioni e botte affinché diventasse una perfetta lettrice di libri erotici per il piacere del suo “tutore”, collezionista di libri, e dei suoi amici che partecipano alle pubbliche letture tenute dalla ragazza.

Lo spettatore rivede intere scene già viste nella prima parte, ma, magia del cinema e del montaggio, Park Chan-wook sposta il punto di vista, adottando appunto quello di Hideko cambiandone così il senso, aggiungendo nuovi particolari che cambiano il significato di quello che già era stato mostrato. Hideko non è più l’agnello sacrificale di Sook-hee e del finto conte Fujiwara ma diventa una donna determinata a liberarsi dal giogo dello zio con ogni mezzo possibile.

Così se nella prima parte Sook-hee seduceva Hideko finendo per innamorarsene ora sembra che sia la padrona a circuire la sua domestica facendola finire nella sua rete come un ragno fa con la preda.

Forse, però, non è neanche questa la verità come spiegherà la terza conclusiva parte di questo magnifico gioco di specchi.

Ci sono voluti tre lunghi anni perché Mademoiselle arrivasse nelle nostre sale.

Probabilmente nessuno voleva distribuire un film sudcoreano, in costume di oltre due ore carico di scene erotiche tra le quali alcuni torridi ed espliciti amplessi lesbici.

Valeva la pena attendere perché Park Chan-wook dà vita ad un maestoso gioco di specchi, girato divinamente; un film che muta continuamente pelle ed aspetto; dramma in costume, sensuale storia d’amore, intrigo a corte (si fa per dire), torbido noir sino alla terza parte che diventa a tratti un’irresistibile film d’azione.

Se l’intrigo, la menzogna ed il mascheramento sono uno degli assi portanti di questo stupefacente lungometraggio l’altro è la passione che sfocia in un erotismo sensuale e travolgente.

Non parliamo solo della scena di sesso tra le due donne, ripresa due volte dai due diversi punti di vista delle protagoniste, quello è solo l’apice ed anche, probabilmente, la parte di cui si parlerà di più per la passione lesbica mostrata senza filtri dal regista che turberà le anime gentili e gli ipocriti sparsi per il mondo.

È soprattutto altrove che l’autore riesce a turbare. Ad esempio nella scena in cui Sook-hee lima col dito un dente di Hideko con un gesto che richiama la fellatio.

Soprattutto nelle conturbanti letture svolte da Hideko dinnanzi ad un pubblico maschile sempre più eccitato che si copre con i cappelli le erezioni e cerca di mascherare l’orgasmo provocato dalla voce di Hideko.

In un mondo dominato dall’esibizione del corpo e dalla pornografia Park Chan-wook riesce a rendere erotica la parola rivendicando la potenza evocatrice di essa.

Proprio in queste letture si innesta il terzo tema del film che riguarda il rapporto tra le due donne.

Apparentemente Hideko durante queste serate è l’oggetto del desiderio maschile, un corpo inerte verso il quale convergono gli sguardi maschili, sottolineato dall’uso abile del primo piano e dei dettagli e da quella voce (abbiamo visto il film in versione originale) capace persino di simulare l’orgasmo.

Tuttavia, siamo così sicuri che in Mademoiselle le due donne siano le vittime del potere maschile?

Apparentemente Hideko è schiava dello zio prima e del conte poi, così come Sook-hee che entra nella casa come domestica.

Ciò che però i due uomini non hanno messo in conto è che potesse nascere una passione travolgente tra le due donne tale da renderle complici.

Ecco che allora Mademoiselle, che è del 2016; visto nel 2019, accentua ancora di più il suo significato politico e può e deve essere letto come la storia di due donne, apparentemente vittime di un potere maschile che le vorrebbe oggetti inerti del loro piacere, anche perverso e malato; oggetti dei quali disporre a piacimento; due donne che improvvisamente rovesciano i rapporti di forza, anche quelli che le legano e sovvertono il potere costituito rivendicando la loro libertà sino a riappropriarsi del loro corpo in un’ultima scena in cui le audaci letture compiute da Hideko diventano il gioco sessuale delle due donne libere finalmente di amarsi mentre gli uomini soggiacciono miseramente all’ultimo inganno perpetrato in questo film.

Una vera ode al potere delle donne che nel frattempo, forse, in quest’epoca di #meetoo, hanno deciso che era giunta l’ora di rialzare la testa.

 

EMILIANO BAGLIO

 

 

 


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