Uccise e bruciò l'ex. La Cassazione annulla e rinvia la sentenza a 30 anni. "Venga ripristinato l'ergastolo"

di redazione Roma 13/04/2019 ROMA
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La Cassazione ha annullato con rinvio ad un'altra sezione della Corte d'Assise d'Appello di Roma la condanna a 30 anni di reclusione per Vincenzo Paduano, l'ex guardia giurata condannata a 30 anni di reclusione in Appello per l'omicidio della ex fidanzata Sara Di Pietrantonio, strangolata e bruciata. Così gli ermellini hanno accolto il ricorso del Pg che chiede il ritorno alla condanna all'ergastolo, emessa in primo grado, per la gravità della vicenda. Il ricorso di Paduano, che chiedeva le generiche, è stato invece respinto.

"Vincenzo Paduano è responsabile di tutti i reati che gli sono stati contestati, e non devono essergli concesse attenuanti: piuttosto, va celebrato un processo d'appello bis per valutare la sua condanna all'ergastolo" aveva affermato il pg di Cassazione Stefano Tucci, che si è visto accogliere la richiesta dalla prima sezione penale della Suprema Corte.

Sara Di Pietrantonio, studentessa 22enne che venne tramortita, strangolata e poi data alle fiamme il 29 maggio del 2016 in via della Magliana. In primo grado l'imputato, ex guardia giurata, era stato condannato all'ergastolo. Secondo il magistrato, andava rigettato in toto il ricorso presentato dalla difesa di Paduano, mentre andava accolto quello della procura generale di Roma che aveva impugnato la sentenza di secondo grado che aveva ridotto la pena all'imputato, passando dall'ergastolo ai 30 anni di reclusione, ritenendo il reato di stalking assorbito in quello di omicidio. Il pg Tucci, quindi, aveva chiesto alla Corte di "dichiarare l'autonomia sussistenza del reato di stalking" come era stato fatto in primo grado e di annullare con rinvio la sentenza impugnata "limitatamente alla pena" che quindi andrebbe aumentata. 


Ciò che ha portato Vincenzo Paduano a uccidere la sua ex,  "non è stato un impeto di gelosia ma uno spirito punitivo", aveva detto Tucci, rilevando che l'imputato "voleva esercitare sulla vittima un dominio possessivo". In particolare, il pg aveva ricordato quanto "i social hanno invaso le nostre vite e ci rendiamo conto come sia invasivo un controllo su un account Facebook. L'inserimento abusivo dell'imputato in quello di Sara è sintomatico del dominio che voleva esercitare sulla ragazza". La vita della giovane "era stata fortemente turbata", aveva aggiunto il pg, e "tutti gli elementi non consentono alcun ragionevole dubbio sulla fondatezza delle aggravanti".


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